Being part of something special makes you special, right?
Non siamo impazziti, questa citazione viene dal pilot di Glee. Ma, come scopriremo nella nostra recensione di The Girl from Plainville, la miniserie in otto episodi che riporta su HULU negli USA (e su STARZPLAY da noi, dal 10 luglio) Elle Fanning dopo The Great, i due show hanno qualcosa in comune. La miniserie è inoltre figlia del periodo seriale in cui viviamo, in cui c'è molta attenzione per le produzioni tratte da storie vere e soprattutto true crime, ed è proprio in questo sottoinsieme che si inserisce.
La ragazza di Plainville
È interessante la costruzione di The Girl from Plainville, basata sull'articolo pubblicato su Esquire di Jesse Barron che fece scalpore perché parlava di Michelle Carter (interpretata da Elle Fanning, qui anche produttrice) e del suo caso unico di istigazione al suicidio tramite messaggi di testo nei confronti di Conrad "Coco" Roy III (Colton Ryan, già visto in Little Voice e Caro Evan Hansen). Questo perché si tratta di una struttura narrativa estremamente equilibrata che non eccede né nella parte più veritiero-documentaristica né nelle licenze poetiche che ovviamente si prende essendo pur sempre un racconto di finzione. La narrazione imbastita da Liz Hannah (The Post, The Dropout, Mindhunter) e Patrick Macmanus (Dr. Death), entrambi con un "bagaglio" seriale di storie vere alle spalle, alterna continuamente la storia personale dei due protagonisti e delle loro famiglie alla parte più strettamente legale del processo alla ragazza, condannata infine per omicidio colposo. La parte più interessante è proprio la presentazione dei due personaggi, entrambi solitari e con dei problemi mentali di depressione e asocialità precedenti, sciorinati lungo la narrazione. Due anime che si conoscono e si ritrovano a scambiarsi messaggi, quando quasi nessuno nelle rispettive famiglie sapeva della loro esistenza.
The Great 2, Elle Fanning: "Sono un po' prepotente: proprio come Caterina la Grande!"
Just a small town girl...
"Just a small town girl, living in a lonely world..." cantavano i Journey e soprattutto cantava il cast di Glee, la serie preferita di Michelle (ecco perché l'avevamo nominata). Uno show in cui si immedesima forse fin troppo, soprattutto nel personaggio di Rachel/Lea e soprattutto dopo la perdita del suo Finn/Cory. Un tragico caso di realtà che si mescolò alla fantasia, proprio come accade in The Girl from Plainville, dove la canzone preferita di Michelle è guardacaso Can't Fight This Feeling di REO Speedwagon rifatta in Glee come cover. Un gioco malato meta-televisivo in cui Elle Fanning si dimostra ancora una volta eccellente nel passare dal riso al dramma in un battito di ciglia, e soprattutto nell'essere tanto credibile e allo stesso tempo esagerata quando piange, e far vedere che finge un attimo dopo. Un prisma di emozioni provate in egual modo dal Conrad di Ryan, che mostra come la depressione giovanile possa portare a gesti estremi. Hannah e Macmanus non danno giudizi nella loro scrittura e messa in scena, privilegiando inquadrature e dettagli che provano a entrare nella mente dei personaggi, senza riuscirci per davvero perché impenetrabili, ma scelgono piuttosto di mostrare le molteplici facce della medaglia - private e pubbliche - e lasciare che gli spettatori si facciano una propria idea, e l'ultimo episodio sarà emblematico in questo.
Dr Death, la recensione: il medical drama da incubo (o il medical drama al contrario)
Genitori
Accanto a Fanning e Ryan, che dimostrano grande chimica e complicità e un particolare modo di non riuscire a stare al mondo, anche il cast adulto svolge egregiamente la propria parte. Da un lato Chloë Sevigny nei panni di Lynn e Norbert Leo Butz in quelli di Conrad Roy II, i genitori di Conrad che si ritrovano questa ragazza di cui non sapevano l'esistenza entrare bruscamente nella loro famiglia, inizialmente addolorata e poi forse causa della morte del loro primogenito. Dall'altra Cara Buono (già vista di recente in Stranger Things nei panni della madre di Mike e Nancy) nel ruolo di Gail e Kai Lennox in quello di David Carter, i genitori di Michelle, che scoprono che la figlia a quanto pare aveva una relazione con un ragazzo di cui non sapevano l'esistenza e che potrebbe essere stata la causa della sua morte. Genitori che vengono descritti come presenti e non negligenti, ma che da entrambe le parti non erano riusciti a cogliere la gravità della situazione mentale dei propri figli. Una questione drammaticamente attuale che andrebbe affrontata maggiormente e che forse attraverso questa miniserie, più che documentare qualcosa di già successo vuole fungere da campanello d'allarme per ciò che potrebbe succedere e si potrebbe prevenire in qualche modo.
Le migliori 10 serie TV disponibili su Starzplay
Conclusioni
Concludiamo la nostra recensione di The Girl from Plainville lodando l’equilibrio narrativo che la miniserie riesce a mettere in piedi nel raccontare una storia vera e con un argomento così delicato come quella di Michelle Carter e Conrad Roy III, non ponendo giudizi ma mostrando tutti i punti di vista delle parti in causa, la storia di due anime giovani e sole che provano a darsi conforto nello stare insieme, non riuscendoci.
Perché ci piace
- Elle Fanning è magnetica e riesce a passare attraverso molteplici emozioni con grande talento
- Colton Ryan è la perfetta controparte della storia e dimostra affiatamento con Fanning
- Chloë Sevigny e Cara Buono sono le due figure materne che devono affrontare la stessa situazione delicata ma in modo opposto
- La scrittura degli showrunner che non giudica ma mette sul piatto tutti i punti di vista della storia
Cosa non va
- La miniserie, per quanto fluida e “leggera” pur raccontando un argomento così delicato, potrebbe non essere gradita da chi non ne può più di queste storie true crime in tv