Soul: la conclusione della trilogia esistenziale di Pete Docter

Soul, il nuovo film della Pixar, conclude un percorso tematico comune agli ultimi film di Pete Docter: ecco come Up, Inside Out e Soul sembrano dare vita a una trilogia esistenziale.

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Soul: il barbiere Dez in un'immagine del film

C'era molta attesa per Soul, il nuovo film della Pixar diretto nuovamente dal veterano Pete Docter. L'attesa di poterlo vedere al cinema (l'uscita era fissata per settembre, poi posticipata a novembre, prima della scelta di pubblicarlo direttamente su Disney+ il giorno di Natale), l'attesa per un nuovo film diretto dal regista che ha sempre usato l'animazione per spingersi al di là dei limiti canonici attraverso idee originali e rischiose. Un'attesa che derivava anche da una piacevole curiosità: come riusciranno a mettere in scena, visivamente, il mondo interiore dell'anima di una persona? Come abbiamo potuto scrivere nella nostra recensione del film, Soul compie l'ennesimo miracolo tecnico e narrativo a cui lo studio ci ha abituato, rivolgendosi questa volta a un pubblico sicuramente più adulto rispetto al solito. Merito degli argomenti trattati, simili agli ultimi film del regista Pete Docter: un mondo interiore e astratto come in Inside Out per parlare delle emozioni e di ciò che ci rende vivi e la ricerca (o il ritrovamento) del senso della vita come in Up. Il film del 2020 chiude il discorso di una trilogia esistenziale che il regista ha affrontato, funge come ennesimo tassello narrativo che ne prosegue il discorso e, allo stesso tempo, ne è perfetta conclusione. Attenzione: l'articolo contiene spoiler su Soul.

Up: la vita non finisce a 78 anni

Una immagine di Up (2009) con Carl Fredricksen da giovane, e la sua amata Ellie.
Una immagine di Up (2009) con Carl Fredricksen da giovane, e la sua amata Ellie.

Burbero, scorbutico, cinico e freddo: ecco a voi Carl Fredricksen, il 78enne protagonista di Up. Mai ripresosi da un lutto che sembra avergli interrotto i sogni di una vita (la morte della moglie Ellie), il vecchio Carl sarà spronato e costretto da Russell, un giovane boyscout, a vivere una vera e propria avventura. Il capolavoro del 2009, vera e propria punta di diamante della Pixar, attraverso il tono da racconto d'avventura pura e old style (c'è dell'ingenuità che richiama le storie che Carl, Ellie e Muntz potevano leggere o guardare al cinema) riusciva ad affrontare una tematica a prima vista nascosta, ma non meno importante: Carl è, essenzialmente, un uomo depresso incapace di ritrovare una passione, una scintilla (segniamoci questo termine, perché lo ritroveremo più avanti), per continuare a vivere. È come se, spinto dal commovente legame che ha con la moglie, fosse morto con lei (o vorrebbe raggiungerla: i palloncini che lo fanno ascendere al cielo sono una metafora visiva). Carl rimane in attesa, in un limbo temporale in cui anche se esiste nel presente, in realtà vive nel passato.

Un'immagine del film d'animazione Up
Un'immagine del film d'animazione Up

Non a caso la sua poltrona è posta accanto a un'altra vuota, dove è seduto un fantasma invisibile agli occhi dello spettatore, una presenza costante per Carl, un ricordo che fisicamente è sempre lì a ricordargli i rimpianti di una vita sprecata. Il vecchio si riconosce in un libro di fotografie che sembra vuoto, pieno di pagine bianche: "Il libro delle mie avventure" è un quaderno dove le prime pagine sono occupate da ritagli e sogni infantili per poi concludersi, secondo quello che ha sempre creduto Carl, con un'ultima pagina riempita. Non ci sono "Cose da fare", la sua vita è vuota, i suoi sogni sono svaniti, con Ellie non ha potuto fare nulla. Fino al momento dell'epifania, quando si accorge, a tanti anni di distanza, che le pagine successive sono riempite dalla vita che Ellie ha passato con lui. "Grazie per l'avventura. Ora va', e vivine un'altra!": è questo il messaggio che la moglie lascia al marito, un messaggio che Carl vede sicuramente tardi, ma con la possibilità di ricominciare, finalmente, a vivere. Accantonati i fantasmi del passato, superato il trauma, raggiunta la consapevolezza di non avere sensi di colpa per non aver dato alla moglie un'avventura come sognavano, ora Carl può ritrovare quella passione che da tempo gli mancava. È una nuova vita, per lui.

