Esordio francese per Toni Servillo. Uno degli attori più importanti e di talento che l'Italia abbia mai prodotto guarda all'estero. Dopo essersi recato in Germania per girare il drammatico Una vita tranquilla di Claudio Cupellini, Servillo è approdato alla sua prima produzione internazionale accettando di partecipare, in un piccolo ruolo, al noir a sfondo romantico/politico Un balcon sur la mer, diretto dalla regista Nicole Garcia. Il dramma, ambientato nel sud della Francia nel 1987, è incentrato sugli avvenimenti occorsi durante la Guerra d'Indipendenza franco-algerina del 1962 e vede protagonista la star di The Artist Jean Dujardin, qui nei panni di un agente immobiliare fuggito dall'Algeria con la famiglia allo scoppio della rivoluzione che crede di riconoscere in una cliente l'amore di gioventù abbandonato a Oran. Il garbato Servillo approda a Firenze insieme alla Nicole Garcia per tener fede e a una promessa fatta mesi fa e presentare l'anteprima italiana del film, in cui trova spazio anche un piccolo cameo della diva italiana Claudia Cardinale, a France Odeon.
Toni, questa è la tua prima esperienza lavorativa in un film francese. Puoi raccontarci come è avvenuto l'incontro con Nicole Garcia? Toni Servillo: Nicole mi ha visto in una sala di Parigi in Gomorra. Dopo un po' di tempo mi ha contattato e il giorno dopo esserci parlati al telefono è arrivata a Napoli. Questo la dice lunga sul suo entusiasmo contagioso. E' venuta anche a Palermo, mentre recitavo nella Trilogia della villeggiatura per la prova costumi. Tra l'altro il volo è stato piuttosto turbolento, perciò mi ha raccontato di aver pensato: "Ora mi tocca morire per avere un attore italiano nel film". Io la conoscevo già molto bene sia come regista che come attrice, ma di lei mi hanno sedotto tre cose: la sceneggiatura del film scritta con Jacques Fieschi, i suoi lavori precedenti, soprattutto L'avversario e il suo primo film, Un week-end su due, che è bellissimo, ma soprattutto ero molto felice all'idea di essere diretto da una donna e da un'attrice perché le donne hanno l'intelligenza nel cuore. Quello con Nicole è stato un rapporto reale, concreto e anche molto felice. Nel suo linguaggio e nel mondo mi sono sentito a casa.
Quali differenze hai trovato tra produzione italiana e francese?C'è una sostanziale differenza di mezzi perché in Francia si sostiene il cinema d'autore e c'è un'attenzione particolare nel tutelare il prodotto nazionale, ma la dimensione del set non è nazionale. Ultimamente ho girato Una vita tranquilla con Cupellini in Germania, poi sono stato in Francia e ora sto per girare un film in Grecia con Angelopulos e alla fine sul set non vi sono grandi differenze. E' come quando si entra in un teatro. Quando dal camerino monti sul palcoscenico non percepisci le differenze da un paese all'altro. Ci si sente a casa in tutto il mondo.
Puoi parlarci del tuo personaggio in Un Balcon sur la mer?
Dalla Francia mi avevano già offerto diversi copioni, ma finora l'unico progetto che mi ha convinto fino in fondo è stato quello di Nicole. Il mio personaggio non è il classico italiota, ma ha una sicurezza, una posizione sociale forte e un ruolo determinante nel film. In più mi sono trovato a recitare con Jean Dujardin che è un vulcano di simpatia e di talento. I francesi hanno sempre guardato con grande simpatia agli attori italiani e quindi spero di essere stato all'altezza del film.
Da anni ti trovi a vivere il dualismo di attore teatrale e conematografico. Pensi che questa tua duplice attività influenzi il pubblico? In che modo?
L'Italia ha una grandissima tradizione di attori provenienti dal teatro che hanno coltivato allo stesso tempo teatro e cinema. Questo è quello che cerco di fare anche io, anche se ciò che combatto è l'idea che il teatro sia l'anticamera del cinema. Questa è una cosa che trovo ignobile. L'ideale sarebbe che i pubblici teatrale e cinematografico si confondessero. Io faccio teatro militante danni e ci spendo la vita, sono quasi sempre in tournée, perciò ho la fortuna di poter scegliere il cinema che faccio. Non approvo il concetto di cinema e teatro mercenario.
