The Pale Blue Eye - I delitti di West Point, la recensione: Christian Bale e il mantello della morte

La recensione di The Pale Blue Eye - I delitti di West Point, film targato Netflix e ispirato a un romanzo breve di Edgar Allan Poe con un intenso Christian Bale in lotta con il peso della morte.

The Pale Blue Eye - I delitti di West Point, la recensione: Christian Bale e il mantello della morte

Spiriti della notte che si muovono anche di giorno; sono i personaggi di Edgar Allan Poe, portatori di misteri, vestiti di sospetti e sospinti da aliti di morte. Uomini di legge bagnati dall'acqua dell'Acheronte terrestre, o poeti (come lo stesso Poe) attratti dal mistero, dalla pazzia, dall'esoterismo, con il rischio di bruciare le proprie ali impregnate di arte.
Come sottolineeremo in questa recensione di The Pale Blue Eye - I delitti di West Point (disponibile ora su Netflix), grazie al regista Scott Cooper, uno dei più noti racconti di Edgar Allan Poe si fa non soltanto indagine atta a stabilire l'identità di un killer seriale, quanto un viaggio psicologico volto a esplorare, nelle sue più recondite manifestazioni, cosa possa spingere la mente umana a fare a meno della propria razionalità per abbeverarsi nel calice della vendetta e dell'eterno dolore. Un gioco maestoso, sublime, sostenuto da un racconto coeso, ma forse dilatato per esigenze cinematografiche. E si sa che a forza di tirare, prima o poi anche l'abito più bello finisce per strapparsi.

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The Pale Blue Eye - I delitti di West Point: Christian Bale, Harry Melling in una foto

The Pale Blue Eye - I delitti di West Point: la trama

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The Pale Blue Eye - I delitti di West Point: Christian Bale in una scena del film

West Point, 1830: dopo la morte della moglie, e la scomparsa della figlia, un detective insofferente alle beltà del mondo viene assunto per indagare con discrezione sul macabro omicidio di un cadetto. Ostacolato dall'omertoso codice di silenzio imposto dall'esercito, recluta uno di loro - tale Edgar Allan Poe - per aiutarlo a risolvere il caso, sfruttando appieno la sua mente alacre e la sua capacità di osservazione.

Volti adombrati di morte

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The Pale Blue Eye - I delitti di West Point: Christian Bale e Harry Melling in una scena del film

Tutto odora di morte, paura, suspense in The Pale Blue Eye. C'è un velo di nefasta angoscia ad ammantare il film di Scott Cooper; è un'ombra di mistero che desatura i colori e amplifica la fitta foschia che abbraccia il mondo del detective Augustus Landor. Vestiti di nero funereo, i personaggi si muovono nello spazio di azione come becchini indagatori, sfidanti e al contempo complici dell'operare della morte. Illuminati da una luce flebile, i loro sguardi escono dal buio, facendo a gara con il nero circostante, per concentrare su di loro ogni attenzione, come personaggi caravaggeschi segnati nei loro corpi stanchi dall'eterna lotta tra luci e ombre. E non è forse un caso se nel bel mezzo della risoluzione dei vari enigmi, ciò che risalta maggiormente d'impatto di questi personaggi sia proprio il loro volto; per chi combatte la morte con l'astuzia, utilizzando appieno la forza della propria intelligenza, è la testa a stagliare la strada per gli eventuali sviluppi narrativi. Non a caso, a essere perlopiù illuminato nel corso dell'opera è proprio il volto di Harry Melling nei panni dell'uomo da cui l'intero microcosmo di The Pale Blue Eye ha preso vita, ossia Edgar Allan Poe. Un gioco citazionistico e meta-letterario entro il quale nulla è però come sembra, come evidenziano le lunghe lingue d'ombra che accarezzano i visi di questi personaggi, in una galleria di continui, inquietanti, memento mori.

