Ultras, il film d'esordio di Francesco Lettieri, è stato tra le prime uscite saltate per l'emergenza Coronavirus e la chiusura delle sale, ma a differenze di altri lungometraggi rinviati a data da destinarsi ha un vantaggio che ci permette di poterlo guardare ugualmente: è un film Netflix ed è arrivato nel catalogo del popolare servizio streaming dal 20 marzo, pronto per essere fruito in questi giorni in cui siamo tutti affamati di nuovi contenuti. Si tratta di un progetto interessante, che ci porta nel mondo del tifo organizzato con tutte le sue caratteristiche e derive - che abbiamo affrontato nella nostra intervista al cast di Ultras - , con il calcio che fa solo da sfondo alle complesse dinamiche che animano i problematici protagonisti della storia.
Ultras, la recensione: Il tifo e la passione, oltre il campo di calcio
Come nasce Ultras
È lo stesso regista Francesco Lettieri, con un notevole passato nel mondo dei videoclip per Calcutta, Liberato ed Emis Killa tra gli altri, a spiegarci da dove arrivi lo spunto per Ultras: "A un certo punto della mia carriera mi sono sentito pronto a scrivere un film e insieme a Peppe Fiore abbiamo cercato la storia." Una ricerca che ha portato alla luce un vecchio soggetto pensato per un videoclip di Calcutta e mai realizzato: "era ambientato nel mondo degli ultras a Latina e raccontava del Mohicano, che aveva il daspo e viveva la storia d'amore con la squadra a distanza". La scelta di spostare la storia a Napoli è dovuta alla particolarità della città tra le big del campionato di serie A, che "a differenza delle altre grandi città che hanno più squadre, è tutta unita nel tifo per un'unica squadra".
Lo specchio della nostra società
Una particolarità che va anche a braccetto con un sentimento di rivalsa, di riscatto del meridione, essendo "l'unica squadra del sud che può confrontarsi con quelle del nord". Ogni gruppo e ogni città hanno infatti le loro prerogative e quel che accade a Napoli è diverso da quello che può verificarsi a Milano o Roma. Quel che c'è di comune, ci spiega Lettieri, è "il sentirsi parte di un gruppo, portatori di una cultura e una città. La necessità di appartenere a un gruppo." Ci sono la violenza e gli scontri, che secondo i racconti fatti agli autori sono andati a sostituire le guerre, per un fenomeno che rispetto al passato si è fatto più cupo e meno folkloristico, ma c'è anche una forte dose di sentimenti che è l'aspetto che ha convinto maggior mentre il co-sceneggiatore Peppe Fiore: "Ci sono le caratteristiche che hanno fatto la storia dei suoi videoclip, la vena malinconica che attraversa il suo lavoro."
Nel mondo del tifo organizzato
Ma alla base di tutto, lo conferma Lettieri, "ci sono sempre personaggi e storie" e infatti in Ultras il fenomeno del tifo si concretizza attraverso i suoi personaggi, suddivisi in diversi gruppi che vanno a rappresentare tre generazioni diverse "e tre modi di viverlo." Un mondo che non è estraneo al protagonista Aniello Arena, che è tifoso napoletano e segue la squadra. "Ci ho messo qualcosa di mio" ha spiegato Arena, "di autobiografico, nel costruire il personaggio del Mohicano. Sandro è capo degli Ultras, viene da trent'anni di tifo ed è attirato da quel mondo, ma inizia a scorgere una parte diversa della vita." Mentre per quanto riguarda il rapporto con la sua coprotagonista ci dice: "Non ha mai avuto una storia d'amore ed è timido e impacciato con Terry."
La donna interpretata da Antonia Truppo arriva infatti a sconvolgere la vita di Sandro. "La sua funzione narrativa" ci dice infatti la Truppo, "è di mostrare quanto lui sia il Mohicano con il gruppo di ultras, ma una persona in crisi sul fronte della vita. La mia unica occupazione è stata di metterlo in difficoltà!" E Terry, che è un personaggio forte e diretto, riesce a metterlo in difficoltà e scuotere le sue certezze, facendogli capire sfumature della vita che fino a quel momento non ha vissuto. Diverso è invece Angelo, il sedicenne interpretato da Ciro Nacca, che ce ne parla come di "un ribelle, con una storia alle spalle che riguarda anche Sandro" amico di suo fratello ucciso negli scontri verificatisi durante una trasferta.
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Lontani dal campo
Personaggi complessi che muovono il film e che lo script tratta con rispetto e amore, a dispetto delle scelte che compiono, come sottolinea il produttore Nicola Giuliano. Personaggi che ne sono il cuore con le loro storie. Loro, non il campo, perché il calcio è soltanto sullo sfondo, senza la pretesa "di raccontare veramente il mondo degli ultras" in ogni suo aspetto e con la "giustificazione narrativa che questi gruppi organizzati fanno i cori dando le spalle al campo", un aspetto indicativo di quanto poco sia importante per loro quello che accade sul terreno di gioco. Un racconto che è stato fatto usando gli strumenti visivi perfezionati nell'esperienza nel campo dei videoclip e ora messi insieme e a frutto per raccontare una storia di più ampio respiro, dimostrando una grande sicurezza nella costruzione della messa in scena. "La mia preoccupazione principale" ha raccontato Lettieri, "era il lavoro con gli attori", ma anche da quel punto di vista se l'è cavata più che bene.