In casa HBO non c'è un attimo di respiro: nemmeno il tempo di riprendersi dal riuscito finale di Game of Thrones ed ecco tornare sugli schermi USA True Blood con la sua quarta stagione, in un incastro di successi che molti network a stelle e strisce non possono non invidiare. E la serie di Alan Ball sembra volersi dare una scossa per tenere il passo con i nuovi show della rete, affidandosi ad un espediente di scrittura per avere la possibilità di giocare con i suoi personaggi e stupire lo spettatore. Se infatti le bizzarrie della serie tratta dai romanzi di Charlaine Harris non sono poche, una delle sue peculiarità è una compattezza temporale notevole: tutte le tre stagioni già viste non coprono più di una manciata di settimane, quindi abbiamo visto a stento un mese di vita dei tanti personaggi, umani e non, che gravitano intorno alla immaginaria cittadina della Lousiana. Troppo poco per giustificare evoluzioni di sorta.
Una stasi che gli autori sono riusciti ad aggirare, approfittando del viaggio di Sookie nel mondo delle fate, un luogo in cui il tempo scorre molto più lentamente rispetto al nostro.
Il personaggio di Anna Paquin torna quindi centrale e rappresenta il motore dell'azione della premiere, perchè è attraverso di lei che veniamo aggiornati su quanto accade agli altri cittadini di Bon Temps che avevamo imparato a conoscere. Un anno è infatti abbastanza perchè Jason sia diventato un poliziotto a tutti gli effetti e perchè il figlio di Arlene sia già nato e dimostri primo segnali inquietanti; Jessica vive con Hoyt, mentre Tara è diventata una lottatrice lesbica in quel di New Orleans; i vampiri sono ancora alle prese con la riabilitazione della loro immagine dopo quanto successo con Russell, ma tra loro Bill sembra aver conquistato ben più potere di quanto ne avesse in passato. Insomma il mondo di True Blood è andato avanti ed è giusto che sia così.
Se da una parte la sua mitologia si è ampliata con l'introduzione delle fate, dall'altra sembra acquisire maggior importanza la stregoneria, che entra di prepotenza nella storyline di Lafayette (ormai coppia fissa con Jesus) tramite la figura di Marnie (Fiona Shaw). E' presumibile che siano questi i due spunti intorno ai quali ruoteranno le storyline principali della stagione: l'ostilità tra vampiri e fate è infatti palese, a giudicare dalle parole di accusa di Mab nei confronti di Sookie, colpevole di aver lasciato bere il suo sangue ai loro rivali, così come è chiaro l'interesse del mondo vampirico per il gruppo di streghe di cui fa parte Marnie, all'interno del quale Bill ha infiltrato qualcuno alle sue dipendenze.
Restano centrali i rapporti di Sookie con gli altri personaggi, rapporti però modificati dall'anno trascorso lontano da casa. La ragazza si sente infatti tradita dal fratello Jason, che ha finito per vendere la sua casa quando le speranze di rivederla in vita si erano ormai spente, nè riesce a perdonare Bill per quanto successo la scorsa stagione, eventi per lei, che ha la sensazione di aver passato solo pochi minuti nel mondo delle fate, fin troppo vicini nel tempo. Ma è soprattutto la relazione con Eric ad avere importanza in She's not There. Il vampiro sostiene di essere l'unico ad aver creduto di rivederla viva e lo prova l'aver acquistato la casa della ragazza per poter avere nuovamente libero accesso all'abitazione e, come accade nel finale, metterla alle corde, nuda e indifesa, rivendicandola come sua.
E' il primo cliffhanger della stagione, che probabilmente non porterà a nessun evento drastico o drammatico, ma chiude un episodio ben costruito per rappresentare un nuovo inizio che possa creare i presupposti per qualcosa di nuovo in True Blood. Se poi questo verrà confermato è ancora presto per dirlo.
Movieplayer.it
3.0/5