Tre Sorelle, la recensione: Le donne, gli uomini e l’amore secondo Enrico Vanzina

La recensione di Tre Sorelle: il film di Enrico Vanzina, disponibile dal 27 gennaio in streaming su Prime Video, vuole tratteggiare dei ritratti di donne e cogliere lo spirito dei tempi, ma non sembra riuscire davvero nell'impresa.

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Tre sorelle: Chiara Francini, Serena Autieri, Giulia Bevilacqua durante una scena del film

"Tutte le famiglie felici si somigliano, ma ogni famiglia infelice invece è disgraziata a modo suo". Lo scriveva Leone Tolstoj nel famoso incipit di Anna Karenina. Ed è così che inizia anche il film di Enrico Vanzina che vi raccontiamo nella recensione di Tre Sorelle, disponibile dal 27 gennaio in streaming su Prime Video. È un film che vuole tratteggiare dei ritratti di donne e cogliere lo spirito dei tempi. Vanzina, che a suo tempo, insieme al fratello Carlo lo spirito dei tempi lo ha saputo cogliere eccome, qui non sembra riuscire davvero nell'impresa. In un film che mette continuamente insieme alto e basso, citazioni letterarie e battute triviali, cinema d'autore e cinema popolare, Vanzina non sembra mai riuscire a raccontare i tempi che stiamo vivendo, ma solo avvicinarcisi con una serie di stereotipi.

Quattro donne e il Circeo

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Tre sorelle: Giulia Bevilacqua e Serena Autieri in una scena del film

Marina (Serena Autieri) è una donna borghese, sposata con uno stimato medico, e sembra vivere una vita felice. Un giorno scopre che il marito ha una relazione con un altro uomo. Ne parla subito con sua sorella Sabrina (Giulia Bevilacqua), ma trova in lacrime anche lei: è stata lasciata dal marito dopo averlo tradito. Le due sorelle decidono così di trascorrere le vacanze estive insieme nella villa di Marina, al Circeo. Con loro c'è anche Lorena (Rocio Munoz Morales), la giovane massaggiatrice di Marina, anche lei alle prese con dei problemi con il suo compagno. Quando arriva Caterina (Chiara Francini), la terza sorella, le situazione diventa ancora più esplosiva. Per non parlare di quando incontrano Antonio (Fabio Troiano), il nuovo vicino di casa.

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Non drammatizziamo, è solo questione di corna

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Tre sorelle: Seren Autieri, Rocío Muñoz, Giulia Bevilacqua in una scena del film

"Siamo nel 2019, ci sono le coppie aperte, le famiglie allargate". Lo dicono a Marina i figli, una mattina, a colazione. Tre sorelle vorrebbe parlare di questo, di un certo cambiamento nei costumi, nella morale, negli stili di vita, della possibilità di vivere la propria vita sentimentale e sessuale secondo le proprie inclinazioni e la propria indole. Ma il film di Enrico Vanzina, in realtà, non fa mai tutto questo. Non viaggia in un nuovo modo di intendere la sessualità, ma tutto questo è semplicemente un nuovo modo di porre la solita storia di tradimenti, di separazioni e nuovi incontri. Non drammatizziamo, è solo questione di corna, come diceva il titolo italiano di quel film di Truffaut. Si mette una frase lì, "l'eterosessualità non è normale. È soltanto molto comune", e la questione è analizzata. Lungo tutto il film appare forzato il continuo insistere sulle inclinazioni sessuali, in personaggi solo accennati e mai raccontati davvero. È qualcosa che sembra studiato a tavolino per essere al passo con i tempi e, allo stesso tempo, per strappare sorrisi.

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Tre sorelle: Luca Ward, Giulia Bevilacqua, Serena Autieri, Chiara Francini, Rocío Muñoz, Massimiliano Rosolino in una scena del film

Una società che non esiste?

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Tre sorelle: Serena Autieri durante una scena del film

Tre Sorelle vorrebbe raccontare un'alta società romana ricca ma cafona, tra palestre, belle case con vista sul Cupolone e ville al mare. È una società che forse non esiste, questo non lo sappiamo. Ma, com'è portata sullo schermo da Enrico Vanzina, ci sembra piuttosto finta. Ci sono gli uomini che chiamano ancora le donne "zoccole" e "mignotte". Ma anche le donne se lo dicono tra loro. Con ironia, certo, ma tant'è. Non c'è niente di nuovo in questo film, tutto è già visto, e già da parecchi anni. A volte la cosa è voluta (Vanzina cita il Raoul Bova che esce dall'acqua di Piccolo grande amore il "San Crispino" di De Sica in Vacanze in America), a volte no. A proposito di Don Buro: qui si pensa ancora di far ridere con le inflessioni dialettali. Che in un film come Vacanze in America avevano senso perché parte di una costruzione perfetta di un personaggio, qui sono solo un elemento aggiunto per dare colore al film.