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Inside Out: morte e rinascita nella crescita interiore

Inside Out: Riley disprezza i peperoni nella versione giapponese
Inside Out: Riley disprezza i peperoni nella versione giapponese

Se Carl compie un'evoluzione nei confronti della vita, Riley Andersen, l'undicenne di Inside Out è costretta a venire a patti con un cambiamento non solo fisico (il trasloco e lo spostamento in una nuova città), ma anche emotivo. Nel passaggio tra l'infanzia e l'adolescenza, Riley vedrà scomporsi e riunirsi la sua emotività interiore affrontando una fase di crescita delicata. Raccontandola dal punto di vista interiore, all'interno della mente e dello spettro emotivo della ragazzina, Inside Out è un'altra storia di morte e rinascita. Le due emozioni principali, Gioia e Tristezza, vengono allontanate improvvisamente dal quartier generale emotivo lasciando che Paura, Disgusto e Rabbia prendano il sopravvento, incapaci di gestirsi. Ancora una (leggera) depressione per la protagonista del film, come con Carl. Ma se lì il percorso che portava a un'epifania e a una risoluzione del conflitto era dato da un oggetto esteriore e fisico, qui il cambiamento avviene all'interno di sé. È la semplice crescita, un normale passaggio in cui la semplicità e le "isole" che formavano i punti fissi della vita di Riley (la famiglia, l'hockey come propria passione...) si distruggono e si ricompongono, più sfumate, più complesse, meno estreme.

Inside Out: Tristezza e Gioia in una scena del film d'animazione
Inside Out: Tristezza e Gioia in una scena del film d'animazione

Il secondo capitolo di questa trilogia esistenziale è in perfetta antitesi rispetto al primo: dalla storia individuale di Up a una che si riferisce al collettivo (tutti cresciamo, tutti abbiamo provato questi cambiamenti), da vicende esterne (fuori da noi) a interne (dentro di noi). In entrambi i casi permane il senso di rinascita, di nuova vita. Si scaccia, inoltre, la paura della morte dopo averne avuta esperienza (la morte di Ellie per Carl, quella - più simbolica - della bambina interiore di Riley). Con una differenza fondamentale: se Carl raggiunge una sorta di conclusione diventando una figura famigliare per Russell e lasciando la sua vecchia casa di fianco alle cascate tanto desiderate da Ellie, quella di Riley è l'inizio di una nuova fase che porterà ancora una volta, in futuro, a ennesimi cambiamenti. Non c'è un vero e proprio finale in Inside Out, solo l'interrompersi di un percorso che sembra aver raggiunto un nuovo punto di partenza (e la battuta di Gioia che conclude il film, che riprende una delle prime battute, è indicativa in tal senso). Il ciclo proseguirà, perché la vita va avanti.

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Soul: ritorno alla vita

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Soul: un'immagine del film

E arriviamo all'ultimo capitolo. Riprendendo una struttura tipica delle trilogie, Soul è la perfetta sintesi dei due capitoli precedenti. Protagonisti sono un adulto, Joe Gardner, pianista che ha una forte passione per il jazz ma non ne ha mai trovato la completa realizzazione e un'anima di nome 22, che nel design ricorda una bambina, ma che è di fatto qualcosa (chiamiamola una persona) che ancora deve nascere. Il primo avrà un'esperienza di morte che lo porterà a trovare un modo per riappropriarsi del proprio corpo fisico mentre la seconda deve trovare una scintilla per iniziare finalmente a vivere. Ambientato sia in un mondo astratto, quello dell'Ante-Mondo, che in quello reale di New York, Soul conclude il discorso iniziato con Up un decennio prima. Come per Carl, Joe si renderà conto della vacuità della sua vita, capace di trasformare una passione in un'ossessione sacrificando tutto ciò che non era jazz (la fantomatica Lisa che non vuole risentire, i discorsi dal barbiere, il rapporto con i suoi studenti).

