Star Trek: Discovery 3x13, recensione del finale di stagione: si spegne il Fuoco

La recensione del finale della terza stagione di Star Trek: Discovery, che chiude in modo un po' maldestro un'annata inizialmente molto promettente.

Star Trek Discovery Stagione 2 Saints Of Imperfection 2
Stark Trek Discovery: Sonequa Martin-Green nell'episodio Saints of Imperfection

Ci siamo: con la recensione di Star Trek: Discovery 3x13 siamo al finale per quanto riguarda la terza annata di uno show che sembrava finalmente disposto a reinventarsi e dare un bello scossone narrativo a un franchise che troppo spesso cede all'impulso di attaccarsi al passato (vedi anche il reboot cinematografico di J.J. Abrams, che dopo aver letteralmente tagliato i ponti con le incarnazioni precedenti tramite la creazione di una nuova linea temporale ha poi deciso subito di darsi ai remake ufficiosi nel secondo capitolo, riesumando la figura di Khan Noonien Singh). Scossone che c'è effettivamente stato nella prima metà della stagione, incentrata sul doversi abituare a un mondo dove nulla è come prima (una metafora involontaria - poiché gli episodi erano in produzione prima della pandemia - non priva di interesse), per poi cedere il posto nella seconda alla classica formula della serie, dove le idee forti non corrispondono a una conclusione altrettanto solida (al netto della decisione di spostare i protagonisti in una linea temporale diversa al termine della seconda annata).

Ritorno alle origini

William Shatner, Leonard Nimoy, DeForest Kelley, Nichelle Nichols e George Takei in una foto promozionale della serie Star Trek
William Shatner, Leonard Nimoy, DeForest Kelley, Nichelle Nichols e George Takei in una foto promozionale della serie Star Trek

Il finale della terza stagione di Star Trek: Discovery si chiude con una citazione di Gene Roddenberry in persona: "In un certo senso, siamo tutti alieni su un pianeta straniero. Passiamo buona parte delle nostre vite a cercare di comunicare. Se durante la vita riusciamo realmente a comunicare con due sole persone, siamo molto fortunati." Un messaggio indubbiamente pertinente, e non privo di una certa potenza emotiva alla luce del contesto in cui abbiamo visto questi tredici episodi, ma anche un sintomo di ciò che è il più grande difetto dello show: l'eccessivo attaccamento alle radici. Un attaccamento sottolineato anche dal ritorno del tema originale di Alexander Courage per accompagnare la sequenza finale e i titoli di coda, ribadendo quanto sia difficile per i diversi spin-off staccarsi dal modello dello Star Trek primigenio. Il che è paradossale, perché in questo caso - e il discorso vale anche per Star Trek: Picard - il tentativo di staccarsi è stato forse ancora più dannoso.

Star Trek: Discovery 3x12, recensione: conflitti a bordo

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Star Trek: Picard - Patrick Stewart nel finale di stagione

Come abbiamo già avuto modo di dire, infatti, il franchise ideato da Roddenberry si contraddistingue solitamente per l'assenza di lunghi archi narrativi che occupano stagioni intere. O meglio, tali archi ci sono, da Star Trek: The Next Generation in poi, ma centellinati in piccole dosi da due o tre episodi a stagione (vedi la minaccia dei Borg), affidando il grosso della continuity all'evoluzione dei personaggi (l'esempio massimo è la ricerca dell'umanità da parte dell'androide Data) e non a una trama orizzontale. L'eccezione era Star Trek - Deep Space Nine, che dopo tre stagioni di storie per lo più a sé stanti introdusse un arco narrativo a lungo termine, quello del Dominio, che durò fino alla conclusione della serie (anche se gli autori avevano inizialmente promesso ai produttori che la storyline sarebbe finita nel giro di poco tempo). Le ultime due serie hanno invece puntato fin dall'inizio sulla continuity dura e pura, seguendo il modello di praticamente tutti i serial di fantascienza che vanno per la maggiore adesso o andavano dieci-quindici anni fa (basti pensare a Lost).

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Addio al Fuoco

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Star Trek: Discovery - una foto di scena della terza stagione

Quando abbiamo iniziato a seguire la nuova stagione sembrava che il team fosse pronto a lasciarsi alle spalle il peso di cinquant'anni di storia, puntando su un angolo dell'universo relativamente ignoto, dove la Federazione e la Flotta Stellare sono praticamente un fantasma a causa dell'impossibilità di viaggiare con i metodi ben noti. Il Grande Fuoco sembrava un dato di fatto, un elemento che definiva questo nuovo corso narrativo. Il primo dubbio sul contrario è venuto quando Saru - ancora il personaggio migliore della serie, e ora su una via che promette bene, lontano dalla Discovery - ha tirato fuori il paragone con il Medioevo e ha menzionato la presenza dell'equipaggio come possibile apripista di un Rinascimento. Così è stato: il Fuoco non era più un fenomeno da accettare, bensì un problema da risolvere. Ed eccoci quindi con una Federazione pronta a tornare in pista, e Michael - chi, se non lei - promossa a capitano. Una conclusione di per sé accettabile, se non fosse legata a uno dei peggiori lasciti della serie classica: la rivelazione che l'origine del cataclisma, un evento capace di alterare il destino di un intero sistema di alleanze interplanetarie, è stato provocato dalla crisi emotiva di un bambino dotato di capacità fuori dal comune. Un deus ex machina fin troppo letterale, legato a una storyline il cui unico scopo, con il senno di poi, sembra essere stato quello di far sì che la stagione arrivasse al tredicesimo episodio senza "distrazioni" autoconclusive.

Star Trek: Discovery 3x11, recensione: l'origine del fuoco

Star Trek: Discovery, un'immagine della serie
Star Trek: Discovery, un'immagine della serie

Al momento non si sa quando sarà pronta la quarta annata, ma probabilmente non prima dell'inizio del 2022, anche a seconda di come sarà gestita la seconda stagione delle avventure di Picard (le riprese, rimandate per cause di forza maggiore, inizieranno a breve). Sarebbe però auspicabile, e forse il tema di Courage è un indizio in tal senso, tornare a una struttura più episodica, senza che l'intera stagione sia dominata da una trama a lungo termine che, a conti fatti, rischia di non apportare nulla di nuovo. Da quel punto di vista, è un raro caso in cui tornare alle vecchie tradizioni sarebbe un bene: non occorre che lo show ricicli situazioni e personaggi del passato, ma replicare la struttura del capostipite, o meglio ancora quella dei primi spin-off, dove occasionali sottotrame alimentano la continuity ma senza imporsi eccessivamente, male non farebbe. Perché di questo passo, dopo la falsa promessa dell'inizio della stagione, è forse vano aspettarsi che la serie abbia veramente il coraggio di andare là dove nessuno è mai stato prima.

Conclusioni

Chiudiamo la recensione di Star Trek: Discovery 3x13 e con essa le nostre considerazioni sulla terza stagione, molto promettente all'inizio ma poi progressivamente in linea con le non eccelse tradizioni dello show.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
4.6/5

Perché ci piace

  • Gli attori danno il loro meglio.
  • Il futuro annunciato per Saru è molto interessante.
  • Le sequenza d'azione sono molto efficaci.

Cosa non va

  • La storyline del Fuoco finisce in modo mediocre.