"È bello vedere una sala così piena e così calorosa soprattutto di questi tempi" è con queste parole che Antonio Monda ha aperto l'appassionante e attesissimo incontro con il pubblico di Tim Burton alla Festa del Cinema di Roma 2021. Non solo la sala piena, ma il calore del responso del pubblico nell'applaudire continuamente ognuna delle clip scelte e mostrate per l'occasione e le risposte piene di sentimento - così come la clip di presentazione dei mondi fantastici del suo cinema che ha aperto l'incontro - che ha concesso il regista di Burbank, che ha colorato il cinema come pochi altri hanno saputo fare. I suoi maestri d'ispirazione cinematografica sono stati infatti Dario Argento, Federico Fellini e Mario Bava, e proprio di quest'ultimo ha scelto due clip d'esordio da collegare coi suoi film.
Le due pellicole scelte sono state prese da La maschera del demonio (1960) e Diabolik (1968, proprio ora che siamo in attesa del nuovo a cura dei Manetti Bros), le sequenze della caverna e del covo che si ricollega a quella dei pipistrelli e della batcave in Batman (1989). Conobbe la filmografia di Bava negli anni '80 a Los Angeles durante una maratona di film a un horror film festival: "Di solito dopo un paio d'ore ci si addormenta ma quel film invece mi colpii molto perché era come un sogno, riusciva a catturare lo stato del sogno come pochi altri (Fellini e Argento, appunto). E io sono sempre stato un sognatore, lo sono tuttora".
Gli esordi
Il primo film visto al cinema per Tim Burton è stato Gli Argonauti (1963) con gli effetti speciali a passo uno di Ray Harryhausen, che sarà infatti importantissimo per la sua formazione nell'animazione in stop-motion. Lo vide in un vecchio cinema che sembrava una conchiglia. Poi ci furono i primi anni da animatore alla Disney, con cui ha avuto un rapporto altalenante, riconciliandosi più volte - con Nightmare Before Christmas (1993) e Frankenweenie (2012) e arrivando quasi all'esaurimento nervoso, come raccontato in conferenza stampa, col remake live action di Dumbo (2019).
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"C'erano così tanti creativi alla Disney negli anni '80, nomi come Brad Bird e John Lasseter che poi finirono alla Pixar, tantissimo talento sprecato poiché in tantissimi impegnati per anni su un film invece di diversificare. Ricordo ancora gli incubi nell'animare Red e Toby nemiciamici - la mia volpe dicevano che sembrava fosse stata investita, non ero bravo animatore e infatti poi mi buttai su altro - e Taron e la pentola magica". Il cinema di Burton è tanto visivo quanto di scrittura, e infatti ha sempre amato tutti gli aspetti della settima arte - scenografia, costumi, fotografia, musiche - e infatti ha sempre amato circondarsi di talenti che potessero portare alla luce la sua visione della storia. Come la collaborazione secolare con il compositore Danny Elfman e con lo scenografo Dante Ferretti (che ha lavorato a Sweeney Todd - Il diabolico barbiere di Fleet Street, 2007) e la costumista Gabriella Pescucci (che aveva curato La fabbrica di cioccolato, 2005), che a sorpresa erano in sala per consegnargli il Premio alla Carriera della Festa del Cinema di Roma 2021: "Sono io stesso a prendere ispirazione da loro, il design così come le musiche è un altro personaggio del film, ugualmente se non più importante".
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Burton vs Burton
Il suo processo creativo non inizia dallo storyboard di solito, anche perché i suoi disegni sono piuttosto primitivi, ha un'idea precisa di cosa vuole ma lascia che siano i suoi collaboratori a metterla in scena. Burton non si considera nemmeno uno scrittore o uno sceneggiatore, anche lì si circonda di persone che lo aiutino a portare alla luce la propria idea. Viene così mostrata una clip da Edward mani di forbice (1990), con Winona Ryder e Johnny Depp, un film che mostra quanto sia struggente per Edward ferire quando cerca di amare eppure riuscire ad essere un grande artista con quelle lame. "Praticamente la storia della mia vita" scherza Burton, ricordando come la sua infanzia sia stata scandita da questa convinzione, per sua sfortuna, quel personaggio ricorda molto lui e le sue opere sono quasi sempre in parte autobiografiche. È per questo che ama le favole: perché permettono di esplorare in modo più approfondito i sentimenti. Segue una clip da Mars Attacks! (1996): "C'è chi si ispira ai grandi romanzi e alla letteratura, a me l'idea per questo film venne dalla cartina della gomma da masticare. È evidente che io abbia avuto un'infanzia contorta e tormentata (ride)".
