Un primo punto da tener presente nello scrivere questa recensione di The Boys è quanto difficile fosse questo adattamento, va per questo subito sottolineato quanto riuscita sia l'operazione condotta da Eric Kripke, Evan Goldberg e Seth Rogen nel tradurre l'immaginario dell'opera di Garth Ennis nella serie TV al debutto su Amazon Prime Video dal 26 luglio, almeno a giudicare dai primi tre episodi che abbiamo potuto visionare in anteprima: è presente quella scorrettezza di fondo, quella carica di violenza e irriverenza, il cinismo e la amara condanna del mondo che ci circonda. È presente anche se declinata con forma e tempi diversi, per uno sviluppo che non può non tener presente della diversità del mezzo in cui si muove e, soprattutto, di quanto sia cambiato il contesto sociale negli oltre dieci anni da quando l'opera a fumetti ha iniziato il suo cammino.
Una squadra da comporre nella trama di The Boys
Come detto nella nostra recensione di The Boys nella sua versione a fumetti, quella firmata da Garth Ennis è un'opera di culto che non possiamo che consigliarvi, il cui titolo si rifà alla squadra di protagonisti che si occupa di una missione delicatissima: gestire, in qualche modo, i Super, ovvero gli individui dotati di poteri speciali nelle occasioni in cui superano il limite. E nel mondo fittizio del fumetto e, di riflesso, della serie, è qualcosa che fanno abitualmente con l'irriverente noncuranza di chi sa che può permetterselo. La differenza sostanziale, la prima che possiamo evidenziare parlando dell'adattamento firmato da Kripke per Prime Video, è che la squadra non è ancora composta e definita quando la trama di The Boys prende le mosse per raccontare la missione di questo gruppo di individui senza potere nel rivelare la verità che si nasconde dietro la sfolgorante facciata dei Sette e della Vought International che li gestisce e governa, coprendone le malefatte e guidando l'opinione pubblica. Una scelta interessante, perché permette agli autori della serie TV di prendersi il tempo necessario per presentare, approfondire e sviluppare personaggi e situazioni con tempi e struttura narrativa più adatta ad una serialità contemporanea che si rende disponibile al binge-watching.
Annie, Hughie e la normalità tra i personaggi di The Boys
Una simile libertà si evidenzia anche nell'approccio ai personaggi di The Boys: fulcro del racconto è anche qui Billy Butcher, perfettamente reso da un magnetico Karl Urban, insieme al Piccolo Hughie di Jack Quaid. Quest'ultimo è essenziale anche nella controparte cartacea (nota curiosa: le fattezze del personaggio a fumetti sono ispirate a Simon Pegg, che qui interpreta suo padre in un perfetto omaggio), ma la sensazione è che gli autori della serie TV abbiano ulteriormente sottolineato la sua importanza, rendendolo il nostro punto di vista all'interno del gruppo di protagonisti che si contrappongono ai Super. Un'operazione simile a quella fatta con Annie January, ovvero Starlight, ovvero l'ultima arrivata del principale gruppo di super(eroi) del mondo di The Boys, a cui dà il volto Erin Moriarty: i due personaggi ci offrono la miglior chiave di lettura possibile del contesto in cui si vengono a trovare, permettendoci di capire presupposti, follie ed eccessi di entrambi gli schieramenti.
Perché i Sette, il gruppo di cui Starlight entra a far parte, sono il più famoso gruppo di Super al mondo, gestito come una rockband di altissimo profilo dal team di Madelyn Stillwell e la Vought International. Se dalla parte dei buoni troviamo infatti personaggi pittoreschi come il Francese, Femmina della Specie e Latte Materno, i Super(cattivi) non sono da meno con il Patriota, Abisso, A-Train e Queen Maeve. Una schiera di personaggi eccessivi, scorretti e tratteggiati con cinica attenzione da Kripke e gli altri autori, in perfetta assonanza con quanto fatto da Ennis nell'opera a cui ci si ispira.
Il mondo scorretto di Ennis tra citazione, omaggio e tradimento
È infatti un adattamento che funziona quello di The Boys. Funziona perché riesce a ripercorrere lo spirito del fumetto seguendo una via diversa, che si muove sinuosa, sovrapponendosi a tratti con l'originale, per poi tornare a prendere le distanza: se una sequenza iconica viene riprodotta fedelmente e in modo magistrale, altre vengono evocate piuttosto che rappresentate, altre ancora create ex novo (un paio delle quali con geniale inventiva), mentre lo sviluppo è costruito in modo da riproporre i temi e le situazioni tenendo presente i due punti che abbiamo evidenziato in apertura: il The Boys di Amazon è una serie TV e in quanto tale deve seguire tempi e strumenti narrativi diversi da quelli di un fumetto, oltre a predisporre il campo per eventuali sviluppi futuri e successive stagioni (una seconda è già stata confermata prima del debutto). Da questo punto di vista va considerato l'approccio dei primi episodi, che punta a costruire con ragionata calma, senza bruciare le tappe.
Il secondo punto riguarda il contesto in cui i Boys si muovono, che non può essere quello del 2006, ma deve essere quello del 2019 in cui la serie viene prodotta. In tal senso si muove la presentazione del mondo che circonda i protagonisti, più multimediale, ma soprattutto più social, rispetto all'originale. Lo si vede chiaramente nella apparizioni pubbliche dei Super, ma ancor più nel modo in cui la squadra della Vought International si occupa di loro, tra grafici e riscontri di gradimento, strategie di comunicazione e marketing. Una rappresentazione efficace delle derive della nostra società dell'immagine, che si affida con superficialità ad apparenze e fake news, mentre sullo sfondo non manca l'attenzione per temi caldi dei nostri giorni, a cominciare da quelli relativi alla rappresentazione femminile e alle pari opportunità.
Conclusioni
In conclusione della nostra recensione di The Boys, teniamo a sottolineare quanto efficace sia l’adattamento dello straordinario fumetto di Garth Ennis: Eric Kripke e gli altri autori si muovono tra omaggio e tradimento, citando letteralmente alcuni passaggi per prendere le distanze in altri, seguendo uno sviluppo narrativo più adatto a una serie che possa andare avanti per più stagioni e coerente con l’evoluzione della società in cui viviamo dal 2006 a oggi. The Boys si conferma cinica, scorretta e violenta, ma declina queste caratteristiche in modo più adatto al mezzo in cui si muove.
Perché ci piace
- L’adattamento, fedele nello spirito più che nelle singole situazioni.
- Una costruzione narrativa che tiene presente i tempi della serialità nell’era del binge-watching, sviluppando senza particolare fretta.
- La capacità di parlare del mondo che ci circonda.
- Il casting dei personaggi principali, da Karl Urban per Butcher a Hughie e Starlight, ma soprattutto il Francese.
- La carica di scorretta violenza che non può mancare in questo adattamento…
Cosa non va
- … ma farà storcere il naso a chi preferisce visioni più tranquille.
- I puristi del fumetto potrebbero non essere soddisfatti di alcune variazioni significative.