"Spazio, ultima frontiera. Sopra di noi, attorno a noi, dentro di noi. Abbiamo sempre guardato alle stelle per scoprire chi siamo." Inizia così il primo episodio della seconda stagione di Star Trek: Discovery, omaggiando il classico monologo di James T. Kirk e Jean-Luc Picard e al contempo alludendo al titolo della sesta incarnazione catodica del franchise creato da Gene Roddenberry.
Un ibrido che è una sottile dichiarazione d'intenti, poiché il ritorno del nuovo spin-off, su CBS All Access negli Stati Uniti e Netflix nel resto del mondo, con nuove puntate a ritmo settimanale, è una vera e propria fusione di due mondi. Se già la prima stagione conteneva diverse contaminazioni della serie tv classica, dai Klingon al Mirror Universe passando per la presenza ricorrente di Sarek, padre adottivo della protagonista Michael Burnham, la seconda porta l'unione allo stadio successivo, introducendo come nuovo personaggio fisso uno dei primi eroi della saga. Anzi, il primissimo: Christopher Pike.
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Un eroe occasionale
Creato da Roddenberry nel 1965, Pike è stato tecnicamente il primo comandante dell'astronave Enterprise sullo schermo (mentre nella cronologia del franchise fu il secondo, come svelato nello spin-off animato del 1973), protagonista del pilot originale di Star Trek che la NBC bocciò perché troppo "cervellotico". L'inizio della serie primigenia fu pertanto rimaneggiato, e Pike fu sostituito da Kirk (solo Spock, e il suo interprete Leonard Nimoy, rimase a bordo dopo la transizione). Apparve poi nella prima stagione, sfigurato e interpretato da un altro attore, in un episodio in due parti che incluse, tramite materiale d'archivio, il pilot originale nel canone del franchise (la puntata intera rimase invece inedita fino al 1988, quasi vent'anni dopo la cancellazione dello show). Ha poi avuto un ruolo maggiore nei primi due capitoli del reboot cinematografico ideato da J.J. Abrams, fungendo quasi da mentore per il giovane Kirk.
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Farlo tornare ora ha senso, essendo Star Trek: Discovery un prequel ambientato una decina d'anni prima del prototipo (e la premiere di stagione conferma sottilmente che la linea temporale è quella classica, tramite una foto di Pike con le fattezze di Jeffrey Hunter, che lo interpretò cinque decenni fa). Ha senso perché consente agli autori di esplorare un periodo per lo più ignoto (almeno sullo schermo) della storia del franchise e di ricollegarsi a ciò che conosciamo senza per forza tirare in ballo personaggi triti e ritriti, un elemento che l'episodio stesso commenta ma senza ricorrere all'autoironia. Quest'ultima è invece presente quando Pike ha il compito, inevitabile, di mettere alla berlina la discrepanza visiva e tecnologica tra la serie del 1966 e quella di oggi, dicendo che per la Discovery la Federazione ha palesemente speso più soldi. Una punta di humour che sfiora la punta dell'autocompiacimento ma riesce comunque a strappare un sorriso, mentre per le risate vere e proprie c'è un'altra new entry, la comica Tig Notaro, che se ne esce con la battuta più memorabile dell'episodio dinanzi a un pericolo imminente: "Meno male, e io che temevo che stessimo per morire."
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Un nuovo viaggio
La prima stagione si concludeva con l'entrata in scena improvvisa dell'Enterprise, mentre l'inizio della seconda accantona quasi del tutto la storica nave stellare, la cui avaria provvisoria è all'origine di una delle tre storyline che a quanto pare domineranno principalmente la struttura orizzontale dei tredici episodi a venire: Pike è, per ora, il nuovo capitano della Discovery, e guiderà l'equipaggio nel tentativo di risolvere il mistero dei sette misteriosi segnali rossi apparsi in punti diversi del cosmo (questa la seconda linea narrativa). Tutto chiarito ed esplicitato nei circa 55 minuti dell'episodio (esclusi i credits e il riassunto iniziale), per dare alla nuova annata un'identità più chiara ed immediata, laddove il ciclo inaugurale sembrava cambiare pelle ad intervalli regolari (il pilot bipartito fu particolarmente fuorviante, sebbene questo fosse intenzionale). Il nuovo comandante lo dice anche con fare ammiccante, affermando di non essere come il defunto Gabriel Lorca (ma proprio come Jason Isaacs a suo tempo, il nuovo arrivato Anson Mount non fatica ad imporsi come la presenza più strepitosa). E così, dopo una fase introduttiva un po' claudicante, che portò alcuni fan di vecchia data ad ironizzare sull'abbreviazione del titolo dello show (in inglese STD significa anche sexually transmitted disease, malattia venerea), siamo pronti per un'avventura più stringata - quattordici episodi contro i quindici della prima stagione - e mirata, al fine di scoprire per davvero nuove zone di un universo conosciuto. Forse non arriveremo esattamente là dove nessun'altra serie di Star Trek è giunta prima, ma il percorso attuale promette comunque un viaggio nell'iperspazio con qualche novità.
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Fratello, dove sei?
Si prospetta anche un percorso più intimo e personale, con uno spazio maggiore per il privato dei vari membri dell'equipaggio (di cui Pike si prende la briga di memorizzare tutti i nomi, indice di una possibile volontà di espandere quel versante della narrazione). C'è Paul Stamets, tormentato da visioni del defunto compagno Hugh Culber, e quindi desideroso di lasciare la Discovery per trovare un minimo di pace altrove, dando inizio a una sottotrama che si preannuncia importante, a giudicare dai titoli di testa (Wilson Cruz, interprete di Hugh, non è più una semplice guest star). E poi c'è Burnham, protagonista di quella che probabilmente sarà la terza storyline maggiore del nuovo corso narrativo: la ricerca di Spock, assente dall'Enterprise e tormentato da incubi legati ai segnali rossi. Il personaggio più noto e amato di tutto il franchise è una presenza ingombrante che la premiere aggira mostrandocelo solo come bambino (della versione adulta, che avrà il volto di Ethan Peck, si sente la voce e basta). È però evidente la sua importanza per l'evoluzione caratteriale della sorella adottiva, così come quella di lei per lui, come suggerito da una cruciale rivelazione di Sarek: egli si prese cura di Michael nella speranza che Spock imparasse dalla sorella umana il concetto dell'empatia. Una strategia logica? La risposta nelle settimane a venire.
Movieplayer.it
4.0/5