Un professore 3: dov'è finita la filosofia? Cosa resta alla fiction di Rai 1 se diventa quasi una soap

Un professore è tornato su Rai 1 con una terza stagione, ma quelle che era la sua anima più originale (le lezioni di filosofia) sembra essersi appannata, lasciando spazio a drammi sentimentali e colpi di scena quasi da soap. E i fan si chiedono se la magia sia finita.

Alessandro Gassmann in Un Professore 3

Sin dal suo esordio nel 2021, Un professore si è distinta tra le fiction italiane per un elemento originale: ogni episodio ruota attorno a un pensatore o a un concetto filosofico, che il protagonista Dante Balestra porta in classe come spunto di riflessione per i suoi studenti.

In effetti, uno dei punti di forza iniziali era proprio la capacità di trattare temi importanti con semplicità, senza mai risultare pedante. Non che mancassero i drammi personali e sentimentali, ovvio. Già nelle prime due stagioni la serie ha affrontato molte tematiche forti. L'elemento filosofico, però, fungeva da collante e chiave di lettura per quella quotidianità caotica di adolescenti e adulti in crisi. Adesso è ancora così?

Un professore 3 filosofia in secondo piano tra nuove trame e vecchi cliché

Un Professore Foto Classe Terza Stagione Serie Tv Rai
Un professore 3, la classe

Con la terza stagione di Un professore, attualmente in onda su Rai 1 in prima serata, qualcosa nell'equilibrio della fiction sembra essere cambiato. Gli episodi continuano ad avere titoli altisonanti - da Shakespeare e la maturità, a Wittgenstein: vero o falso o Leopardi e le illusioni, fino a San Benedetto: ora et labora - segno che il filo conduttore è ancora formalmente filosofico. Eppure...eppure qualcosa si è incrinato.

Puntata dopo puntata, abbiamo avuto la sensazione che la filosofia non sia più al centro della narrazione, ma venga fin troppo spesso relegata a semplice spunto iniziale, quasi un pretesto per poi spostare subito l'attenzione sulle (sempre più) intricate vicende dei personaggi.

Nelle prime puntate, infatti, le scene in classe e le lezioni frontali appaiono ridotte all'osso. Insomma, un turbine di eventi personali che lascia ben poco tempo alla filosofia, almeno sullo schermo. E così, mentre nella prima stagione i dialoghi tra il prof e la classe erano il cuore di ogni episodio, ora vengono presto soppiantati da tradimenti, bugie, rivelazioni e triangoli amorosi. Di fronte a questa escalation di intrecci "alla Beautiful", è inevitabile che gli spunti di riflessione passino in secondo piano.

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Dalla classe al caos: quando Un professore diventa (quasi) una soap

Davide Di Vetta Un Professore
Matteo (Davide Di Vetta)

Se nelle prime stagioni Dante riusciva a intrecciare i riferimenti filosofici alle storie dei ragazzi con una certa naturalezza (che meraviglia gli episodi su Foucault e Schopenhauer!) oggi quei richiami sembrano spesso ridotti a una funzione simbolica, quasi banalizzati. I grandi temi evocati dai titoli restano sulla carta, faticano a diventare davvero materia narrativa.

La sensazione è che la filosofia venga usata più come cornice che come struttura. I concetti richiamati non accompagnano più in profondità le scelte dei personaggi, ma fanno da sfondo a vicende che puntano soprattutto sull'emotività e sulla frenesia. Anche quando Dante (Alessandro Gassmann) prova ancora a usare una citazione o un'idea per illuminare ciò che accade in classe, quel tentativo si esaurisce rapidamente, travolto dal bisogno di far avanzare le trame.

In questo slittamento, l'aula perde progressivamente il suo ruolo di microcosmo in cui discutere di questioni universali. La scuola resta presente - anche se con quella reale poco ha a che fare - ma non è più il centro del racconto. Diventa uno spazio di passaggio, mentre il peso della narrazione si sposta sempre più sulle relazioni, sui segreti e sui conflitti personali.

Dentro questo cambiamento, le dinamiche narrative assumono un ruolo dominante. Amori che si accendono e si spengono, gelosie, ritorni di fiamma e rivelazioni improvvise costruiscono un intreccio corale molto movimentato, in cui però la sfera emotiva finisce per sovrastare quella intellettuale. È qui che Un professore rischia di assomigliare di più a una soap che a una fiction, perdendo parte di quella specificità che, all'inizio, la rendeva riconoscibile.

Un passo indietro (o avanti?) nell'episodio del 11 dicembre

Un Professore3 Manuel
Nicolas Maupas in una scena della serie

Curiosamente, proprio l'ultima puntata, la quarta, andata in onda l'11 dicembre, ha segnato un vago ritorno ai vecchi tempi. L'episodio in questione, intitolato San Benedetto: ora et labora, vede infatti la classe impegnata in una gita scolastica a Montecassino. Qui, complici l'atmosfera solenne dell'abbazia e qualche ora lontani dal caos di Roma, sia studenti che professori tirano il fiato e si lasciano andare a riflessioni più intime. E a noi che guardiamo sembra di fare un tuffo nelle scorse stagioni, anche se mancano (e tanto) le dinamiche dei Simuel (Simone + Manuel).

Si tratta di un singolo caso su una manciata di episodi molto movimentati, è vero, però viene spontaneo chiedersi: gli autori avevano previsto le perplessità del pubblico e stanno tentando di riequilibrare il mix di filosofia e drama? Oppure è stato solo un momento isolato prima del gran finale pieno di colpi di scena?

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Il futuro di Un professore: ritrovare l'anima filosofica?

Giunti a questo punto, la domanda che molti si pongono è: che direzione sta prendendo la fiction? La terza stagione è ormai alle battute finali e gli sceneggiatori sembra stiano già pensando a una quarta. Ma è proprio il caso di proseguire?

Dopo la maturità saluteremo una classe che ci ha accompagnato per tre anni (scolastici) e continuare vorrebbe dire introdurre personaggi nuovi e ricominciare da capo, in un certo senso. O seguire le vite di Luna, Matteo, Simone, Manuel e gli altri nella "vita adulta". Perché farlo?

Già questa terza serie, nel tentativo di alzare la posta in gioco con nuovi ingressi, segreti e colpi di scena, ha finito per perdere un po' di vista quel tocco speciale che la distingueva. E ci lascia con sentimenti contrastanti. Da un lato la seguiamo volentieri, perché ormai siamo affezionati a Dante, a Simone e Manuel (Damiano Gavino) soprattutto, ad Anita (Claudia Pandolfi) e compagnia bella. Dall'altro non possiamo fare a meno di notare che qualcosa si è "rotto" nella formula: quell'equilibrio tra testa e cuore ora pende troppo sul versante cuore/pancia.

E nemmeno i nuovi ingressi, a partire dal prof di Fisica interpretato da Dario Aita e soprattutto la nuova preside (Nicole Grimaudo), ma anche Thomas (Tommaso Donadoni) e Greta (Giulia Fazzini) sono riusciti a trovare l'incastro giusto fin qui. È pur vero che mancano ancora due puntate e tutto ancora può succedere.

La speranza è che gli autori riescano a ritrovare la giusta alchimia. Del resto, se la serie ci chiede quanto costa essere davvero noi stessi, forse deve chiederselo anche lei: ritrovare la sua direzione e scegliere se "pagare" il prezzo di scelte narrative più coraggiose per restare fedele a ciò che era.