Non aveva un compito facile Roar Uthaug, regista norvegese, apprezzato per il disaster movie The Wave, al suo primo approccio con il cinema hollywoodiano: chiamato a reinventare il personaggio di Lara Croft, l'archeologa e avventuriera protagonista del videogioco Tomb Raider, uscito nel 1996, l'autore ha dovuto confrontarsi non solo con i precedenti in pixel, ma anche con la versione in carne e ossa di Angelina Jolie, Lara nei film Lara Croft: Tomb Raider (2001) e Tomb Raider: La culla della vita (2003).
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Il suo Tomb Raider, nelle sale italiane dal 15 marzo, ha preso dunque un'altra strada: non quella del videogame classico, ma del reboot, uscito nel 2013, in cui Lara Croft non è la donna senza paura che tutti conosciamo, ma una ragazza più giovane e inesperta, più umana anche nelle forme. Per incarnare questa eroina emotivamente più complessa è stata chiamata Alicia Vikander, premio Oscar per il suo ruolo in The Danish Girl, che ha dato al personaggio una vasta gamma di sfumature.
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"Alicia porta gran parte della vulnerabilità e della forza di Lara" ci ha detto Uthaug a Londra, al junket europeo del film, spiegando perché non ha concesso sconti a Vikander, facendola sanguinare e colpire mille vote, come ha fatto Quentin Tarantino con Uma Thurman in Kill Bill: Volume 1: "In questo film vediamo come Lara Croft passi dall'essere una giovane ragazza, che lavora a Londra, al lanciarsi in questa grande avventura e affrontare pericoli che la portano a diventare l'eroina che è destinata essere. Era dunque importante che Lara sembrasse vulnerabile, in modo che il pubblico si potesse relazionare e immedesimare con lei".
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