You will not be able to lose yourself on skag/ And skip out for beer during commercials because/ The revolution will not be televised
La rivoluzione celebarata con piglio satirico dal cantautore e poeta Gil Scott-Heron con la forsennata ripetizione del verso del titolo, The Revolution Will Not Be Televised, richiamava in primo luogo i movimenti per il Black Power: era il 1970, e le speranze del decennio precedente iniziavano a infrangersi contro l'amaro disincanto dell'America di Richard Nixon. Vent'anni più tardi, nel 1990, Thomas Pynchon pubblica Vineland, un romanzo che ripercorre due decenni di storia americana: dalle velleità della generazione hippie a quel 1984 che, con la rielezione di Ronald Reagan alla Casa Bianca, segna invece l'apoteosi dell'età del neoliberismo. Benché Vineland costituisca l'esplicita fonte letteraria di Una battaglia dopo l'altra, il nuovo film di Paul Thomas Anderson ci trasporta direttamente nell'America dei nostri giorni: è cambiato tutto, da allora, oppure la storia non è che un "eterno ritorno", un ciclo destinato a ripetersi a scapito di ogni illusione di progresso?

La riflessione sull'America, con la sua storia, le sue contraddizioni e le sue fallimentari utopie, è ormai un leitmotiv per il cineasta losangelino, pur nelle sue varianti da un film all'altro. Dal microcosmo dell'industria del porno di Boogie Nights allo sguardo più ampio e tipicamente altmaniano di Magnolia, in seguito la filmografia di Paul Thomas Anderson ha assunto una marcata connotazione storica, con racconti interconnessi a delle fasi ben definite della società americana: l'ascesa di un capitalismo selvaggio ne Il petroliere, che si apriva al crepuscolo dell'Ottocento e si chiudeva non a caso alla vigilia della Grande Depressione; il culto ossessivo di sedicenti leader come risposta allo smarrimento del secondo dopoguerra in The Master, opera cupamente profetica rispetto al fanatismo imperante nell'odierna politica USA; ma anche quella sorta di dittico - Vizio di forma, altro adattamento da Thomas Pynchon, e Licorice Pizza - ambientato nella California dei primi anni Settanta.
Dopo la rivoluzione: l'America di Paul Thomas Anderson dagli anni Settanta ai giorni nostri

Vizio di forma, trasposizione discretamente fedele dell'omonimo neo-noir di Pynchon, era immerso nell'immaginario della controcultura hippie, rievocato per molti aspetti anche in Una battaglia dopo l'altra: i French 75, il gruppo armato capitanato dal Bob Ferguson di Leonardo DiCaprio e dalla "scheggia impazzita" Perfidia Beverly Hills, interpretata da Teyana Taylor, fungono da proiezione dei movimenti radicali degli anni Sessanta e Settanta, ricollocati nella cornice del primo decennio dei Duemila (presumibilmente, in un paese sconvolto dal crack del 2008). E Bob, che tenterà di rifarsi una vita sotto falso nome, è un eroe improbabile e stralunato, con la mente annebbiata dalle droghe, non troppo diverso dal detective Doc Sportello di Joaquin Phoenix. Licorice Pizza si svolgeva invece in una San Fernando Valley letteralmente paralizzata dalla crisi del petrolio, ma in cui esisteva ancora spazio per l'afflato romantico e l'idealismo senza compromessi di una nuova generazione.

Il prologo di Una battaglia dopo l'altra, una serratissima mezz'ora di scontri feroci tra i French 75 e le forze governative del Colonnello Steven J. Lockjaw, ruolo affidato a uno Sean Penn dal raggelante istrionismo, sembra riportarci dunque agli anni Settanta; a quel clima di tensione in cui lo spirito rivoluzionario e anti-sistema si trovava a fare i conti con una reazione da "pugno di ferro". E nell'opera che può essere considerata il primo action movie della sua carriera, Paul Thomas Anderson mette in scena in trenta, densissimi minuti l'effimera gloria e la fulminea caduta dei French 75: la rivoluzione è fallita, l'unità del gruppo è stata frantumata dai tradimenti e a Bob Ferguson non resta che ritirarsi in mezzo ai boschi, rifiutando la tecnologia e i cellulari (la "paranoia del controllo" da Grande Fratello 2.0) e cullandosi di fronte alla TV che trasmette La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo (un'altra rivoluzione, un'altra epoca, ma anche un altro paese).
Un action movie postmoderno sul caos ineluttabile del presente

Il postmodernismo, la corrente culturale di cui proprio Thomas Pynchon è stato (e rimane) il supremo rappresentante nell'ambito della letteratura angloamericana, è legato anche a questo: il tramonto degli ideali e delle certezze; l'impossibilità di un approccio oggettivo nei confronti del reale; il caos come componente endemica non solo del mondo in cui viviamo, ma pure della nostra capacità di raccontarlo. E di conseguenza ecco subentrare l'ironia, cifra distintiva del postmoderno e unica reazione sana al cospetto di una realtà caleidoscopica e inafferrabile, che spesso si prospetta priva di senso. In un film di natura violentissima, fra inseguimenti, pestaggi, massacri e rese dei conti da novello western, Paul Thomas Anderson inserisce alcune delle parentesi più divertenti del proprio cinema, senza però venir meno all'intimo dramma dei suoi personaggi: un rivoluzionario sconfitto e senza identità, ormai neppure in grado di farsi riconoscere dai suoi ex commilitoni; e la figlia Willa (l'esordiente Chase Infinity), costretta a prendere coscienza di chi sia davvero suo padre prima di scegliere la propria strada.

Attorno a questa coppia, un padre e una figlia catapultati in una duplice lotta per la sopravvivenza che si sviluppa lungo binari paralleli (intersecati attraverso il formidabile montaggio di Andy Jurgensen), Paul Thomas Anderson dipinge uno scenario di assurdità pynchoniana: dalla comunità di immigrati riunita attorno al santone Sergio St. Carlos di Benicio del Toro alle suore rivoluzionarie che coltivano marujana, passando per il Club degli Avventurieri di Natale, segretissima loggia plutocratica di suprematisti bianchi che, celati nell'ombra, manovrano la politica e l'esercito. Frammenti di un'America condannata a sprofondare in un pantano la cui superficie limacciosa riflette il nostro presente: un'età post-ideologica che, davanti alla cinepresa di Anderson, viene trasfigurata nel campo di una battaglia infinita (una battaglia dopo l'altra, per l'appunto). E in cui l'affetto autentico, come quello fra Bob e Willa, offre forse l'unico barlume di speranza che possa condurci fuori dal baratro.