Un cielo stellato sopra il ghetto di Roma, la recensione: La Memoria al tempo di Whatsapp

La recensione de Il cielo stellato sopra il Ghetto di Roma: il film di Giulio Base è disponibile dal 27 gennaio su RaiPlay, e andrà in onda il 6 febbraio su Rai 1: prova a parlare di Shoah con il linguaggio del teen drama.

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Un cielo stellato sopra il ghetto di Roma: una scena

16 ottobre 1943. È il cosiddetto sabato nero degli ebrei di Roma. La nostra recensione de Il cielo stellato sopra il Ghetto di Roma, il nuovo film di Giulio Base disponibile in streaming dal 27 gennaio - il giorno della Memoria - su RaiPlay, e in onda il 6 febbraio su Rai 1 alle 22.50, inizia da qui, dalle immagini di quel terribile rastrellamento in cui vennero catturate 1259 persone, tra le quali circa 200 bambini. Immagini girate in bianco e nero e con un montaggio frenetico, sei minuti al cardiopalma, duri e tesissimi. Ma è solo l'antefatto della vicenda vera e propria, che si svolge ai giorni nostri, quando un gruppo di appassionati liceali prova a ricostruire i fatti di quei giorni, e a scoprire l'identità di una persona. Nato da un'idea di Israel Cesare Moscati, e sviluppato dopo un lungo laboratorio con i ragazzi dei licei, Un cielo stellato sopra il ghetto di Roma si muove allora tra presente e passato, tra cinema e televisione, provando a far entrare il linguaggio dei social network in quello di cinema e tv, e quello del teen drama in un cinema di impegno sociale. Imperfetto, ingenuo, ma estremamente sentito, ha il pregio di provare a parlare di memoria alle nuove generazioni. Se ci riuscirà, avrà raggiunto il suo scopo.

La trama: Alla ricerca di Sara

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Un cielo stellato sopra il ghetto di Roma: un'immagine
  1. Un commando nazista irrompe, alle cinque del mattino, nel Ghetto di Roma. La gente scappa e si nasconde dove può. Una bambina, Sara, viene lasciata dai genitori in un convento di suore. I nazisti riescono a rastrellare anche il convento, ma non trovano la bambina. Con uno stacco siamo ai giorni nostri. Sofia, figlia di un pianista e studentessa al liceo musicale, trova in soffitta, nel doppio fondo di una valigia, una fotografia ingiallita. È quella una bambina. È proprio Sara. Sofia, insieme ai suoi compagni di scuola, decide che deve sapere chi è quella bambina, se è ancora viva, dove si trova adesso. Si troverà a frequentare il quartiere ebraico, e alcuni suoi coetanei che abbracciano quella religione.

Quei sei minuti che lasciano senza fiato

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Un cielo stellato sopra il ghetto di Roma: una sequenza

I primi sei minuti de Un cielo stellato sopra il ghetto di Roma lasciano senza fiato. Le immagini sono in bianco e nero, la macchina da presa a mano è frenetica, e sta addosso a corpi e volti, e il montaggio è altrettanto frenetico. Lo stile è ispirato alla Nouvelle Vague, a Godard, a detta di Base. Ma a noi ha ricordato anche molto Schindler's List, e Roma città aperta, facendo ovviamente le debite proporzioni. Il girato è fatto in modo che l'azione in primo piano sia a fuoco, mentre gli sfondi rimangano più sfocati, sfumati. È così perché si tratta di un ricordo, un sogno, anzi un incubo, molto indietro nel tempo, sfocato eppure terribile. Come è terribile, ascoltatelo attentamente, il grido di terrore di quella bambina. Non riuscirete a scordarvelo.

Linguaggi che si mescolano

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Un cielo stellato sopra il ghetto di Roma: una scena del film

Dopo quei sei minuti durissimi saltiamo ai giorni nostri. L'atmosfera e diversa. Assistiamo al solito battibecco di un'adolescente, Sofia, con la madre, ai suoi studi di musica, alle telefonate con il padre, pianista, che è a New York per dei concerti. La scoperta della foto della piccola Sara, e del racconto dei genitori che hanno dovuto abbandonarla per salvarle la vita, fa scattare qualcosa in Sofia. Ma perché è così importante per lei sapere che fine ha fatto quella bambina? Scopriremo anche questo. Non prima di aver seguito la mobilitazione dei ragazzi di due licei. Lo schema narrativo del film di Giulio Base ricorda quello de La finestra di fronte: una storia che si svolge nel nostro presente, dove delle persone si incontrano per provare a scavare nel passato, un passato che qualcuno non ricorda, che forse ha rimosso. È qui che il linguaggio del cinema dei primi minuti si stempera in altri linguaggi: quello più televisivo, forse troppo, della fiction, e quello dei social media, con le icone e i messaggi del gruppo WhatsApp con cui i ragazzi si tengono in contatto. Ma anche quello del teatro. I ragazzi dei due licei, quello della protagonista e quello ebraico, affinché la storia di Sara non venga dimenticata, decidono di scrivere una pièce teatrale per raccontare la sua storia.

