Attenzione: questo articolo contiene spoiler!
Arrivederci, Mando. O, forse, addio. Si chiudono le porte di un ascensore e, forse, si chiudono anche le porte della storia del nostro Din Djarin e del suo kid Grogu. The Mandalorian 2 ha giocato con noi, fin dall'inizio. Ci ha fatto credere che l'avventura della coppia più amata dell'ultimo anno fosse ben lontana dalla conclusione, ci ha fatti accomodare con episodi spettacolari in cui la trama orizzontale centellinava i propri sviluppi per poi accelerare bruscamente dalla seconda metà di stagione. Per arrivare fino a qui, a questo Capitolo 16 che ha il sapore di un finale definitivo. Perché, come abbiamo scritto nella nostra recensione dell'episodio, questa conclusione ha il sapore di un punto di non ritorno. Non sarà lo stesso, The Mandalorian, e forse non sarà proprio nemmeno lo stesso Mandaloriano a proseguire la prima serie in live action ambientata nell'universo di Star Wars. Un sacco di incertezze sul futuro, anche alla luce dei recenti annunci, ma una sola sicurezza: Peyton Reed e Jon Favreau hanno chiuso in grande stile.
Per il ritmo elevato e la grande dose di azione, per il ritorno di volti noti e soprattutto per quei momenti conclusivi assolutamente emozionanti che donano a questo finale di stagione di The Mandalorian 2 un significato non banale.
Salva il bambino, salva il mondo
Titolo che a prima vista sembra l'ennesimo tassello narrativo di una lunga avventura, quello di questo Capitolo 16. "Il Salvataggio" è riferito, superficialmente, all'assedio dei nostri eroi (Din, Cara Dune, Bo Katan, Boba Fett e compagnia) nell'Incrociatore di Moff Gideon per liberare dalla prigionia il piccolo Grogu. Più che una corsa contro il tempo (necessaria perché nel frattempo al bambino viene prelevato il sangue per misteriosi esperimenti sulla clonazione), quella di Din è una vendetta rabbiosa, quella di un padre che vuole riprendersi il figlio. Ma è anche il salvataggio della sua anima, il tentativo di rimediare a un suo errore, alla sua incapacità di proteggerlo come aveva promesso a sé stesso. Salvare il bambino vuol dire, in qualche modo, salvare il suo mondo e la sua nuova ragione di vita. A partire da quel primo incontro, in cui Grogu aveva allungato un dito verso di lui, si era creato un legame profondo, impossibile da recidere, forte come il beskar che nemmeno una lama oscura può trafiggere, in cui il nostro Mandaloriano aveva iniziato a cambiare. Da anima cupa, solitaria, insofferente verso i droidi, fermo nelle sue convinzioni quasi religiose, nascosto dall'elmo, Din nel tempo è cambiato: pronto a fare squadra e a farsi aiutare (persino da un droide), capace di prendersi cura di un'altra persona e di mettere in discussione il suo Credo, via via è diventato sempre più umano. Si è percepita sempre di più la presenza di un volto umano dietro quell'elmo anonimo, fino a fuoriuscirne: l'ha fatto nell'episodio precedente e lo fa ancora una volta nel finale di questo capitolo. Il salvataggio di Grogu è di riflesso il salvataggio dello stesso Din. È un uomo nuovo, grazie a Grogu.
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Il ritorno dello Jedi
C'è un terzo salvataggio presente nell'episodio, il più emozionante e spettacolare. L'arrivo di Luke Skywalker, nuovamente interpretato da Mark Hamill e ringiovanito grazie alle tecnologie digitali, che salva la situazione. Era lui il Jedi che ha percepito Grogu e si è connesso con lui nel Capitolo 14 durante la meditazione sulla roccia, e non poteva essere altrimenti. Il suo arrivo ha il sapore di una figura mitologica che lega una volta di più l'universo di Star Wars tra film e serie tv. Il suo ingresso in scena, mentre distrugge i Soldati Oscuri ricorda quello di suo padre Darth Vader in Rogue One. Due scene speculari sia nella messa in scena, sia nel significato. Lì il Jedi caduto era la macchina che condannava a morte gli uomini ribelli che avevano rubato i piani della Morte Nera, nella speranza di dare il via a una Ribellione contro l'Impero. Qui è, invece, l'uomo che elimina le macchine per ridare speranza a quella che diventerà la Resistenza (da notare il tema musicale conclusivo del Capitolo 12 mentre viene inquadrata Cara Dune) e sconfiggere la minaccia dei filoimperiali. È eloquente il cambiamento di fiducia e la sbruffonaggine che viene a mancare nel volto di Moff Gideon con l'arrivo di Luke: l'inaspettato che mette a soqquadro i piani quadrati dello stratega, sempre capace di stare qualche passo avanti rispetto agli avversari. L'arrivo dello Jedi è la scintilla che veniva citata in Star Wars: Gli ultimi Jedi, la dimostrazione di quanto il suo personaggio sia leggendario (e quanto si rafforza, di conseguenza, la fine che farà qualche anno più tardi quando si chiuderà alla Forza e si crederà un fallito?). Con il suo arrivo, però, si giunge anche alla conclusione di un viaggio dell'eroe che sembrava durare ancora a lungo. In altre parole, la figura di Luke è così epica, così mitologica, così gigantesca che non può passare inosservata all'interno di una dimensione narrativa senza conseguenze importanti e senza "divorarla". L'arrivo di Luke corrisponde all'arrivo al traguardo della corsa del nostro Mando.
