Recensione Ponyo sulla scogliera (2008)

Miyazaki ha una capacità sbalorditiva nel creare universi fantastici eppure plausibili, riuscendo sempre a proporre personaggi indimenticabili.

Storia di Ponyo che volle farsi bambina

C'è una magia speciale nei film di Hayao Miyazaki, una magia che vuol dire meraviglia, ma che nello stesso tempo si fa normalità nelle storie del grande artista giapponese che nella sua nuova opera, Ponyo on the Cliff by the Sea, accantona la complessità che ha caratterizzato i suoi ultimi lavori, per concentrarsi su una struttura narrativa e su emozioni decisamente più semplici, quindi di più facile fruizione anche da parte del pubblico più giovane. Perché Ponyo sembra un appassionato regalo indirizzato in primis ai bambini, ma anche un cucchiaio di grazia, speranza e innocenza con cui sfamare gli occhi stanchi degli adulti. Rielaborando la Sirenetta di Andersen, Miyazaki fa incontrare terra e mare, si intrufola nelle profondità dell'oceano per catturare i sogni di una pesciolina rossa e portarli fin sopra un dirupo dove vivono un bambino e sua madre, in eterna attesa del ritorno di un padre sempre per mare. Alla piccola Ponyo piace il prosciutto, ma soprattutto la possibilità di diventare un giorno un essere umano con braccia e gambe con cui scorazzare sulla terra in compagnia del suo amico Sosuke che l'ha tirata fuori dal barattolo di marmellata in cui era rimasta incastrata.

Nessun intervento del computer, ma solo migliaia di tavole disegnate a mano da un formidabile pool di settanta artisti che incorniciano con colori pastello le fantasie di Miyazaki che del film è sceneggiatore e regista. Il tratto semplice, i disegni dal gusto infantile e le tinte acquerello fanno di Ponyo on the Cliff by the Sea una fiaba animata che incanta e commuove per la sua purezza e per quell'inclinazione all'essenzialità che traduce al meglio la ricchezza di suggestioni e sentimenti di una storia sospesa tra sogno e realtà. Il mare diventa personaggio fondamentale, racconta con le sue onde l'incontro tra uomo e natura, un rapporto conflittuale sporcato dall'inquinamento, ma confronto obbligato per una vita veramente sana. Come al solito il tema ambientalista è caro a Miyazaki, che continua a esplorarlo senza risultare mai retorico o superfluo, risvegliando ogni volta riflessioni importanti su dove sta andando questo nostro mondo, che rischia sempre più di perdere i suoi colori.

Estremamente coinvolgenti nel film sono il gioco delle relazioni tra i personaggi e la capacità di penetrare i loro segreti. Il legame tra il bambino e la determinata pesciolina rispolvera in maniera intelligente il valore dell'amicizia, quello tra madre e figlio rivela una complicità che non può non emozionare, soprattutto quando va a incontrare un toccante romanticismo in codice morse in una magnifica sequenza che sarebbe un peccato raccontare. D'altra parte ci sono i sentimenti contrastanti, difficili da sbrogliare in tempi brevi, suscitati dal tentativo da parte del padre di Ponyo di riportare a tutti i costi la sua piccola nel proprio ambiente naturale, una figura che non diventa mai un reale antagonista, ma che riesce nel suo intento di determinare un conflitto di non facile soluzione. Miyazaki ha una capacità sbalorditiva nel creare universi fantastici eppure plausibili, riuscendo sempre a proporre personaggi indimenticabili, come la piccola Ponyo, naturalmente adorabile. Rende ancor più grande questo piccolo film l'immancabile umorismo di marca nipponica, che si illumina delle geniali intuizioni della regia di Miyazaki e di un'infinita tenerezza che non diventa mai stucchevole per eccesso di zucchero.
A chiudere il film una divertente canzoncina che è già cult.