Hai avuto occasione di vedere l'esordio americano del tuo amico Paolo Sorrentino? Cosa ne pensi?
Ho visto This Must Be the Place prima di Cannes perché Paolo aveva organizzato una proiezione per gli amici e il film mi è piaciuto moltissimo. Il suo merito principale è quello di non essere un Sorrentino americano, il suo è lo sguardo originale di un italiano su un'America che oggi ci riguarda tutti da vicino. Paolo non ha voluto 'fare l'americano', anzi, sul piano emotivo il film mi ha ricordato L'uomo in più perché la delicatezza e l'eccentricità di Cheyenne mi hanno fatto pensare ai due personaggi principali.
Quando inizierai a girare il film di Angelopulos?
Ancora non lo so. Spero che il film, che si intitola L'altro mare ed è ambientato al porto di Atene, si faccia. Parla proprio del motivo che ne ostacola la produzione, della crisi economica e di ciò che sta accadendo all'economia greca.
Nicole, tu sei nata e cresciuta in Algeria, come i protagonisti del tuo film. Quanto c'è di autobiografico nella storia? Nicole Garcia: Il film è ambientato sullo sfondo della Guerra d'Algeria. L'autobiografia c'è e non c'è, perché quello che io racconto è l'abbandono. Nel mio film ho voluto mostrare la fine di una società e di un'epoca, il momento in cui la situazione precipita. Il film parte da un intreccio giallo per poi sfociare in una dimensione romantica. La presenza di Toni è essenziale nel film e ho insistito molto per averlo. Il suo ruolo non ha la dimensione e l'importanza che avrebbe in un film italiano, ma è un ruolo chiave nell'intreccio giallo perché serve a connettere i due protagonisti. Quando ho visto Gomorra ho avuto un'epifania e ho capito che avevo bisogno di lui. Mi piacerebbe realizzare un altro film e stavolta affidare a Toni un ruolo di peso perché è ciò che merita.
Oggi l'opinione pubblica francese è riuscita a venire a patti con la questione algerina?Negli ultimi anni sono stati realizzati diversi film sull'Algeria, ma il mio lavoro parla soprattutto della popolazione francese e della problematica dell'esilio, cosa che adesso è ritenuta politically uncorrect. In ogni conflitto ci sono ambiguità. La Francia, oggi, vive il senso di colpa del colonialismo, ma il mio film è ambiguo perché si concentra sulle persone comuni, su coloro che sono stati addittati come conquistatori e cacciati, ma che in realtà vivevano esistenze molto comuni e hanno subito le conseguenze delle scelte politiche del loro paese.
Come ti trovi a dividerti nel doppio ruolo di attrice e regista?
Sento ancora un grande entusiasmo nel recitare, è il mio punto di partenza perché io sono nata attrice, anche se ora la maggior parte della mia attività è dedicata alla regia. Non ho molto tempo libero per dedicarmi a progetti altrui, ma sono troppo narcisista per rinunciare a recitare.
Puoi dirci qualcosa sulla partecipazione di Claudia Cardinale?
Claudia vive a Parigi ed è ancora molto curiosa a livello cinematografico. Si interessa sempre ai nuovi progetti che le vengono proposti ed è stata molto contenta di partecipare al film anche in un ruolo piccolo. Claudia viaggia moltissimo, si reca a ritirare premi da ogni parte del mondo, ha trovato un ritmo nuovo nella sua vita. E' una globtrotter della propria carriera. Quando le parli ti rendi conto che è molto diversa da quelle dive che rimpiangono il passato, è un'attrice che non nutre amarezza, non ha rimpianti, vive con grande leggerezza. Girare con lei è stato molto piacevole e poi si diverte a raccontare aneddoti buffi. Per esempio mi diceva che spesso, quando prende a taxi a Parigi, i tassisti la riconoscono e si mettono a fischiettare la musica di C'era una volta il West.