Baby Boss: la commedia animata “aziendale” della DreamWorks

Il regista di Madagascar e Megamind torna dietro la macchina da presa per raccontare in ottica inusuale la rivalità tra fratelli.

Baby Boss: una scena del film d'animazione
Baby Boss: una scena del film d'animazione

Il giovane Tim scopre che sta per diventare fratello maggiore e le sorprese non finiscono lì: il nuovo arrivato è infatti, all'insaputa dei genitori, un bebè con la mente di un adulto, in missione per conto della Baby Corp, la misteriosa azienda da cui provengono i neonati e che ha il compito di assicurarsi che i pargoli restino amati nel mondo intero. Baby Boss - questo il suo nome - ha un incarico dal quale dipende il suo futuro professionale e per fare in modo che tutto finisca bene i due "fratelli" saranno costretti a collaborare...

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Una nuova era

Con l'uscita di Baby Boss sembra aprirsi una nuova fase per la DreamWorks Animation: il lungometraggio diretto da Tom McGrath, già dietro la macchina da presa per il colosso dell'animazione con Madagascar, Madagascar 2, Megamind e Madagascar 3: ricercati in Europa, è infatti il primo film della major ad arrivare nelle sale dopo l'uscita di scena di Jeffrey Katzenberg, co-fondatore della DreamWorks insieme a Steven Spielberg e David Geffen e amministratore delegato del reparto dedicato all'animazione dal 2004 al 2016. Sotto la sua egida è nato il brand della DWA come fabbrica di prodotti irriverenti, destinati ad un pubblico più adulto rispetto alle opere "per tutti" della rivale Disney (della cui rinascita artistica Katzenberg fu uno dei principali architetti), e per lo più dominati dai rimandi alla cultura popolare e - in originale - voci famose come Eddie Murphy (Ciuchino in Shrek), Jack Black (Po in Kung Fu Panda) e John Malkovich (Dave ne I pinguini di Madagascar).

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Baby Boss: un'immagine tratta dal film d'animazione
Baby Boss: un'immagine tratta dal film d'animazione

Pur essendo stato approvato e realizzato mentre Katzenberg era ancora al potere, prima che la DreamWorks Animation fosse acquistata da NBCUniversal, per certi versi Baby Boss si discosta abbastanza radicalmente dal modello di cui sopra e rappresenta quindi idealmente una fase di transizione, con gli ammiccamenti ridotti al minimo indispensabile e una trama - basata su materiale pre-esistente, come la maggior parte dei prodotti più validi della DWA - che prescinde dalla necessità della voce VIP, pur potendo contare sul contributo di Alec Baldwin per il personaggio che dà il titolo al film (e in italiano il ruolo è stato affidato a Massimo Rossi, che ha doppiato l'attore americano in più occasioni, soprattutto in 30 Rock). L'importante, in questo caso, è l'alta concentrazione di gag, scaturite da una premessa intrigante che risponde in modo simpaticamente sovversivo a quella domanda che fanno sempre i più piccoli: da dove vengono i bambini?

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Riunioni, licenziamenti e pannolini

Baby Boss: un'immagine tratta dal film animato
Baby Boss: un'immagine tratta dal film animato

Pochi mesi fa avevamo avuto l'occasione di vedere un'altra commedia animata sul tema della venuta al mondo: Cicogne in missione, griffato Warner Bros. e basato su una struttura simile a quella di Baby Boss (incipit fantasioso seguito da trovate in rapida successione). A vincere il confronto è la DreamWorks per il semplice motivo che in questa sede la comicità è davvero un fiume in piena, senza tempi morti o gag che funzionano a intermittenza, con l'aggiunta di una maggiore cura per quanto riguarda l'animazione vera a propria: la tecnica digitale che è il marchio di fabbrica DWA dal 2004 è qui corredata da sprazzi di creatività realizzati artigianalmente per rappresentare la fantasia di un bambino, creando un romanzo di formazione teoricamente collocato in una zona intermedia capace di divertire sia i più giovani che i loro accompagnatori adulti.

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Baby Boss: un momento del film animato
Baby Boss: un momento del film animato

Diciamo "teoricamente" perché, per quanto arredata con battute esilaranti ed immagini incantevoli, la premessa generale è a tratti un po' troppo cervellotica per risultare pienamente fruibile dal pubblico infantile, mentre con i genitori c'è il rischio di saturazione con le gag legate alle funzioni biologiche, che possono ricordare un po' troppo da vicino gli inizi volutamente controcorrente della DreamWorks, la cui dichiarazione d'intenti nel 2001 fu simboleggiata da Shrek che usa un libro di fiabe come carta igienica. E poi c'è l'omaggio ad Americani, ottimamente confezionato ma pur sempre ancorato in una logica citazionistica che rende meno universale l'esperienza poiché richiede, se non la visione obbligata in versione originale, almeno la conoscenza del doppiatore principale in inglese.

Fratello, dove sei?

Baby Boss: un'immagine del film d'animazione
Baby Boss: un'immagine del film d'animazione

A conti fatti Baby Boss rimane comunque un'avventura cinematografica abbastanza godibile, soprattutto per una fascia d'età intermedia. Questo è ascrivibile all'approccio molto umano di McGrath nel definire i due protagonisti, legati da un rapporto sincero e coinvolgente che sarebbe stato difficile immaginare nel periodo più cinico della DWA. È piuttosto paradossale e al contempo pertinente che la progressiva maturazione dello studio raggiunga una sorta di culmine in un progetto che è anche una celebrazione dell'innocenza e dello spirito fanciullesco, un viaggio allucinante nella psiche dei bambini che va di pari passo con la riaffermazione della creatività del mezzo animato da parte di coloro che lo avevano precedentemente trattato soprattutto come uno strumento puramente commerciale.

Movieplayer.it

3.5/5