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L'importanza della Memoria

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Un cielo stellato sopra il ghetto di Roma: un foto del film

Il senso del film di Giulio Base è proprio questo. L'importanza della Memoria. Di non dimenticare, mai e per nulla al mondo, quello che è successo. Di trovare tutti i modi per mantenere il ricordo. Ma c'è un sottotesto non meno importante: quello di aprirsi alle altre culture, di provare a scoprirle. Il primo impatto di Sofia con la cultura ebraica è piuttosto duro: viene respinta, di sabato, nel tentativo di entrare in una Sinagoga. Ma c'è un momento, quando i gruppi dei due licei, durante le prove dello spettacolo, si trovano a riflettere sulle loro religioni, in cui i ragazzi cristiani mostrano di apprezzare l'ebraismo per la coesione della loro comunità e il perdurare delle loro tradizioni.

Irene Vetere, da Paolo Virzì a Giulio Base

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Un cielo stellato sopra il ghetto di Roma: un'immagine del film

Certo, in una storia che ha una sua vitalità e una sua intensità, alle volte stona un po' una certa scrittura un po' ingenua, a tratti schematica, e una recitazione che, nei tanti giovani attori, non può che essere un po' acerba. I ragazzi portano comunque i loro bei volti, il loro entusiasmo, il loro impegno, in un gruppo in cui spicca Irene Vetere, scelta da Paolo Virzì come protagonista del suo Notti magiche, e vista anche in Arrivano i prof, che, con quel suo volto vispo e intelligente (e anche per il suo ruolo, quello dell'autrice e regista della piece) è una delle anime della storia. Ma anche Bianca Panconi (Sofia) e Emma Matilda Liò (Valentina) potrebbero avere un futuro nelle nostre produzioni. Quello che forse un po' stride, alla fine, è la leggerezza del racconto principale, quell'indugiare sui social network, su certi dialoghi leggeri, a confronto con la durezza e il dolore del tema trattato. Così come stona un po' che gli adolescenti siano tutti ragazzi prodigio (la musicista, l'autrice teatrale, il campione di boxe, colui che ha la videocamera professionale) per non parlare del padre superstar che, da New York, risolve problemi.

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Per non dimenticare. Mai.

Ma è anche vero che tutto questo porta una vitalità e una semplicità a un film che davvero può avvicinare i ragazzi a un tema così importante come l'Olocausto. Certo, ci viene da chiederci se davvero gli adolescenti di oggi siano così, appassionati, interessati alla storia e ai diritti umani: quella raccontata dal film di Giulio Base è probabilmente una situazione "ideale", un po' come certe "bolle" in cui viviamo sui social e nella realtà, dove ci confrontiamo solo con la gente che è come noi. Ma è anche vero che è bello pensare che ci siano dei ragazzi come questi. E, se ci sono, devono farsi sentire. Perché, lo ripetiamo ancora, non bisogna dimenticare. Mai.

Conclusioni

Nella recensione di Un cielo stellato sopra il ghetto di Roma vi parliamo di un film che si muove tra presente e passato, tra cinema e televisione, mescolando il linguaggio dei social network con quello di cinema e tv, e il teen drama con il cinema di impegno sociale. Imperfetto, ingenuo, ma estremamente sentito, ha il pregio di provare a parlare di Memoria alle nuove generazioni.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
1.5/5

Perché ci piace

  • La storia è bella e intensa.
  • Si sente un sincero entusiasmo e la voglia di tenere viva la memoria.
  • Le sequenze del passato, in bianco e nero, non lasciano respiro.

Cosa non va

  • La sceneggiatura a volte è un po' ingenua e un po' schematica.
  • Alcuni interpreti, per forza di cose, sono un po' acerbi.
  • Alcuni toni leggeri stridono, a volte, con la durezza del tema trattato.