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La lunga caduta nel baratro della narrazione

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The Pale Blue Eye - I delitti di West Point: Christian Bale in una foto

Il pallido occhio blu sarà pure un faro che illuminerà l'indagine di Augustus Landor, ma è il percorso investigativo da lui intrapreso che finirà per impantanarsi in un suolo fangoso che lo rallenta in discorsi inutilmente dilungati, e in pause narrative eccessivamente elucubrate. Sembra quasi paradossale, ma un elemento così caratteristico della produzione di Poe come la brevità narrativa, viene qui sacrificata in nome di continui plot-twist, a volte addirittura poco sorprendenti perché citofonati, o prevedibili, soprattutto agli occhi degli spettatori più avvezzi all'universo del thriller classico.

Camere ferme e sguardi in movimento

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The Pale Blue Eye: Gillian Anderson, Toby Jones in una scena del film

Sebbene meno emotivamente sconvolgente del suo precedente Hostiles, con The pale blue eye Scott Cooper si conferma un ottimo osservatore della realtà e creatore di esistenze immaginate, ma illusoriamente abbigliate di realismo. Presa in prestito dalle pagine di un autore come Edgar Allan Poe, e poi filtrata dalla visione personale di Cooper, l'opera si imbastisce di una verosimiglianza tale da apparire come un fatto di cronaca nera di altri tempi, con sprazzi di contemporaneità. Niente virtuosismi registici, o slanci creativi che avrebbero bruciato le sue ali autoriali: Cooper lascia che sia la portata degli eventi a svelarli da soli attraverso le scoperte di menti alacri, e occhi brucianti di vendetta in un mondo perennemente ammantato da un'atmosfera cinerea. Ciò che ne consegue è una regia pressoché ferma, immobile, aperta a pochi, studiatissimi movimenti di macchina. E dove la cinepresa si ferma, a scuotere emotivamente i propri spettatori sono adesso gli sguardi degli attori, i loro occhi attenti e vispi e i loro corpi affaticati dalla pesantezza delle loro anime.

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Performance ombrose illuminate dal talento

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The Pale Blue Eye - I delitti di West Point: Christian Bale in una sequenza

Affidato a un comparto visivo e interpretativo di notevole caratura, The Pale Blue Eye succede e convince là dove The Raven nel 2012 è venuto meno. La performance sottratta, minimale, di Christian Bale è un saggio perfettamente redatto su cosa sia il talento attoriale; già, perché pur basandosi su una sceneggiatura semplice e poco virtuosistica, l'attore riesce a restituire una performance profonda, accattivante e mefistofelicamente intrigante. Un'interpretazione intrisa di sfumature ombrose che soffocano un'anima fragile, perfettamente affiancata e sostenuta da un altrettanto intenso Harry Melling: i suoi occhi azzurri brillano in un mondo di spiriti demoniaci facendo del suo Edgar Allan Poe un Virgilio dantesco in balia dei gironi infernali di una cittadina americana dove la semplicità quotidiana ha ben presto lasciato spazio a urla squarciate nella notte, proprio come i corpi dilaniati di povere vittime innocenti. Il tutto mentre "un occhio blu pallido e vitreo da avvoltoio" continua a osservare il mondo, facendo "gelare il sangue" a chi osa fissarlo.

Conclusioni

Concludiamo questa nostra recensione di The Pale Blue Eye sottolineando come il film diretto da Scott Cooper riesca a innestare un senso di angoscia e mistero all'interno dello spettatore grazie soprattutto alla chimica perfetta tra Christian Bale e Harry Melling. Ma se il segreto del successo dei racconti di Edgar Allan Poe stava nella brevità della sua narrazione, a frenare la completa riuscita del film targato Netflix è invece una lunghezza di racconto fin troppo dilatata che al posto di enfatizzare il senso di angoscia in esso nascosto, lo depotenzia.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
4.1/5

Perché ci piace

  • Le performance di Christian Bale e Harry Melling.
  • La fotografia cinerea e ombrosa.
  • La scenografia a tratti gotica.
  • La regia ferma di Cooper.

Cosa non va

  • La lunghezza dell'opera che ne inficia la sua riuscita finale.
  • Le performance fin troppo eccessive di Gillian Anderson e Lucy Boynton.