Recensione Kill Bill: Volume 2 (2004)

Diciamolo subito e senza timore, ci troviamo davanti ad un capolavoro: un secondo volume che, dove manca di azione, supplisce di emozioni e sentimenti reali.

Una romantica e sanguinosa vendetta

Quella che all'inizio era stata ritenuta una mossa commerciale azzardata e poco rispettosa sia dell'opera del regista che del portafoglio del pubblico, si è in realtà dimostrata una scelta vincente su tutti i fronti, soprattutto se consideriamo i commenti esaltanti che questo Kill Bill: Volume 2 ha già ricevuto da buona parte della critica statunitense, e le cifre che hanno proclamato il nuovo film di Quentin Tarantino dominatore assoluto del box-office con incassi doppi rispetto al diretto contendente The Punisher. Con una sola settimana di ritardo questo secondo espisodio arriva anche in Italia; venti giorni dopo sbarcherà a Cannes per l'anteprima francese e soprattutto per omaggiare il regista che presiederà la giuria internazionale, e già si parla delle uscite in dvd, del cofanetto con scene tagliate e soprattutto di una nuova versione cinematografica che potrebbe finalmente riunire i due volumi e proporre quindi l'intera storia di Black Mamba con un nuovo montaggio. Stiamo parlando, quindi, di circa 365 giorni di presenza sulle copertine delle riviste specializzate e soprattutto nelle classifiche di tutto il mondo, niente male se consideriamo che Tarantino mancava dalla scena internazionale da oltre sei anni e soprattutto sembrava dovesse rifarsi del poco acclamato (ma in realtà semplicemente sottovalutato) Jackie Brown.

Tutto questo per dire che parlare di questo film oggi, 20 aprile 2004, non è facile, perchè si è già detto tanto, se non tutto, e il rischio di scivolare in banalità è ancora maggiore quando ci si trova, diciamolo subito e senza timore, davanti ad un capolavoro. Senza timore abbiamo detto, ma siamo consapevoli di esporci a critiche feroci e forse anche giustificate, perchè, se considerassimo la definizione di capolavoro come "opera eccellente nel suo genere", noi non saremmo in grado di associare con facilità questo Kill Bill: Volume 2 (e ancor meno il volume precedente) a nessuno dei generi cinematografici attualmente esistenti. Se dovessimo basarci sull'originalità di un plot o di alcune scelte registiche per poter giudicare un film quale capolavoro, ancora una volta non saremmo in grado di trovare un'adeguata giustificazione alla nostra precedente asserzione. Ma nonostante tutto questo, siamo consapevoli di aver assistito ad un'opera che sarà non solo ricordata ma anche esaminata, copiata e citata per interi decenni a venire, e la cui bellezza visiva ha, al momento attuale, pochi, eccellenti, eguali nell'intera storia del cinema.

Come il giorno e la notte, il bianco e il nero, lo yin e lo yang, le due metà di questa unica, epocale, opera sono vicine eppure opposte, hanno alla base gli stessi elementi ma cambia la prospettiva attraverso cui li viviamo: se nel primo volume il tema portante era la Morte, nel secondo abbiamo la Vita; dove c'era solo Vendetta, ora abbiamo anche l'Amore. E proprio a sottolineare il forte contrasto tra questi elementi che lega indissolubilmente le due parti, il finale del Vol. 1, grazie anche ad un'efficace colonna sonora e alla rivelazione finale riguardante la figlia creduta morta, dopo un'esplosione di violenza surreale e fortemente ironica lasciava spazio ad una velo di malinconia nella scena dell'aereo, in cui la protagonista componeva la sua "Death Five List" e noi rivivevamo per un breve attimo quello che sarebbe dovuto essere l'ultimo incontro tra la Sposa e Bill. Il secondo volume espande quell'attimo e ci mostra con un misto di dolcezza, crudeltà e ironia i tragici avvenimenti della Two Pines Wedding Chapel. Ed è così che ci viene finalmente mostrato il volto di Bill, veniamo a conoscenza dei primi dettagli relativi al rapporto tra Black Mamba e il suo maestro: un rapporto che va ben oltre il semplice odio e il desiderio di vendetta.

