La versione italiana di In Treatment, l'incarnazione più riuscita di questa singolare parabola televisiva basata sulle sedute di uno psicoterapeuta secondo Hagai Levi, il creatore dell'originale israeliano BeTipul, si appresta a concludersi con un'ultimo, intenso ciclo di episodi: i primi cinque - e quindi quelli della prima "settimana lavorativa" del dottor Mari - saranno trasmessi stasera su Sky Atlantic HD, ma chi ha accesso al servizio Box Sets avrà a disposizione da subito l'intera stagione per una lunghissima sessione psicanalitica di binge watching.
Si riapre il sipario, dunque, sullo studio del dottor Giovanni Mari (Sergio Castellitto) tornato al lavoro dopo un periodo sabbatico, seguito al divorzio dalla moglie Eleonora (Valeria Golino). Ai dubbi che da molto tempo lo tormentano - sull'utilità della sua professione e sulla vocazione di cercare di aiutare gli altri - si aggiunge un'angoscia che si concretizza in quelli che lui identifica come i primi sintomi del morbo di Parkinson, malattia neurologica degenerativa a cui ha finito per soccombere suo padre.
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Terapia o paralisi
I dubbi, i conflitti irrisolti, di un professionista che attraversa un crisi, umana e professionale, apparentemente insanabile sono evidenti nel montaggio mostrato alla stampa in occasione della presentazione, in cui assistiamo prima visita di Mari alla sua nuova analista: in realtà il paziente più riluttante è proprio lui, che dopo la rottura con la sua mentore e insegnante Anna, non ha nessuna intenzione di tornare in analisi, ma ha un bisogno disperato della prescrizione di un sonnifero per dare sollievo all'ansia e all'insonnia. La nuova - e inizialmente, almeno, non troppo benvoluta - terapeuta è Adele, interpretata da Giovanna Mezzogiorno, molto più giovane del collega ma anche molto padrona di sé e paziente con il paternalismo e il nervosismo di Giovanni. E, manco a dirlo, anche incredibilmente perspicace e ingegnosa, al punto di riuscire a ottenere, anche se gradualmente, la sua collaborazione.
Dalle prime battute delle loro conversazioni emerge chiaramente, oltre all'insoddisfazione personale di Mari, anche la sensazione di irrisolutezza e inquietudine, e un senso di oppressione, stagnazione, paralisi che si riflette nell'interpretazione dei malesseri dei suoi nuovi pazienti: l'immagine della trappola senza possibilità di fuga che anche un evidente elemento di foreshadowing che prelude agli sviluppi e agli esiti dell'ultimo atto della vicenda televisiva del nostro terapeuta.
Qualcuno bussa alla porta
Adele non è ovviamente l'unico nuovo personaggio che compare in questo ciclo finale sulla scena di In Treatment: ci sono quattro nuovi pazienti, quattro volti più o meno noti del cinema italiano, e quattro storie che si riflettono in quella dell'analista e contribuiscono a determinare questo ultimo tratto del suo percorso.
La magnetica Margherita Buy interpreta Rita, in una veste che potrebbe definirsi parzialmente autobiografica visto che la donna è un'attrice famosa che si misura con le proprie insicurezze e i propri sensi di colpa. Un altro personaggio che, come quello di Rita, arriva in eredità dalla terza stagione dell'In Treatment americano (l'originale isrraeliano si fermò con la seconda stagione), è l'adolescente gay Luca, interpretato da Brenno Placido: un passaggio di testimone in famiglia visto che il padre Michele si era seduto nello studio del dottor Mari durante la seconda stagione dello show.
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Due personaggi sono invece stati creati espressamente per questo atto finale del nostro In Treatment: sono Bianca, interpretata dalla promettente Giulia Michelini, una giovane donna un po' ruspante rispetto agli standard di questo serial, che soffre di attacchi di panico e ha una complicata situazione familiare, e quello che sembra destinato a dare il la al confronto più originale e produttivo per il dottor Mari, un sacerdote e teologo interpretato dal bravo Domenico Diele.
Padre Riccardo descrive a Mari il suo disagio nel trovarsi in terapia (ci è stato spedito dal vescovo dopo un'inspiegabile esplosione di rabbia) sottolineando il contrasto tra ciò che fa un analista, dare interpretazioni soggettive di ciò che gli viene sottoposto, e ciò che fa un religioso: contemplare l'ineffabile parola di Dio, abbracciare il dogma, non lasciare spazio ai dubbi. Ma i dubbi ci sono, sono nella natura dell'essere umani. Così il confronto con padre Riccardo aiuterà certamente Giovanni a fare luce sulla propria crisi di "fede": quella nella sua missione di terapeuta. Per un ultima sorprendente epifania.
Com'è bello crederci ancora!