Michael Bay ha la fama (presso i suoi detrattori ma anche diversi dei suoi fan) di essere il regista più "amerikano" che ci sia, l'erede di una schiera di cineasti che negli anni 80 popolò il grande schermo di eroi dal muscolo pompato, invincibili ed indomiti. Finita la Guerra Fredda, però, quella dimensione eroica sopravvisse grazie ad una declinazione maggiormente ironica (ed autoironica soprattutto), sovente superando il problema della ripetitività con una grande fantasia e soprattutto con un'estetica a dir poco seducente ed innovativa, di cui The Rock è l'esempio più significativo degli anni '90. Di quel periodo, di quella cinematografia graffiante ed adrenalinica, Bay è stato il principe e questo film, dopo 25 anni, rimane uno dei suoi lavori più convincenti, vista la sua natura incredibilmente equilibrata, la capacità di connettere il suo amore per l'estetica ad un iter avvincente e fantasioso, che ha stregato un'intera generazione.
Un film d'azione transgenerazionale
Analizzare The Rock significa anche accettare il fatto che per Bay, dopo il successo di Bad Boys, era imperativo seguire il proprio istinto, il proprio corso, rivendicare quella dimensione visiva in cui l'estetica da videoclip, così familiare alla MtV Generation, si sposasse al recupero dei ritmi indiavolati e adrenalinici dell'action made in Hong Kong. In fondo, almeno agli inizi, il suo cinema piacque soprattutto per questo, per la freschezza con cui sapeva accontentare un pubblico trasversale per età e punti di riferimento, offrendo una dimensione action diversa dagli stereotipi che ormai avevano affossato la carriere di Stallone e Schwarzenegger. The Rock mantenne tutte quelle promesse, con un'atmosfera in realtà molto più cupa di quanto ancora oggi si voglia ricordare, a cui però Bay sapientemente accompagnò un dark humor che aveva nell'ex 007 Sean Connery il motore principale. Sempre a proposito di trasversalità del pubblico chiamato in causa, il film offriva infatti un cast tanto eterogeneo quanto orientato ad interessare più generazioni. Connery era il simbolo per eccellenza della generazione dei boomers, così come la Generazione X aveva in Michael Biehn l'indimenticato volto di film come Terminator e Aliens - Scontro finale.
Nicolas Cage era invece un punto di riferimento per i millennials, con Ed Harris quale simbolo dalla cinematografia "alta". Proprio Harris, con il suo personaggio, secondo molti fu la chiave del successo di The Rock, dal momento che il suo nome venne visto come una garanzia da quella parte di pubblico che normalmente un action tutte esplosioni e scoppi non lo avrebbe mai voluto vedere. La fase produttiva fu complicata, anche per la scelta di sposare una location cinematografica come Alcatraz. Dall'abusata minaccia nucleare, ci si spostò invece su quella ben più moderna e reale della guerra batteriologica. Poi vi erano i cattivi. Non più dei terroristi col turbante o russi un po' ridicoli, ma addirittura dei soldati americani.
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Un nemico innovativo ed affascinante
Chi definisce Michael Bay un regista filo-reaganiano o addirittura di estrema destra, con il suo amore per la violenza e il machismo, il suo mondo fatto di bulli e pupe, di glorificazione della'"Amerika" come patria dei soli eroi, forse dovrebbe riflettere sul fatto che in The Rock i cattivi non erano completamente cattivi. Ed Harris, con il suo Generale Francis X. Hummel, era un valoroso e carismatico condottiero, deciso ad ottenere giustizia per i suoi vecchi soldati caduti sul campo, senza che le loro famiglie ricevessero alcun tipo di assistenza in patria. Dietro tale - apparentemente risibile ai nostri occhi - motivazione, per il pubblico americano invece si palesava la tragedia del Vietnam, dei tanti prigionieri mai più recuperati o tornati in patria, così come dei tanti spariti in Laos e Cambogia durante le Black Ops, in una guerra che poi ufficialmente neppure era stata dichiarata, con tutte le conseguenze del caso.
Hummel un cattivo? Più un maledetto, un antieroe tragico ma coerente, di certo un uomo coraggioso, carismatico, con un suo codice d'onore e che nel finale si rivelava in realtà molto meno sanguinario, radicale o amorale di quanto le sue minacce facessero pensare. Per un film d'azione, un film d'azione americano in particolare, non era cosa da poco, anzi. Certo, metà dei militari nel film erano quasi dei tagliagole, ma non si poteva che riconoscere l'estrema lealtà verso il loro comandante, lo spirito di corpo, il carico testosteronico e la spietata efficienza che li rese un incrocio tra una Suicide Squad e la Sporca Dozzina. Per molti aspetti The Rock parve anticipare per molti versi toni, momenti e atmosfere persino di Bastardi senza gloria di Tarantino, che "casualmente" era uno degli sceneggiatori (anche se non accreditato).
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L'action più influente degli anni Novanta
Ma alla fin fine, ciò che piacque di The Rock, fu la straordinaria capacità di Michael Bay di creare sequenze action a dir poco fantastiche, sia nella Frisco connessa ad inseguimenti al servizio degli autoscontri che poi avrebbe sublimato in Transformers, che nel vecchio carcere che ospitò i peggiori gangster del proibizionismo. Il raid con cui gli uomini di Hummel si impadronivano del gas nervino o la sparatoria nelle docce di Alcatraz sono tra le scene più riuscite e innovative del genere, grazie all'incredibile dinamismo della regia, alla fotografia di John Schwartzman e ad uno slow-motion azzeccato come pochissime altre volte. Vi sono poi i tanti combattimenti e confronti con cui Cage e Connery vengono chiamati a fronteggiare gli uomini che minacciano di distruggere San Francisco con il gas nervino, mentre 81 ostaggi sono tenuti come deterrente. I dialoghi non erano poi neppure così banali come in altri film action, anzi emergeva in modo particolarmente efficace il paradosso tra il patriottismo eversivo di quei soldati, il loro mantra da pro patria mori, e come fossero allo stesso tempo il simbolo di quanto avevano giurato di distruggere.
Cage e Connery formarono anche una variazione rispetto al solito e già visto cliché della "strana coppia", con il veterano delle SAS cinico e burbero da una parte e il giovane "boy-scout" dall'altra. In mezzo, una marea di battute al vetriolo, citazioni musicofile o cinematografiche, ma anche colpi di scena che toglievano ogni certezza allo spettatore. Animato da una tensione perfetta, con un montaggio e colonna sonora di altissimo livello, The Rock è stato il miglior action americano anni Novanta, punto di riferimento per tanti registi e film, come per una marea di realtà videoludiche. L'unico problema è che Bay, dopo l'equilibrio qui mostrato, intraprese quella corsa al gigantismo che l'ha reso tanto esteticamente imponente, quanto ripetitivo e narrativamente sterile.