Prima di Chiamami col tuo nome, il cinema di Luca Guadagnino ha diviso nei giudizi. Dopo la visione di un film come Suspiria, il trend è destinato ad aumentare. La scelta di accostarsi a un capolavoro dell'horror italiano come il classico di Dario Argento per rielaborarlo piuttosto liberamente è un'operazione che ha fatto ribollire il sangue ai fan. Lo stesso Argento, geloso delle proprie opere e contrario ai remake, ha preferito declinare all'ultimo minuto l'invito sul set del collega. Ma Guadagnino è andato avanti per la sua strada realizzando un'opera fiume di oltre due ore e mezza patrocinata da Amazon presentata in concorso alla Mostra di Venezia.
Sono due le vie possibili quando ci si accosta a un classico: mantenersi aderenti all'originale attualizzandolo là dove possibile o tradirlo a favore di una rilettura personale. Luca Guadagnino sceglie la seconda via, anzi, la porta all'estremo, con buona pace dei fan di Dario Argento. Al di là di una evidente fascinazione per il mito alla base di Suspiria, la leggenda delle tre madri, è evidente che a Guadagnino non interessa rielaborare l'originale. A dirla tutta, è difficile perfino collocare Suspiria nel genere horror, visto che ne tradisce ritmo e regole a favore di una riflessione personale su maternità, femminilità e senso di colpa.
L'orrore alberga a Berlino
Nel suo Suspiria, Luca Guadagnino sposta l'azione da Friburgo a Berlino. Se la Friburgo di Dario Argento era una città tenebrosa, ma non particolarmente riconoscibile, l'ambientazione berlinese, per Guadagnino, è essenziale al discorso che vuole portare avanti. La capitale tedesca, nel 1977, è una città non pacificata, sospesa tra due conflitti, la Seconda Guerra Mondiale, che ha segnato profondamente gli abitanti, e il terrorismo dei gruppi estremisti di sinistra. Susie Bannon (Dakota Johnson) entra a far parte della misteriosa scuola di danza di Madame Blanc (Tilda Swinton) proprio nei giorni in cui la banda Baader-Meinhof dirotta un aereo della Lufthansa prendendone in ostaggio i passeggeri e vicina alle idee dei terroristi è anche una delle ballerine della scuola, Patricia (Chloe Moretz). La stessa scuola di danza di Madame Blanc, ben diversa dallo spettrale edificio scelto da Dario Argento, assimilabile quasi a un castello di qualche tetra fiaba, è una grigia costruzione che si erge a fianco del Muro.
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Per immergere lo spettatore in questo contesto, Luca Guadagnino si prende tutto il tempo necessario creando perfino una storia parallela e distinta dall'ingresso di Susie Bannon nella scuola di danza. Storia che coinvolge un anziano psicanalista a cui Patricia si è rivolta in cerca di aiuto, immerso nei ricordi del passato e afflitto dalla perdita della moglie, scomparsa nel nulla durante la Guerra. Il contesto socio-politico penetra nel quotidiano della scuola di danza, perfino le streghe che vi insegnano commentano le gesta della banda Baader-Meinhof a colazione alternando la visione del tg alle loro raccapriccianti pratiche. L'andamento del film presenta un'insolita lentezza, dedicando ampia attenzione a location, paesaggi e personaggi. A interrompere questo status quo intervengono improvvise accelerazioni in coincidenza con le raccapriccianti scene che tanto hanno terrorizzato gli spettatori che le hanno viste in anteprima al Cinema-Con la scorsa primavera.
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Un horror che non fa paura... o forse c'è altro?
Se il primo scopo di un horror è spaventare lo spettatore, diciamo subito che Suspiria non risponde a tale requisito. Al di là di alcuni momenti visivamente impressionanti, la lunghezza e il ritmo meditativo del film diluiscono la tensione, e i brividi provati sono tutto sommato pochi. L'orrore che attrae Luca Guadagnino è un orrore estetizzante, cerebrale, mai viscerale. Così quando vediamo le viscere - quelle vere - durante i riti delle streghe volti a ridar nuova linfa vitale alla loro decana, la reazione dello spettatore è mediata dall'approccio formale del regista. Delle improvvise accelerazioni argentiane accompagnate dalla musica incalzante dei Goblin qui non v'è alcuna traccia. La tensione che serpeggia nel corso di tutto il film è molto più impalpabile, costruita sull'ambiguità dei personaggi, quasi tutti femminili, sui luoghi che trasudano storia, sui misteri celati dalla scuola, sui dettagli.
Il regista sembra talmente affascinato dal gineceo malefico che ha messo insieme da concedersi più pause narrative del dovuto. La stessa struttura del film, scandita da sei atti e un epilogo contenente una coda (in)necessaria, dimostra l'approccio "mediato" dell'autore alla materia che così perde per strada l'impatto raccapricciante. L'approccio del regista, più o meno conscio che sia, sembra voler spostare l'attenzione dalle pratiche atroci delle streghe a un orrore meno immediato, ma più concreto, l'orrore della memoria della guerra che vive in ogni pietra di Berlino, l'orrore delle vittime, l'orrore di chi deve sopportare ogni giorno il senso di colpa per essere sopravvissuto alla carneficina. A questa riflessione se ne intreccia una seconda, più universale, sul concetto di maternità e femminilità.
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Il potere della madre
"Una madre può prendere il posto di chiunque altro, ma nessuno può prendere il posto di una madre" è la scritta che campeggia nella casa natale di Susie. L'energia sprigionata dalle madri di Guadagnino è generatrice di vita e di morte, di memoria e di arte. Non è un caso che le sequenze più riuscite di Suspiria sono le coreografie mozzafiato di Volk, misterioso balletto coreografato da Madame Blanc durante la Guerra, eseguite con convinzione da Dakota Johnson e accompagnate dalla musica ipnotica di Thom Yorke (le cui composizioni vengono usate con minor efficacia nella sequenza clou, di cui non anticipiamo niente). E non è certo un caso che Luca Guadagnino abbia chiesto la collaborazione di Yorke che, come il regista, non fa nessuno sforzo per adeguarsi al genere che sta rivisitando ma compone una score affascinante, misteriosa, evocativa. Musica che stimola nello spettatore scenari indistinti, enigmatici, che agisce per contrasto facendosi più languida in corrispondenza delle sequenze più raccapriccianti. Discontinuo, meditativo, enigmatico, Suspiria risulta più intrigante che spaventoso. Guadagnino non sembra preoccupato di scontentare i fan dell'horror e rivendica la propria indipendenza di autore rivolgendosi a chi avrà la pazienza di decodificarne gli intenti. La sfida al pubblico è stata lanciata.
Movieplayer.it
3.0/5