Recensione Fratello, dove sei? (2000)

Il viaggio di Ulisse, idealmente un percorso unico verso un'ipotetica meta, è diviso in singoli quadri con una vita propria, non necessariamente concatenati l'uno con l'altro, ma la discontinuità non influisce sui tempi comici del film.

Un'Odissea a ritmo di country

Ambientare sullo schermo il mito di Ulisse ai giorni nostri sarebbe stato banale e poco corretto nei confronti di Omero, poeta dell'antica Grecia, e così quei geniali buontemponi dei fratelli Coen hanno pensato di raccontare la storia del prode guerriero nell'america degli anni '30, durante la depressione. E' inutile dire che il mito è un'ispirazione, un canovaccio lungo il quale si muovono i tre protagonisti, accompagnati dalla musica, e non da un coro greco. La musica delle radici, quelle degli Stati Uniti, ovvero il country e il blues.

Ulysses McGill, che in luogo della barba ha simpatici baffetti alla Clark Gable, evade nei pressi del Missisippi insieme ad altri due uomini, Pete e Delmar, ai quali è incatenato. Disposto a condividere con la "Chain Gang" la ricchezza di un tesoro da lui sepolto prima di essere incarcerato, intraprende un lungo viaggio pieno di pericoli e di soprese. I nostri eroi nel loro cammino, prima di giungere al termine della loro avventura ,diventeranno famosi con una canzone country, saranno perseguitati da un Ciclope guidato dalla parola di Dio e coinvolti in una campagna elettorale, per non parlare di oracoli e sirene e penelopi.
Fratello, dove sei? è esplosivo e divertente in molte scene, sostenuto dalle interpretazioni dell'insospettabile George Clooney, dal pedante John Turturro e dai personaggi di contorno, e mantiene oltre modo la firma dei Coen, sebbene il viaggio di Ulisse, idealmente un percorso unico verso un'ipotetica meta, è diviso in singoli quadri con una vita propria, non necessariamente concatenati l'uno con l'altro. Iniziano e finiscono.
Bisogna dire che la discontinuità non influisce sui tempi comici del film, ma gli spettatori più attenti noteranno degli anelli di congiunzione rimasti aperti, come una catena che si rompe, forse quella dei tre "forzati" nelle sequenze iniziali.

Una parola a parte per la musica, cuore pulsante, che accompagna lo svolgersi della storia in un andare frenetico. E' l'anima country del sud, vivace e vera, la prima a non fermarsi mai, a segnare il passo rapido dei fuggitivi. E' un Omero canterino quello dei Coen, e alla stregua di ogni loro opera, è sicuramente da apprezzare per la messa in scena, per l'utilizzo dei personaggi (Clooney-Gable non è male), per i movimenti di macchina e le inquadrature da punti vista inusuali (le simmetrie delle gambe e dei piedi al termine della scena delle sirene potrebbe avere solo il loro marchio di fabbrica). Non il loro migliore film, ma un puro divertimento per lo spirito e per gli occhi.