Lavorare con gli studios è un'impresa ma non è mai pesato a Burton, perché è sempre riuscito a fare ciò che voleva e lo sorprende ancora oggi come continuino a lasciarglielo fare: "Probabilmente è perché non hanno mai veramente capito cosa stessi facendo e quindi mi è andata bene". A questo proposito il caso di Batman - il ritorno (1992) è emblematico: quando uscì c'è chi pensava fosse più leggero del precedente e io invece lo ritenevo più dark, ma non "troppo dark" come Warner Bros., quindi c'era molta confusione nell'approccio, "e sicuramente Mc Donald's non era per niente contenta ritrovandosi Il Pinguino da cui usciva liquido nero nell'Happy Meal". Un aspetto degli studios che ha sempre inquietato Burton sono invece i cosiddetti test screenings: "Sono orribili, è davvero difficile leggere la reazione del pubblico, sembra che gli stai facendo compilare un modulo, a meno che non si tratti di risate in reazione a una commedia o spavento per un horror, tutto il resto è una serie di sfumature difficili da catturare".
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Lavoro collettivo
Segue una sequenza dal film Big fish - Le storie di una vita incredibile (2003), quella del circo con l'arrivo del gigante e il tempo che si ferma e riparte a doppia velocità per recuperare per il protagonista Edward e l'amore della sua vita, Sandra. Come ha raccontato anche Frank Miller durante il suo incontro alla Festa del Cinema di Roma 2021, un film è un lavoro collettivo non solitario, e questo anche per Burton è una fonte di gioia: "non è una scienza esatta, ci saranno sempre pochi soldi sia che si tratti di un progetto a low budget che una grande produzione, tantissimi fattori concorrono a far diventare il film quello che poi è ma io mi sento sempre di avere l'opportunità di fare una cosa che amo. È come cercare di controllare il meteo, ci sono troppi fattori intangibili".
Per introdurre il tema della collaborazione con Stephen Sondheim viene mostrata una clip da Sweeney Todd. Un altro tipo di autobiografia in un certo senso per Burton, che adorò la commistione di musical e horror. Era molto nervoso all'idea di fargli vedere il film, dato che lo vide solo alla fine, per fortuna gli piacque, anzi fu di grande sostegno durante la produzione, nonostante gli attori scelti non fossero cantanti. "Per me fu quasi come fare un film muto, ma con le musiche, non so se ha senso" e poi continua: "In generale adoro fare film ma non riguardarli, mi piacerebbe riuscire a non viverla così, ma è più forte di me, mi terrorizza anche rivedere queste clip scelte per oggi". A proposito dello scegliere le storie da raccontare, dopo una clip di Big Eyes (2014) Burton racconta come i quadri dei Keane lo colpirono fin da giovane perché tutti li avevano nelle camere dei bambini e nei salotti eppure lui li trovava estremamente inquietanti con quei grandi occhi, e da lì è nata l'ispirazione per il film e la domanda "che cos'è l'arte? È qualcosa di diverso per ognuno di noi".
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L'arte ritorna anche nel film di Tim Burton preferito da Antonio Monda, Ed Wood (1994), considerato il peggior regista di tutti i tempi e meravigliosamente ritratto da Johnny Depp. Un film, la cui clip chiude l'incontro, che racconta non solo il cinema ma anche un'amicizia (quella con Bela Lugosi interpretato da Martin Landau), ci riporta al discorso su cos'è l'arte, data la percezione estremamente diversa di Ed e degli altri. In un confronto con Orson Welles (considerato invece uno dei registi più talentuosi di sempre) nel film, Ed Wood dice che in fondo hanno gli stessi problemi perché si considera un grande artista, come scrisse nei suoi diari. La mostra al MOMA dedicata a Tim Burton è per lui l'esperienza più meravigliosa che gli sia capitata: "Non sono un grande archivista e fu una delle sorprese più belle per me scoprire cosa trovarono tra le mie cose da esporre. Mi dissero addirittura che fu per loro una delle esposizioni di maggior successo e questo mi colpì per l'ispirazione che poteva dare a chiunque non si sentisse un artista, come non mi ci sento io del resto". La modestia fatta a persona, Tim Burton, eppure quali e quanti mondi fantastici ci ha regalato, e quanti altri speriamo ci regali negli anni a venire.