Mireille Enos ormai lo sa: quando è su un set di Veena Sud si deve coprire bene perché farà molto freddo. È stato così per la serie tv The Killing e anche per The Lie, thriller psicologico prodotto dalla Blumhouse di Jason Blum, che va a comporre il quartetto Welcome to the Blumhouse, quattro film di genere horror e thriller disponibili su Amazon Prime Video dal 13 ottobre.
In The Lie Mireille Enos è Rebecca, madre di famiglia maniaca del controllo, che, anche se le cose non vanno bene, fa finta di nulla per mantenere intatta l'apparenza. L'ex marito Jay (Peter Sarsgaard) è più impulsivo e con la figlia Kayla (Joey King) si comporta da migliore amico più che da padre. Quando l'adolescente compie qualcosa di terribile, i due genitori si sentono con le spalle al muro: è possibile che per colpa loro la ragazza sia diventata un mostro?
Ne abbiamo parlato con l'attrice, in occasione del junket virtuale di Welcome to the Blumhouse, che, oltre a The Lie, comprende anche le pellicole Black Box, Nocturne ed Evil Eye.
In tempi di cambiamento come questi l'horror è sempre più vitale
L'horror in questo momento è pieno di nuovi autori, come Ari Aster e Jordan Peele, e nuove idee: secondo te perché questo genere è così vitale?
L'horror è sempre stato un genere stimolante: Jason Blum, in tutti i suoi film, cerca di esplorare le relazioni umane. Ci sono alieni e fantasmi, ma spesso si parla di matrimoni, di famiglie. L'horror permette di inserire personaggi in cui ci si può identificare in contesti esagerati e assurdi.
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Pensi sia il genere migliore per descrivere la società di oggi?
Perché siamo nel mezzo di una pandemia globale o per i nostri politici? Il mondo in effetti in questo momento è un disastro: politicamente, per il clima, la pandemia sta infliggendo duri colpi all'economia. È vero, le nostre vite stanno prendendo una piega da film horror. Ho sempre pensato che il motivo per cui le persone amano l'horror è perché in questi film succedono cose talmente estreme da far sembrare superabili i nostri problemi quotidiani. Ci danno una scarica di adrenalina e allo stesso tempo ci fanno pensare: per fortuna la mia vita non è così! Adesso non so se questo passaggio sia possibile, perché al momento la situazione è cupa.
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La famiglia è sempre più centrale nel genere horror
Molti dei film horror più belli che abbiamo visto in questi ultimi anni, Hereditary - Le radici del male, Scappa - Get Out, Noi, The Witch, hanno una famiglia al centro di tutto. Anche in The Lie è così: perché secondo te la famiglia fa così paura?
The Lie secondo me non è esattamente un film horror: è un thriller psicologico, con alcuni elementi horror. La famiglia è un tema complesso: anche le famiglie felici sono a sé, nessuna famiglia è esattamente uguale alle altre. Quindi offre infinite possibilità in termini di racconto: manipolando quella famiglia puoi raccontare qualsiasi tipo di storia.
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Sia in Black Box che in The Lie i protagonisti cercano di essere bravi genitori: come ci si riesce?
Onestà e comunicazione sono le cose più importanti. E il rispetto reciproco. Alle mie figlie dico sempre che anche io sto ancora crescendo, che sto passando varie fasi. Ancora oggi ho delle brutte giornate. Così come le hanno le mie figlie. Quindi l'importante è capire che siamo insieme in questo viaggio di evoluzione continua. Essere in grado di scusarsi l'una con l'altra è molto importante. In una famiglia bisogna vedersi tutti come delle persone, che si aiutano a vicenda per riuscire a essere la versione migliore di loro stesse. Il problema più grande della famiglia che vediamo in The Lie è che non comunicano per niente: tutti sono imprigionati in questi ruoli che si sentono obbligati a recitare. Nessuno ha il coraggio di dire: questa è una cazzata e oggi mi sento malissimo. La madre che interpreto non si ribella mai al suo ruolo di maniaca del controllo e fa finta di niente, come se fosse tutto normale.
Pensi quindi che vedere un film come questo tutti insieme sul divano potrebbe aiutare qualche famiglia?
Assolutamente! Una delle qualità sorprendenti di Veena Sud è che affronta molti generi diversi, ma al centro delle sue opere c'è sempre la necessità di un dialogo, di un confronto. La sua scrittura affronta sempre problemi sociali, che mette in risalto grazie al genere con cui ha scelto di raccontarli.
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La fissazione di Veena Sud per il gelo e le relazioni umane
È interessante come il clima rispecchi il gelo che c'è tra i protagonisti. Girare a temperature così basse ti ha aiutato a modellare meglio il personaggio?
Il fatto di non riuscire mai a sentirsi a proprio agio per colpa delle basse temperature è geniale: sul set si congelava e questo ci ha aiutato molto. Quando i nostri personaggi litigano siamo ancora più credibili perché, al posto dell'adrenalina della vera rabbia che fa tremare il tuo corpo, c'era il freddo a scuoterci.
Il finale è quasi ironico: queste persone non si parlano, ma sono capaci di compiere azioni tremende. Perché secondo te agire in modo discutibile è più facile che aprirsi con le persone che amiamo?
Quando le persone si tengono dentro per anni le cose che vogliono dire, a volte le loro azioni diventano come un'eruzione. Si reprimono talmente tanto che poi esplodono. All'inizio della loro relazione queste persone si sono avvicinate l'una all'altra per un motivo: lui è impulsivo e carismatico, lei è affascinata da questo suo aspetto, che lo porta a fare le cose e ad avere successo a lavoro. Solo che questa volta la porta a compiere un'azione davvero orribile.