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Soul: una sequenza del film

Sembra una vita passata a lottare per sé stesso e invece, come è dimostrato nell'Ante-Mondo, è stata una vita pressoché vuota, lontana dalla felicità. Al contrario, a 22 manca proprio quella scintilla che possa spingerla a diventare qualcuno e a scendere finalmente nella Terra. Per gran parte del film si pensa che la scintilla sia uno scopo, per poi rendersi conto che è quella della vita stessa. L'epifania avviene attraverso uno scambio di corpi: Joe tornerà nel mondo fisico nei panni di un gatto, 22 proverà la bellezza della vita nel corpo del pianista. Con una delle scene più belle ed emozionanti dell'anno, Joe, una volta ritornato nei propri panni, si rende conto di cosa gli era mancato: le piccole cose, i piccoli gesti, le piccole gioie. In poche parole, la vita. Ormai resosi conto dei suoi errori, Joe è pronto ad accettare la morte, ma gli viene data una seconda possibilità. Allo stesso tempo, da anima perduta, 22 potrà finalmente smettere di essere un numero: la vita raccontata non è la stessa cosa di quella vissuta davvero. Da cinica e ribelle, contraria all'esistenza, 22 si rende conto della bellezza del mondo caotico e imperfetto contro la fredda meraviglia dell'Ante-Mondo. Entrambi i protagonisti sono pronti a ritrovare un senso alla loro esistenza. Un'esistenza che ci circonda costantemente attraverso i suoni, la musica, le foglie, le luci, i ricordi, i sensi.

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Assaporarne ogni istante

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Soul: un'immagine del film

Tre film che parlano di morte e (ri)nascita. Tre protagonisti che fanno un'esperienza di morte (o anti-vita) per poi ritrovare quella scintilla che mancava anche a 22. Attraverso mondi esterni, interiori o astratti e avventure da film, le tre opere di Pete Docter sembrano guidare lo spettatore attraverso una nuova consapevolezza del mondo e della vita stessa. Tre fasi prese singolarmente (infanzia/adolescenza, maturità, vecchiaia) per dimostrare che non è mai troppo tardi per continuare a vivere, nonostante i lutti e le tragedie che la stessa vita può regalare. L'imprevedibilità del jazz è la vita messa in musica, l'avventura di Carl ed Ellie ne è il lato sognatore, lo sviluppo delle emozioni è la rappresentazione del tempo della vita. Non è un caso che, tra tutti i finali dei tre film, quello di Soul sia quello più improvviso, più aperto e più poetico. Il rinnovamento di Joe (un rinnovamento che avviene anche con Carl e Riley), vestito di tutto punto, pronto ad affrontare il mondo uscendo dalla casa, ovvero dalla sua comfort zone composta unicamente della sua passione ossessiva, è lo stesso rinnovamento che Docter invita ad abbracciare. E, con un gioco meta-cinematografico, sembra presagire un rinnovamento della stessa Pixar: dall'allontanamento di John Lasseter e qualche anno passato a lavorare su sequel di film già celebri, la nuova direzione di Pete Docter sembra prediligere nuovamente storie originali. Lo stesso regista, prima di dedicarsi a tempo pieno a direttore creativo dello studio, ha deciso finire di lavorare al suo film e non è un caso che l'anima sia 22, lo stesso numero dei film dello studio precedenti a Soul. Non è nemmeno un caso che questo 23esimo lungometraggio targato Pixar sia riuscito a mettere in scena l'anima stessa, il cuore pulsante di ogni essere umano. Il futuro della Pixar è Joe Gardner, primo protagonista afroamericano dello studio, che nell'ultima inquadratura non sa cosa succederà in futuro, ma è pronto ad assaporarne ogni istante. Come noi spettatori, allo stesso tempo bambini e adulti, che grazie a queste opere di grande cinema è come se riuscissimo a capire un po' di più di noi stessi. E del mondo che ci circonda.