Sir Patrick Stewart non è solo un grandissimo attore, socio onorario della Royal Shakespeare Company di cui è membro dal 1967, ma anche una vera e propria icona. Lo è diventato grazie a due ruoli popolari come quello di Jean-Luc Picard nell'universo di Star Trek e quello del professor Xavier degli X-Men, così non stupisce l'attenzione per una serie come Star Trek: Picard, che lo vede tornare a vestire i panni dell'ex-ammiraglio della Flotta Stellare dopo diciotto anni da Star Trek La Nemesi.
Un ritorno di cui abbiamo avuto modo di discutere con lui in un'intervista realizzata durante l'ultimo Lucca Comics, una piacevole chiacchierata con lui e la sua co-protagonista Isa Briones, che nella serie interpreta la misteriosa Dahj (del primo episodio della serie abbiamo parlato nella nostra recensione di Star Trek: Picard). Con loro abbiamo discusso del ritorno di Picard, ovviamente, ma anche dell'influenze teatrali di entrambi e di un aspetto di cui l'universo di Star Trek non può che andare orgoglioso: quello dello spazio dato a personaggi e interpreti di diverse etnie, caro alla giovane attrice di origini filippine.
L'importanza del cambiamento
Tornando a vestire i panni di Picard, l'ha trovato cambiato?
Patrick Stewart: Sì, in modo significativo. Ed è il motivo principale che mi ha fatto scegliere di tornare a interpretarlo, nonostante avessi detto no per anni e avessi considerato quel capitolo chiuso. Una scelta non dissimile da quella che ha portato me e Hugh Jackman a fare Logan come ultimo film degli X-Men, perché ambientato in un mondo molto diverso da quello della scuola per giovani dotati [nota: un lapsus l'ha portato a dire "la scuola dei giovani dotati di Picard", invece che di Xavier, provocandogli un sorriso e un "oh, sarebbe stato interessante!"). È stata l'assicurazione dei produttori di Star Trek: Picard che erano determinati a creare un mondo diverso, che gli anni passati avevano condotto la Flotta, la Federazione e la Galassia in un contesto diverso da quello in cui l'avevamo visto l'ultima volta. Mi ha intrigato e più parlavamo di che tipo d'uomo fosse diventato Picard, più mi convincevo che sarebbe stato il mio lavoro successivo.
Dopo una carriera così ricca e densa di ruoli iconici, dove trova ancora la passione per fare questo lavoro?
Patrick Stewart: Sin dall'inizio della mia carriera, ho sempre cercato contrasto e cambiamento ogni volta che è stato possibile. Credo che qualcuno una volta mi abbia detto che è perché sto ancora cercando me stesso, perché ancora non so chi sono e mi immergo in personaggi così diversi nella speranza che uno di loro si riveli il vero me. Un pensiero interessante, ma non credo del tutto corretto. In passato mi sono dedicato molto all'insegnamento, tra lezioni, masterclass e laboratori, ma non lo faccio più perché non credo di sapere sul serio come funziona, di essere qualificato per essere d'esempio a studenti. Ho un unico messaggio per loro ed è "dovete essere coraggiosi!" Niente altro. Perché quando ho iniziato ero timido e pensavo che tutti ne sapessero più di me, dai registi agli altri attori, e mi limitavo a seguirli. Ma ripenso al passato solo per due monologhi che ho fatto sedici anni fa, da solo sul palco. Quello che mi ci riporta è che il mondo è cambiato da allora e posso portare questi cambiamenti nella storia che devo raccontare, da solo sul palco per due ore. Il dover trovare un modo nuovo di interpretarli, un modo diverso di stare di fronte al pubblico. È questo che mi emoziona.
Isa Briones: È verissimo. È proprio questo che emoziona, il trovare qualcosa di nuovo ogni volta che torni sul testo e riguarda tutti gli attori di teatro. Ma è anche ciò che rende il lavorare insieme così eccitante, quella costante ricerca di qualcosa di nuovo, di fresco, di nuove idee e creatività.
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Tener fede alle proprie radici
La comunità asiatica americana l'ha ringraziata per questo ruolo. Che significato ha per lei questa riconoscenza?
Isa Briones: L'ho saputo subito. La comunità asioamericana è molto unica, soprattutto nel settore, così ogni volta che vediamo uno di noi avere successo, ne siamo felici. Star Trek è sempre stato molto aperto verso questo tipo di progresso e come mio padre, da bambino, poteva guardare a George Takei, oggi c'è anche Michelle Yeoh in Star Trek: Discovery. È qualcosa che c'è sempre stato, ma ora la comunità filippina è su di giri perché è la prima volta che vedono una ragazza di origini filippine in Star Trek. Per me significa tantissimo, perché mi arrivano messaggi da tutte queste ragazzine filippine, o parte filippine, o asiatiche in generale, che mi dicono quanto sia speciale vedermi su schermo. Ma lo è anche per me essere d'esempio per loro, è una sensazione nuova per me che mi rende orgogliosa di essere parte di tutto ciò.
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Dal teatro, tra variazioni e creazione
Entrambi venite dal teatro. C'è qualcosa delle vostre influenze classiche e shakespeariane che avete portato in questi ruoli e nello vostre carriere?
Patrick Stewart: Il primo ruolo shakesperiano che ho recitato veniva dal mio insegnante d'inglese. Ho frequentato un istituto tecnico, con molta attenzione per il lavoro con legno e metallo, e un po' di scienza, ma un giorno questo insegnante ci ha dato questi copioni, copie de Il mercante di Venezia, e ci ha detto di andare alla famosa scena del processo. Mi ha dato il ruolo di Shylock e ha assegnato quello di Antonio e gli altri, poi ha detto "OK, iniziate a leggere!" e noi abbiamo letto. Ma ci ha fermati: "no, idioti! Non a voi stessi, non è un romanzo, è un'opera teatrale, lo dovete leggere ad alta voce!" E l'abbiamo fatto. Ma non avevo idea di cosa stessimo facendo, era confuso e difficile, eppure ci fu qualcosa con cui sono entrato in sintonia, anche se ancora non so bene cosa. Quell'insegnante è ancora vivo, ha 96 anni, ne ho parlato con lui, ma ho anche interpretato Shylock professionalmente in cinque diverse produzioni e continuo a tornarci perché sento di non averlo ancora compreso a pieno. Per questo continuo a guardarlo da diverse angolazioni. Ed è indicativo di quanto gli scritti di Shakespeare, soprattutto per quanto riguarda i suoi personaggi principali, siano pieni di contraddizioni e cose spiazzanti, di elementi che un momento sembrano importanti e quello dopo no. Ed è questo numero infinito di scelte che Shakespeare dà che mi hanno spinto a diventare un attore.
Isa Briones: Mi sono detta più volte di essere felice di aver iniziato dal teatro, perché ti fortifica in un certo senso. Quando sono arrivata a questo ruolo ero nervosa, ma con il mio background mi sono detta "ok, creiamo qualcosa!" ed è bellissimo, ma la vera sfida è che non avevo mai realmente creato un personaggio prima, mi ero limitata a entrare in qualcosa che già esisteva. Ero diventata Peggy, Mariah o Natalie, ma tutti erano già consolidati prima del mio arrivo, mentre questa è la prima volta in cui ho avuto l'occasione di portare Dahj dove volevo, di decidere che storia darle e come renderla. È stato schiacciante, ma allo stesso tempo ho capito quanto fosse bello avere la libertà di mettere me stessa nel personaggio.