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La volgarità e il politicamente corretto

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Tre sorelle: Serena Autieri, Giulia Bevilacqua, Chiara Francini in una scena del film

"Meglio ubriacona che mignotta" è un esempio delle battute che sentiamo nel film. Ma sul linguaggio è meglio essere chiari. Tre sorelle è pieno zeppo termini e battute che si usavano trenta-quaranta anni fa. È vero che, se si seguisse pedissequamente il senso del politicamente corretto, oggi non si potrebbe dire più niente, e forse neanche questo sarebbe giusto. Ma il punto non è questo. Se andiamo a rivedere oggi film come Vacanze di Natale, Sapore di mare o Vacanze in America, per citare dei grandi film dei Vanzina, o anche certi film di Verdone, come Borotalco, che ha appena compiuto 40 anni, vediamo chiaramente che le parole volgari c'erano. Ma erano recitate in un certo modo, contestualizzate in un certo ambiente, funzionali alla storia e ai personaggi, messe in bocca ad attori che si chiamavano Mario Brega o Christian De Sica. Qui il fatto è che le volgarità vengono inserite così, a caso, per pensare di strappare un sorriso, o di riempire i vuoti di una storia, o pensando di rendere in questo modo i personaggi più terreni, più vicini a noi. L'uso di certi termini, che nei film di trenta-quaranta anni fa sembrava naturale, oggi, e in un prodotto di questo tipo (una commedia brillante e malinconica) appare forzato, fuori luogo. E finisce per allontanare i personaggi da noi, di farceli sembrare artefatti, costruiti a tavolino.

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Tre sorelle: Serena Autieri, Giulia Bevilacqua in un'immagine

Come Sex And The City, ma quello per il cinema

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Tre sorelle: Chiara Francini in un primo piano

Tre Sorelle è il tentativo di fare un Sex And The City (ma quello, meno riuscito, dei film per il cinema, non della serie tv). Ma manca un vero approfondimento piscologico, manca la vera ironia. Per quanto Vanzina ami le donne, e lo abbia anche dimostrato spesso nei suoi film (pensiamo a come è tratteggiato un personaggio come la Serenella di Antonella Interlenghi in Vacanze di Natale), questo è sempre un racconto al femminile ma visto da un uomo, che non riesce evidentemente a lasciar da parte un certo retaggio e certi stereotipi. Non è un film maschilista, questo no, ma è comunque un film maschile. In fondo basterebbe poco per farne qualcosa di diverso: quell'attenzione, quell'amore per i personaggi, quella cura nel costruirli che c'era un tempo, e che oggi manca.

Viva i Vanzina, quelli veri

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Tre sorelle: Chiara Francini durante una scena del film

Nel film ci sono delle cose buone, certo. Caterina, il personaggio di Chiara Francini, una costumista che lavora per il cinema che chiama i registi per nome, Paolo (Sorrentino), Gianni (Amelio), Marco (Bellocchio) e Francesca (Archibugi) è simpatico e ironico, e funziona. La battuta più divertente del film è sua; "Ho appena finito di girare l'ultimo film di Paolo. 16 settimane in cui ho vestito di tutto: nani, fenicotteri, mignotte, cori ortodossi, papi e marchettari. Per fortuna era sempre Servillo". Detto che tutte le attrici sono brave e tengono in piedi il film con la loro interpretazione, tutta la parte del film con Chiara Francini segna quella distanza dal cinema d'autore che Vanzina tiene orgogliosamente a ribadire. È giusto che, con ironia (che a qualcuno potrebbe dare fastidio, certo), si racconti anche l'importanza anche di un cinema popolare, quello di Bombolo e del Monnezza, dei Vacanze di Natale con Boldi e De Sica. Ha ragione, Enrico Vanzina, perché di un certo cinema popolare è stato l'alfiere. Ma ci vorrebbe il cinema popolare vero. Il fatto è che i suoi film erano sentiti, veri, e non costruiti a tavolino e distanti dalla realtà come questo. Insomma, viva il cinema d'autore, viva il cinema popolare, e viva i Vanzina. Quelli veri.

Conclusioni

Nella recensione di Tre sorelle vi abbiamo parlato di un film che vuole tratteggiare dei ritratti di donne e cogliere lo spirito dei tempi. Enrico Vanzina, che a suo tempo, insieme al fratello Carlo lo spirito dei tempi lo ha saputo cogliere eccome, qui non sembra riuscire davvero nell'impresa. In un film che mette continuamente insieme alto e basso, citazioni letterarie e battute triviali, cinema d'autore e cinema popolare, Vanzina non sembra mai riuscire a raccontare i tempi che stiamo vivendo, ma solo avvicinarcisi con una serie di stereotipi.

Movieplayer.it
2.0/5
Voto medio
1.6/5

Perché ci piace

  • Le attrici sono in parte e molto brave, e riescono a reggere il film sulle proprie spalle.
  • Le scene con Chiara Francini, che ironizzano sul cinema d'autore, sono riuscite...

Cosa non va

  • ...ma la difesa del cinema popolare andrebbe fatta con i film che i Vanzina facevano un tempo.
  • Qui manca quell'amore e quella cura che mettevano nella costruzione dei personaggi.
  • Molte battute volgari vengono inserite un po' a freddo per far ridere.