Venezia 2014, Martone presenta Il giovane favoloso

Terzo e ultimo film italiano in concorso a Venezia, l'opera del regista napoletano racconta la storia del grande Giacomo Leopardi, interpretato da Elio Germano; "Il mio Leopardi? Un ribelle senza maschere, libero, in rotta con gli intellettuali della sua epoca", ha raccontato il cineasta.

Con Il giovane favoloso di Mario Martone si chiude il trittico di film italiani in concorso alla 71.ma Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. Dopo Noi credevamo, in lizza per il Leone d'Oro nel 2010, l'autore napoletano continua nel suo racconto della storia d'Italia, focalizzando la sua attenzione, questa volta, sul poeta più celebre della nostra letteratura, Giacomo Leopardi, interpretato da Elio Germano.

Cantore del pessimismo cosmico, spauracchio degli studenti, nel film di Martone il genio di Recanati è un ragazzo destinato a grandi cose, ironico, spregiudicato e ribelle, capace di infrangere l'isolamento e il dolore a cui malattia e deformazione fisica lo hanno consegnato in giovanissima età.

Il viaggio verso Giacomo

Il giovane favoloso: Elio Germano nei panni di Giacomo Leopardi nella prima immagine del film
Il giovane favoloso: Elio Germano nei panni di Giacomo Leopardi nella prima immagine del film

A 24 anni Giacomo Leopardi lascia il paese natio, e soprattutto l'amatissima sorella Paolina (Isabella Ragonese) per conoscere il mondo, arriva a Firenze dove si innamora della bellissima Fanny (Anna Mouglalis), infine approda a Napoli, città in cui, prima di trovare la morte nel giugno del 1837, rafforza la sua amicizia con il patriota Antonio Ranieri (Michele Riondino).

Così ho pensato di andare verso la Grotta, in fondo alla quale, in un paese di luce, dorme, da cento anni, il giovane favoloso

Il verso della poetessa Anna Maria Ortese ha dunque ispirato Martone nel racconto di una delle personalità artistiche più importanti ed interessanti dell'Ottocento, descritta a partire dalla minuziosa analisi degli scritti del poeta e del suo epistolario.

E' un film complesso e stratificato quello di Martone, che si inserisce in una filmografia di per sé ricca e sfaccettata, rappresentando quindi un capitolo importante della sua storia artistica. "Non mi sarei mai immaginato di poter fare un film su Leopardi - ha spiegato Martone -, in realtà è il punto conclusivo di un cantiere che si è aperto dieci anni fa. Mi ha affascinato il confronto con una lingua ed una storia lontana e naturalmente un personaggio la cui voce sentivo dentro. Quando poi misi in scena Le operette morali a teatro, ho trovato il coraggio di fare il film, non ho potuto resistere alla sfida e abbiamo iniziato a scrivere la sceneggiatura con Olimpia Di Maio. Il cinema, forse, era il mezzo migliore per attuare un discorso sul corpo di Leopardi".

Un film è un viaggio che inizia quando si accende una luce che ti appare davanti agli occhi; poi la luce sparisce e comincia un percorso lunghissimo. Alla fine la cosa bella è arrivare a vedere qualcosa che somiglia alla luce iniziale, immaginando delle cose nuove.

Un lavoro di raccolta e analisi dei materiali che ha rappresentato un ulteriore terreno di prova per l'autore napoletano. "Abbiamo letto tutto quello che è stato scritto da Leopardi, lettere, poesie, abbiamo studiato lo Zibaldone. A livello drammaturgico tutto avrebbe dovuto essere usato nella maniera migliore, e ha contribuito a rendere vive le parole di Leopardi, creando una ricchezza di personaggi e rapporti umani".

Chi era Giacomo Leopardi

Il giovane favoloso: Elio Germano nei panni di Giacomo Leopardi in una scena
Il giovane favoloso: Elio Germano nei panni di Giacomo Leopardi in una scena

A domanda precisa, Mario Martone risponde in maniera altrettanto precisa. "Leopardi era un ribelle, un uomo che da subito ha sentito le gabbie che ognuno di noi vive dopo la fanciullezza, quelle che ci vengono imposte dalla famiglia, la scuola, il lavoro, la società, la cultura, la politica. Noi rispondiamo venendo a patti con l'ipocrisia, mettendo le maschere, Leopardi, invece, non le indossava mai, anzi rompeva la gabbia, pagando un prezzo molto alto. E' da questo slancio che si sono formati la poesia, la scrittura e il pensiero di Leopardi. Questo film può essere capito anche da da chi non ha mai letto una sua poesia, non c'è bisogno di conoscere l'opera omnia di Leopardi, si sente col cuore".

