La nave del nostro Mandaloriano preferito sale, si avvita, precipita. Al suo interno, il Bambino alza le braccia divertito come se si trovasse su un ottovolante. In quell'urlo di gioia si racchiude tutta l'essenza della nuova puntata di The Mandalorian 2. Siamo noi quel bambino che urla di gioia, totalmente immersi, come abbiamo potuto scrivere nella nostra recensione di questo quarto episodio, nel divertimento e nella sorpresa. Sembra l'ennesima puntata autoconclusiva, con una missione estemporanea da portare a termine, e che vede il Mandaloriano ritrovare vecchi volti che avevamo abbandonato alla fine della prima stagione, ovvero Cara Dune e Greef Karga. Eppure attraverso quest'ennesimo assedio in un avamposto imperiale, la serie di Disney+ ha esteso ancora di più i confini narrativi proseguendo una storyline che sembrava abbandonata nel terzo episodio della prima stagione e ha rivelato, tra le righe, un forte collegamento che sembra risolvere alcuni dei buchi di trama presenti nella trilogia sequel vista al cinema.
Questione di legami
Andiamo indietro nel tempo, quando il Bambino era solo un pacco da consegnare e non esisteva ancora un legame così forte tra il protagonista e la piccola creatura. Torniamo al Capitolo 3, Il Peccato, che chiudeva la lunga introduzione alla serie. Il Bambino veniva prima consegnato in maniera indifferente al Cliente (Werner Herzog) e poi veniva salvato, spinto da un inaspettato affetto, dal nostro Mandaloriano. Sappiamo che il Bambino sarebbe stato condannato a morte certa, vittima di alcuni esperimenti scientifici da parte dei filo-imperiali, ma non avevamo idea, almeno fino ad ora, a cosa l'Impero stesse lavorando. Era una storyline un po' abbandonata e che sembrava conclusa, ripresa leggermente nel finale della prima stagione con la comparsa di Moff Gideon (Giancarlo Esposito), ma che non aveva ancora trovato dei veri e propri sviluppi nell'economia della serie. A sorpresa, questo nuovissimo ed entusiasmante Capitolo 12 è tornato ad affrontare la questione. E lo fa in una maniera particolare ruotando intorno al concetto di "legame" dentro e fuori la serie, dentro e fuori l'impianto puramente narrativo. È grazie a quei terribili esperimenti, infatti, che ha iniziato a esserci un legame tra il Mandaloriano e il Bambino; un legame che proprio in questo episodio si dimostra più forte che mai.
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Il legame con la serie: dove si trova l'assedio
Il nostro eroe è restio ad abbandonare il suo protetto nella scuola, senza la sua supervisione ("Dove vado io, va lui"). Potremmo pensare che quello che accade qui non è troppo distante da quanto già visto nel primo episodio di questa seconda stagione: per sconfiggere il drago krayt su Tatooine, l'esserino verde veniva lasciato alle cure di Peli Motto e al riparo dai pericoli. Nel frattempo, però, con le nuove avventure tra ragni pericolosi e pirati assassini, si è intensificato ancora di più il legame tra i due. Lasciare Baby Yoda ora significa separarsi a malincuore ed è proprio in un episodio in cui si percepisce la fretta del Mandaloriano di tornare velocemente dalla missione per riunirsi al suo compagno di avventure (nel finale addirittura non metterà piede a terra con la scusa di doverlo pulire) che si torna a guardare al passato, a quando quel legame era iniziato. L'assedio che dà titolo al capitolo quindi non è solo l'operazione militare dei nostri eroi nella base militare imperiale, ma la missione stessa che rende il Mandaloriano improvvisamente solo e desideroso di tornare dal Bambino, ricordandogli una volta ancora quanto la sua decisione improvvisa, spinta da un'umanità che pensava di non avere, abbia cambiato la sua vita.
