Spirit – Il ribelle e Baby Boss 2: i retroscena al Festival di Annecy

La DreamWorks Animation è stata protagonista dell'edizione 2021 del Festival di Annecy con panel dedicati ai sequel di Baby Boss e Spirit - Il ribelle.

Spirit Il Ribelle 9
Spirit - Il ribelle: un'immagine

Da sempre molto legata al Festival di Annecy, uno dei principali appuntamenti mondiali per gli appassionati di animazione, la DreamWorks non ha mancato l'appuntamento neanche nel 2021, con ben due Making Of preregistrati e dedicati a due dei nuovi titoli dello studio: Baby Boss 2, che arriverà nelle sale americane il 2 luglio (in Italia a ottobre) e Spirit - Il ribelle, che in patria è già disponibile al cinema e sulla piattaforma streaming Peacock e nelle sale italiane arriva questa settimana grazie alla Universal. Realizzati a distanza, negli Stati Uniti, a causa delle misure sanitarie che rendono ancora difficile recarsi in Francia per la kermesse, che si svolge in modalità ibrida con alcune proiezioni in presenza e altre attività esclusivamente online, i due panel combinano conversazioni tra addetti ai lavori e clip che approfondiscono i retroscena dei due progetti.

The Boss Sequel

Baby Boss: una scena del film d'animazione
Baby Boss: una scena del film d'animazione

A parlare di Baby Boss 2 - Affari di famiglia sono stati il regista Tom McGrath e il produttore Jeff Hermann. Il primo è molto schietto, con un pizzico di ironia sulle ragioni che si celano dietro il nuovo episodio del franchise, che ha anche uno spin-off seriale su Netflix: "Perché fare il sequel? La risposta non può essere 'Perché ha fatto una barca di soldi'. Ci deve essere un motivo a livello di storia. Cosa possiamo aggiungere al rapporto tra i due fratelli. Alec Baldwin [voce di Baby Boss in originale, n.d.r.] continuava a dirmi che il seguito deve essere come Il padrino - Parte seconda, cioè valido quanto il primo capitolo, se non di più." Entrambi i partecipanti al panel hanno esperienza in merito, come fa notare Hermann: lui ha lavorato a Kung Fu Panda, e McGrath a Madagascar (di cui è co-creatore e anche membro del cast, essendo la voce del pinguino Skipper in originale). "Siamo tutti e due abituati a lunghe riunioni su dove andare a parare con la trama." La soluzione è stata parzialmente dettata dal finale del primo Baby Boss, in cui Tim diventa padre a sua volta, ma stando al regista non era intenzionale: "Il finale del primo film non era un indizio per il sequel, era solo per chiarire che era tutto vero, il ragazzino non aveva immaginato gli eventi legati a Baby Boss."

Baby Boss: la commedia animata "aziendale" della DreamWorks

Baby Boss: una scena del film animato
Baby Boss: una scena del film animato

E così si è deciso di ambientare il secondo capitolo trent'anni dopo il primo, con un vantaggio a livello della galleria di personaggi a disposizione, come chiarisce Hermann: "L'idea di andare nel futuro con il sequel ci ha permesso di coinvolgere il resto della famiglia." In particolare, ha un ruolo importante la figlia di Tim, che si ritrova protagonista di una sequenza, mostrata durante il panel, che ne riproduce l'immaginazione: "Esteticamente ricorda l'animazione tradizionale, volevamo che riproducesse l'impianto visivo dei film con cui siamo cresciuti io e Jeff", spiega il regista. C'è anche un netto contrasto fra realtà e fantasia: "In sequenze come quella possiamo infrangere le regole, ma in generale il mondo è molto plausibile. Non è come nei corti di Bugs Bunny, qui la gente può farsi male sul serio." La parte più difficile della lavorazione è probabilmente stata la post-produzione, a causa dell'emergenza sanitaria. Spiega McGrath: "Il film è una commedia, e non essere in grado di mostrarla a colleghi e amici per proiezioni test è stato un bell'ostacolo. Con Jeff siamo arrivati a questa conclusione a livello decisionale per quanto riguarda le gag: se ridiamo noi, quasi sicuramente riderà anche il pubblico."

Questione di spirito

Spirit Il Ribelle 7
Spirit - Il ribelle: un'immagine del film animato

Si è parlato anche di Spirit - Il ribelle, sequel atipico poiché più che a Spirit - cavallo selvaggio, lungometraggio realizzato con tecniche tradizionali e uscito nel 2002, si rifà allo spin-off seriale in CGI che fa parte del catalogo di Netflix. Una cosa che in realtà la regista Elaine Bogan ha trovato di aiuto: "Potevamo arricchire il mondo di Spirit, e rispettare ciò che è venuto prima, ma allo stesso tempo avere una nostra libertà." Protagonista della vicenda è Lucky, ragazza di origine messicana che insieme a Spirit parte alla scoperta delle proprie radici. Un elemento che ha avuto un certo impatto sul co-regista Elio Torresan: "Mi ci sono riconosciuto per motivi personali, anche perché sono padre di una bambina." A lui dobbiamo anche la peculiare scena onirica nel film: "L'origine è stato un sogno febbricitante, ma non me lo ricordo benissimo. L'importante era far sì che il design fosse il più plausibile possibile all'inizio, per trarre in inganno il pubblico. Poi c'è la transizione quando gli spettatori si rendono conto che non può essere reale." Come nel primo film, ci sono diverse scene con pochi dialoghi: "È voluto, perché spesso con troppi dialoghi rovini la componente emotiva delle sequenze. Il più delle volte le parole non servono", sottolinea Torresan.

Spirit - Il ribelle, la recensione: un nuovo capitolo a misura di bambino