Martone si è anche espresso sui lati più nascosti della personalità di Leopardi, compresa la sua sessualità e il rapporto, da molti ritenuto non solo amichevole, con Antonio Ranieri. "Con Olimpia ci siamo chiesti come affrontare questo tema e cosa farne, la decisione etica ed estetica però era di stare a quello che le carte raccontavano. Abbiamo pensato che certi aspetti non dovessero essere sviscerati del tutto ma solo accennati, come si nota dalla scena del lupanare, in cui Leopardi viene approcciato da un ermafrodito. Abbiamo lavorato tenendo le redini strette", ha concluso.

Più forte, semmai, è la riflessione sul Leopardi "politico", molto vicina a quella di Pier Paolo Pasolini. "Avevano lo stesso rapporto con la loro società culturale - ha detto - Pasolini era mal sopportato perché considerato imprevedibile e non allineato e questo spirito apparteneva anche a Leopardi, ad esempio nel modo di guardare con ferocia all'elite di intellettuali che lottarono per l'Unità d'Italia. Era spietato nei giudizi e ottenne giudizi altrettanto spietati".

Elio e il corpo di Leopardi

Il giovane favoloso: Michele Riondino con Elio Germano in una scena del film
Il giovane favoloso: Michele Riondino con Elio Germano in una scena del film

Un progetto del genere, così legato ad una figura artistica fondamentale della nostra cultura, non poteva prescindere da un protagonista altrettanto importante e Elio Germano regala un'interpretazione maiuscola. "Di Elio ho detto - ha rivelato Martone -, senza lui non ci sarebbe stato il film". "Questo ruolo è qualcosa che ogni attore sogna di fare - ha spiegato Germano -, c'è una ricchezza infinita dietro di lui, il lavoro sul personaggio mi ha portato via quattro mesi, ma non sarebbero bastati nemmeno quattro anni. Mi si chiedeva di dare corpo e carne ad una figura che invece ci ha insegna a vivere nelle cose che non sono cose, e questa per me è stata la parte più dolorosa del processo. Lui diceva sempre, Disprezzo i disprezzi, derido le derisioni. Forse è questo che ci ha sempre fatto innamorare di lui".

Dunque, un processo di creazione del personaggio, molto lungo e complesso, che si è realizzato in diversi modi. "Ho letto testi di ogni tipo, comprese le lettere che ha scritto, e da lì sono riuscito a costruire un mio immaginario. Ho avuto la fortuna di rapportarmi con un materiale sterminato, ho studiato così bene che alla fine quasi mi dispiaceva iniziare le riprese ed abbandonare questo studio, matto e disperatissimo. Leopardi aveva un filo di voce, era bruttissimo ma affascinante e ipnotico, portava in sé una serie di contrasti che mi hanno profondamente colpito. Abbiamo voluto tenerli vivi anche nel film, in modo tale da allontanarsi dalla piattezza della dimostrazione".

A volte la poesia è l'unico modo di dire una cosa, una cosa che viene espressa con parole apparentemente senza senza logica, che però ti aprono un mondo altro. L'unica cosa che si può fare, come attori, è farsi tramite. Essere scrittura, essere inchiostro

L'evoluzione di Giacomo

Il giovane favoloso racconta tre momenti fondamentali della vita artistica e umana di Leopardi, strutturandosi come un viaggio dall'esito fatale. "Si comincia da Recanati, città che sembrava una prigione - ha detto Martone -, poi si arriva a Firenze dopo un'ellisse di dieci anni, e qui Leopardi vive un rapporto con l'illusione d'amore e di libertà, anche se sono altre le ombre che appaiono nella sua vita, il tono è morbido. Dopo la breve incursione romana, arriva Napoli, una città in cui Giacomo sa di non avere più nulla da perdere e quindi il suo pensiero si innalza, entrando in contatto con una natura diversa e con una famiglia così opposta alla sua, formata da Antonio Ranieri, la sorella dell'amico, Paolina, il vecchio greco e il cuoco Pasquale, un nucleo atipico in cui tutto si compatta in maniera spontanea".

Noi credevamo, lui credeva

Dopo Noi credevamo, l'autore partenopeo continua la sua riflessione sulla storia d'Italia, da un punto di vista completamente diverso. "Noi credevamo era intriso di spirito leopardiano - ha aggiunto -, quel film raccontava la caduta delle illusioni, ma anche la forze delle idee che le aveva alimentate. Ripeto, la voce di Leopardi mi ha sempre accompagnato. Dirò di più, forse esagero, ma ho sempre fatto film leopardiani. Di sicuro non mi sono mai fermato ai traguardi raggiunti e questo mi piace moltissimo".