Recensione Il curioso caso di Benjamin Button (2008)

Un atipico, romantico epos che attraversa decenni di mode, icone, atmosfere ed eventi della storia e della cultura occidentale con enorme sfarzo e incredibile perizia tecnica fino ad accompagnare i suoi eroi ai giorni nostri.

Un amore alla rovescia

New Orleans, Louisiana. In una casa signorile si consuma la tragedia: prima di spirare, una giovane donna che ha appena messo al mondo il suo primo figlio prega il marito di prometterle di assicurare al piccolo "un posto nel mondo". Quando però l'uomo, sconvolto dal dolore, vede il bambino, la sua reazione è di violenta ripulsa. Raccolta le creatura, lascia la sua elegante dimora e attraversa di corsa la città, per poi abbandonare il bambino ai piedi di una scala che conduce verso l'ingresso di un edificio in una zona più povera della città. E' così che inizia l'avventura di Benjamin Button - nato con l'aspetto e gli acciacchi di un ottantenne, e morto lattante - come la ricorda Daisy, un'anziana donna che spende le sue ultime ore di vita in letto d'ospedale raccontandola a sua figlia Caroline con l'aiuto del diario di Benjamin, mentre fuori infuria l'uragano Katrina.

Tratto da una novella di Francis Scott Fitzgerald, Il curioso caso di Benjamin Button è un atipico, romantico epos che attraversa decenni di mode, icone, atmosfere ed eventi della storia e della cultura occidentale con enorme sfarzo e incredibile perizia tecnica fino ad accompagnare i suoi eroi ai giorni nostri. L'esigenza di ampliare il respiro della vicenda, di dare giustificazione e spessore al lungo arco di tempo in cui Benjamin e Daisy, incontratisi da piccoli, lei bambina, lui decrepito, sono separati, rende l'andamento del film faticosamente episodico. Le diverse storyline che in tal mondo si concatenano danno modo di brillare a due attrici diverse e ugualmente incantevoli, Taraji P. Henson e Tilda Swinton, ma è nella seconda parte del film, quando i due innamorati, finalmente giunti in un punto in cui la loro età fisica coincide, si ritrovano per consumare il loro amore, che il film di David Fincher dispiega tutto il suo potenziale estetico ed emotivo. Brad Pitt, davvero straordinario nell'interpretare il Benjamin vecchio/bambino con una luce di pura innocenza nel volto vizzo, ritrova in questa fase tutto il fulgore del suo fascino virile; accanto a lui, altrettanto avvenente è Cate Blanchett, che per una volta, forse, è più bella che brava (il che non significa che non sia convincente, ma solo che siamo abituati a grandi ruoli e a standard qualitativi impossibili con questa interprete).
Quello tra Daisy e Benjamin è un amore destinato a non durare a causa della bizzarra anomalia fisica di lui, un amore tragicamente breve eppure lungo un'eternità che ci induce a riflettere sulla natura caduca e ineffabile di qualsiasi relazione. Le vicissitudini della vita ci prosciugano, le delusioni ci umiliano, i lutti ci addolorano e l'esperienza ci inaridisce, eppure quel fuoco è sempre pronto ad avvampare e a rendere questa insensata parabola - a tale/ told by an idiot, full of sound and fury/ signifying nothing - meritevole di essere percorsa fino alla fine.
Per quanto imperfetto, a tratti disorganico e fastidiosamente simile per atmosfera, messa in scena e plot a Forrest Gump (d'altronde c'è uno sceneggiatore in comune, Eric Roth), per quel fuoco che illumina il caos, anche Benjamin Button finisce per meritare la nostra paziente e silenziosa compagnia fino alla fine del viaggio.

Movieplayer.it

3.0/5