Recensione Troppa grazia: vedere la Madonna per reagire a un mondo corrotto

La recensione di Troppa grazia: il nuovo film di Gianni Zanasi con Alba Rohrwacher è una piacevole commedia surreale, capace di osare ma poco equilibrata.

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Troppa grazia: Alba Rohrwacher con Elio Germano in un momento del film

Il ritorno dietro la macchina da presa di Gianni Zanasi è sempre una bella notizia. Il regista cinquantatreenne che negli ultimi undici anni ha realizzato soltanto tre lungometraggi, infatti, ci ha ormai abituato a film coraggiosi e anticonvenzionali, magari imperfetti ma sempre in grado di riflettere sui problemi della società e degli individui che la compongono con brio e originalità. Dopo l'ottima commedia malinconica Non pensarci del 2007 (di gran lunga il suo lavoro più riuscito) e il più recente, meno solido La felicità è un sistema complesso del 2015, entrambi con protagonista Valerio Mastandrea, Zanasi torna nelle nostre sale con Troppa grazia, una commedia dai toni surreali ma fortemente ancora alla realtà contemporanea italiana.

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Troppa grazia: Alba Rohrwacher in un momento del film
Troppa grazia: Alba Rohrwacher in un momento del film

Alba Rohrwacher e la Madonna: una trama intrigante

Presentato in anteprima mondiale all'ultima edizione del Festival di Cannes nella sezione Quinzaine des Réalisateurs, dove si è aggiudicato il premio Europa Cinemas Label assegnato al miglior film proveniente dal Vecchio Continente, Troppa grazia racconta la storia della geometra precaria Lucia (Alba Rohrwacher), che per cercare di sbarcare il lunario è costretta a intrufolarsi in cantieri allo scopo di risolvere problemi di progettazione, sperando poi che i direttori dei lavori la paghino per l'utile intervento non richiesto. La vita sentimentale della donna non va certo meglio, visto che ha appena rotto con il compagno con cui aveva una relazione da anni (Elio Germano).

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Troppa grazia: Alba Rohrwacher e Hadas Yaron in un momento del film

Quando una vecchia conoscenza (Giuseppe Battiston) le propone un rilevamento catastale di un grande terreno comunale su cui dovrà sorgere un imponente complesso edilizio, Lucia si getta anima e corpo sul lavoro ma ben presto si accorge che, nonostante l'intenzione di tutti sia quella di proseguire con il lucroso progetto, costruire su quei campi potrebbe essere pericoloso. È in questo momento che alla protagonista appare per la prima volta la Madonna (Hadas Yaron), la quale le comunica l'assoluta necessità di bloccare i lavori limitandosi a edificare una chiesa. Lucia sulle prime penserà di stare diventando matta e temerà che queste sue visioni possano allontanarla dall'amore della sua vita, la figlia Rosa (l'esordiente Rosa Vannucci), ma piano piano inizierà a comprendere che la Madre di Dio non ha poi tutti i torti.

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Un film piacevole ma poco equilibrato, con un cast all'altezza

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Troppa grazia: Hadas Yaron in un momento del film

L'idea di partenza di Troppa grazia è senz'altro intrigante e l'apparizione della Madonna come sorta di rappresentazione dell'inconscio della protagonista che, nonostante abbia disperato bisogno di lavorare, non riesce fino in fondo a chiudere un occhio e piegarsi alla corruzione dilagante, è originale e conduce a momenti appassionanti e spassosi. Nonostante le convincenti prove di tutto il cast - a partire da un ottima Alba Rohrwacher, passando per Elio Germano, Giuseppe Battiston, Hadas Yaron e Carlotta Natoli - e il piglio come sempre sicuro di Zanasi alla regia, il film dopo la prima corposa parte in cui vengono introdotti contesto e personaggi inizia però a perdere efficacia.

Troppa grazia: Alba Rohrwacher in un'immagine del film
Troppa grazia: Alba Rohrwacher in un'immagine del film

Soprattutto nell'ultima mezz'ora Troppa grazia si avventura in scene forzate, con una accelerazione verso l'epilogo decisamente eccessiva in cui le motivazioni dei protagonisti rimangono in superficie. Come già accaduto nel precedente lavoro di Zanasi La felicità è un sistema complesso, il film risulta così piacevole e a tratti anche molto divertente, assai apprezzabile perché interessato ad osare scegliendo vie meno consuete, ma al tempo stesso incapace di trovare il giusto equilibrio nello sviluppo narrativo e dei rapporti tra i personaggi.

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3.0/5