Il legame con la trilogia sequel: il significato degli esperimenti
E con un colpo di scena incredibile, pur senza dare risposte certe, questo Capitolo 12 di The Mandalorian si lega con i film della trilogia sequel in maniera sorprendente. Dagli indizi visivi e soprattutto musicali (avete riconosciuto il tema della colonna sonora durante quella sequenza?) pare proprio che gli esperimenti a cui stanno lavorando gli imperiali siano proprio quegli stessi esperimenti che hanno dato vita al Leader Supremo Snoke. Abbiamo già visto quelle stesse vasche, con queste figure umanoidi, all'inizio di Star Wars: L'Ascesa di Skywalker, quando Kylo Ren entra nel laboratorio di Exegol scoprendo che lo stesso Snoke era un clone, un essere artificiale voluto da Palpatine. La figura presente nella vasca in The Mandalorian sembra una versione imperfetta di quello che diventerà il Leader Supremo (ricordiamo che la serie è ambientata 25 anni prima de Il risveglio della Forza), tanto che, oltre al profilo simile, possiamo già notare la cicatrice sulla testa. In maniera un po' contorta e non troppo esplicita - sapendo benissimo che è un argomento discusso tra i fan - si torna anche a parlare di midichlorian, ovvero i micro-organismi presenti nel sangue, introdotti da George Lucas in Episodio I, che quantificano la sensibilità alla Forza da parte degli esseri viventi. Ci sembra ormai chiaro che il sangue del Bambino, molto potente nell'uso della Forza, serve a dare vita a questi cloni (Snoke? Palpatine stesso e quindi il padre di Rey?) gettando una strana luce sul futuro della serie stessa. Conoscendo già il successo di questi esperimenti dovremmo iniziare a preoccuparci per il nostro amato Baby Yoda? L'impero riuscirà, alla fine della serie, a concludere con successo i suoi esperimenti?
Il legame con lo spettatore: siamo tutti Baby Yoda
In un gioco metacinematografico, la serie stessa diventa il nostro personale Mandaloriano rendendoci tutti dei "Baby Yoda". Il legame che Star Wars, in ogni sua espressione, sta costruendo con lo spettatore è una storia d'amore (e va detto, come in tutte le storie d'amore, ci sono degli alti e dei bassi, e serve anche un po' di pazienza). Abbiamo avuto la dimostrazione che quelli che sembravano buchi di trama di una trilogia sequel imperfetta, elementi solo accennati velocemente nei film e che in qualche modo li depotenziavano, non sono stati dimenticati. I personaggi della serie non possono reagire in maniera esplicita e consapevole alle rivelazioni di quest'episodio, non possono sapere cosa significa quella vasca e l'importanza che acquista all'interno della saga, non ascoltano la musica extradiegetica di Ludwig Göransson che richiama le note di un celebre tema musicale di John Williams e che permette di toglierci (quasi) ogni dubbio su quello che stiamo vedendo. Quello lo fa lo spettatore, consapevole di aver già visto il futuro della storia. Un universo da espandere e un'operazione cross-mediale che non ha precedenti nella storia dell'audiovisivo: Star Wars, quando ci piace, sembra procedere attraverso il fan service per il gusto di accontentare i vecchi fan della saga. In realtà, Star Wars si sta prendendo cura di noi, bambini dispettosi pronti a desiderare con forza (e con la Forza) biscotti blu solo per il gusto di mangiare, incapaci di unire da soli fili rossi e fili blu, ma pronti ad esaltarci appena l'astronave compie un giro su sé stessa. L'immagine conclusiva di questo episodio che riguarda i nostri due protagonisti racchiude Star Wars: un Mandaloriano che ci porta a vivere mille avventure e che continua a prendersi cura dei Bambini nonostante corra il rischio di farci rigettare. I più cinici diranno che queste scelte creative sono solo una pezza per coprire i disastri del passato e in parte è vero: alcune cose potevano trovare approfondimento all'interno degli stessi film (e L'ascesa di Skywalker è l'episodio che più soffre di questa compressione di fatti ed eventi) senza dover trovare risposte in altri prodotti. Però la meraviglia prosegue se si alza lo sguardo verso il cielo, non abbassandolo. Non ci siamo forse innamorati di Star Wars stando nei panni di Luke Skywalker che sognava le avventure guardando il cielo coi due soli?
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