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Il tempo dei saluti
In un episodio molto giocato sulla tensione, sull'attesa, sul tempo che scorre (il lento accendersi dello squadrone dei droni, i pugni costanti per distruggere la porta, il confronto tra Din e Gideon nella prigione) si ha come l'impressione di voler ritardare l'inevitabile. La missione di Din era proprio quella di riportare Grogu da "quelli come lui" e il momento, alla fine di questo episodio, è arrivato. Sta al piccolo scegliere come proseguire il suo viaggio personale, se rimanere legato al suo padre putativo o se seguire il Maestro Jedi per proseguire i suoi insegnamenti sull'uso della Forza. Il tempo dei saluti, un momento che tutti (spettatori compresi) pensavano di ritardare il più possibile, è giunto. È doloroso, ma è l'unico sviluppo possibile: per Grogu, che crescendo recide il cordone ombelicale, abbandona la protezione del padre per potersela cavare da solo; per Din, che compie la sua missione e che lascia sia il piccolo a decidere senza rimorsi. Ancora una volta, il nostro Mando si toglie l'elmo, si spoglia di tutto ciò che lo contraddistingue e che appartiene a una dimensione sacrale per lui (ne avevamo parlato la scorsa settimana nel nostro approfondimento del settimo episodio) per essere semplicemente Din Djarin. Il volto umano è un'ennesima dichiarazione di identità ("questo sono io", sembra dire al piccolo) e l'ennesima conferma che il suo percorso può ritenersi concluso: è una persona diversa rispetto a come l'avevamo conosciuta, è migliorato ed è meno estremista. Lo notiamo anche dal modo in cui vorrebbe donare la Darksaber a Bo Katan senza seguire il rito della tradizione causando una rottura ulteriore con la sua educazione principale. Finalmente Grogu, il cui primo incontro era messo in scena con il dito che si allunga, può toccare il voto, la pelle, la carne di Din, chiudendo definitivamente il cerchio. In quel volto sofferente (perché è difficile dirsi addio) e con Grogu in braccio a un altro eroe, si chiudono le porte dell'ascensore e si chiude la seconda stagione di The Mandalorian.
È davvero la fine?
Ad esclusione di quella principale, rimangono alcune storyline non del tutto concluse: il destino di Moff Gideon e il tentativo di riconquistare il pianeta Mandalore oltre al destino di Ahsoka alla ricerca di Thrawn. Inoltre, la scena dopo i titoli di coda (l'avete vista, vero?) preannuncia un racconto con protagonista Boba Fett, capace in poco più di un minuto di prendere possesso del trono che un tempo apparteneva al suo vecchio datore di lavoro, Jabba the Hutt. Una didascalia ci preannuncia l'arrivo di Il libro di Boba Fett per dicembre 2021. Non abbiamo altre informazioni in merito, questo titolo non faceva parte degli annunci di una settimana fa che, invece, hanno anticipato due serie tv ambientate nello stesso periodo storico di The Mandalorian con crossover pianificato. Era stato annunciato, invece, che la terza stagione della serie dedicata a Mando sarebbe tornata il 25 dicembre dell'anno prossimo. Dovremmo aspettarci due serie diverse dedicata a due Mandaloriani diversi nello stesso periodo di tempo? La sensazione, anche pensando a come questo Capitolo 16 si è concluso, è che The Mandalorian abbia concluso il "Libro di Din Djarin" e che la prossima stagione si concentrerà su Boba Fett. I protagonisti che fin qui abbiamo seguito li potremmo ritrovare nelle due serie annunciate: Cara Dune e Din potrebbero far parte di Rangers of The New Republic visto che Gideon è ormai sotto la loro custodia. Se da un punto di vista puramente narrativo sembra ci sia ancora molto da raccontare (e per un universo esteso come quello di Star Wars ci meraviglieremmo del contrario), d'altro canto la separazione tra il nostro Mando e Grogu sembra definitiva. Il che ci porta a chiederci cos'è e cosa potrebbe essere The Mandalorian senza questa coppia. Ma basterebbe anche domandarsi se siamo pronti ad accettare, come il protagonista, che il nostro amato "Baby Yoda" prenda una strada diversa dalla nostra. Accade solo nelle grandi opere di arte cinematografica: essere così catturati da quello che vediamo che un po' ci sentiamo di farne parte. E allora siamo un po' tutti padri che vedono il proprio figlio uscire di casa, sentiamo sulla nostra pelle quella carezza dolce, leggiamo in quello sguardo finale che "questa è la via", un motto che dovremmo conoscere e accettare. Addio, Mando. O, forse, chi lo sa, arrivederci. Che la Forza sia con te.