E' quindi evidente fin dalle prime scene che ci troviamo di fronte ad una pellicola profondamente diversa da quella precedente, caratterizzata da lunghi dialoghi e monologhi, combattimenti minori in numero e durata (ma non per questo meno brutali, lo scontro tra Uma Thurman e Daryl Hannah è sicuramente qualcosa di epocale, sembra di assistere ad uno scontro tra due divinità nordiche splendide, fiere e senza pietà) e anche un brusco cambio di direzione per quanto riguarda i filoni cinematografici da cui attingere, al posto di Hong Kong e Giappone abbiamo le arti marziali cinesi e l'Italia di Sergio Leone, Sergio Corbucci e Lucio Fulci. A grande merito di Tarantino va sicuramente anche il fatto di essere riuscito a confezionare (con pochissimo preavviso peraltro) da un'unica sceneggiatura due film che si reggono benissimo in piedi anche da soli, ma che ovviamente guadagnano della presenza e visione dell'altro. Viene quasi da pensare che se tutte le scene fossero state unite insieme in un unico film di quattro ore, il risultato forse non sarebbe stato altrettanto funzionale: già così il regista approfitta infatti dell'opportunità di montare due film per rinunciare il meno possibile al girato raccolto in nove mesi di riprese, e anche a causa della sua nota megalomania rischia più volte di mostrarsi troppo autocompiaciuto e di far cadere la tensione narrativa, soprattutto considerato che lo spettatore medio si aspetta un degno seguito del primo volume, e quindi decine di morti in pochi minuti e adrenalina alle stelle. E, chiariamolo una volta per tutte, non è questo il caso, ma dove il film manca di azione, supplisce di emozioni e sentimenti reali.

L'Amore cui accennavamo prima è l'amore della Sposa per la bambina, che ci viene mostrato in tutta la parte finale del film attraverso dei deliziosi ma ironici quadretti familiari e un flashback che ci svela finalmente tutti i retroscena di questa "sanguinosa storia", e la Vita è quella, appunto, della piccola B.B. ma anche la rinascita del personaggio interpretato dalla Thurman che, come era facile intuire, riesce a chiudere tutti i conti e ripartire da zero con un futuro non più da killer, ma da madre. Ma per arrivare alla felice conclusione si deve passare attraverso gli ultimi due scagnozzi, ovvero il decaduto ma ancora letale Budd e la furiosa Elle Driver, oltre allo stesso Bill. Come già detto, scordatevi pure un altro showdown come quello del finale del primo episodio, ma siate pronti ad assistere a capovolgimenti di ruolo, tradimenti e colpi di scena; il tutto narrato con accorgimenti tecnici sempre diversi ma perfettamente coerenti alla storia raccontata e quindi mai di pura maniera. La scelta di Tarantino è quella di immergerci sempre in prima persona nella narrazione, e bisogna dire che ci riesce perfettamente: l'utilizzo di split screen, fotografia a tratti sgranata, a tratti in bianco e nero, cambi di formato, flashback e perfino un intero minuto con schermo completamente nero va di pari passo a scene con una regia molto più convenzionale e al servizio dei personaggi e della storia, ma comunque mai banale, grazie anche ad un montaggio superbo e ad una fotografia estremamente variegata e sempre ad altissimo livello. E come sempre la soundtrack, compilation di vecchi brani di colonne sonore (si va dall'Ennio Morricone di Per un pugno di dollari e Il buono, il brutto, il cattivo al Luis Enriquez Bacalov di Ricatto alla mala) e di pezzi scritti appositamente da RZA e dall'amico fraterno Robert Rodriguez, stupisce per la varietà e l'audacia, con quello che ormai potremmo definire un uso squisitamente tarantiniano.

E giungiamo così ai veri pezzi da novanta del film ovvero le splendide interpretazioni e la magnifica sceneggiatura scritta dallo stesso Tarantino. Se già nel primo episodio non potevamo non rimanere colpiti dallo spessore psicologico ed emozionale di tutti i personaggi, anche quelli minori, sebbene avessero poco spazio e poche battute, qui le cose non possono che migliorare, soprattutto nel caso dei quattro personaggi principali del film (ovvero La Sposa, Bill, Budd ed Ellie) che hanno tutti dalla loro parte ottimi dialoghi (e nel caso di Bill anche splendidi monologhi). Michael Madsen e Daryl Hannah ci ricordano le loro migliori interpretazioni, ma la scena è ovviamente tutta dei due primi attori che senza dubbio raggiungono qui l'apice della loro carriera: la Thurman già nel precedente episodio aveva offerto un'ottima performance, ma qui si supera e riesce ad apparire più bella, dolce e mortale che mai, mentre David Carradine tratteggia un personaggio estremamente carismatico, perfetto in ogni suo gesto e tono, sempre al servizio della storia, che pur non prevaricando in nessun caso la coprotagonista riesce a tornare sempre al centro dell'azione e ad ipnotizzare gli spettatori come un abile incantatore di serpenti. Ed è proprio il personaggio di Bill a supplire ad alcune carenze di ritmo di questo secondo volume, a regargli un fascino ancora maggiore e a rendere alcune sequenze indimenticabili. E se non fossimo ben consci della cronica predilezione da parte dell'Academy per le pellicole uscite nella seconda parte dell'anno, potremmo quasi dire con certezza che questo Kill Bill: Volume 2 sarà tra i protagonisti della serata del prossimo 27 febbraio 2005.

Movieplayer.it

5.0/5