E' dai tempi di Beverly Hills, 90210 che si cerca di far luce sul mondo degli adolescenti, non a caso il genere prende il nome di teen drama ma, per quanto appassionanti che siano, queste serie hanno spesso presentato alcuni limiti: attori troppo maturi e quindi poco adatti ad interpretare il ruolo (basti pensare a James Van Der Beek, il protagonista di Dawson's Creek, oppure il bellissimo Luke Perry di Beverly Hills); trame smielate e con un fondo di perbenismo sempre presente; la messa in scena di un mondo "patinato" che ostenta la ricchezza tipicamente americana (come non citare a questo proposito The O.C.). Skins è esattamente l'opposto di tutto ciò e le sue caratteristiche lo rendono una finestra sulla realtà giovanile molto più autentica. Innanzitutto le vicende non sono ambientate in una ricca contea californiana, ma nella Bristol britannica, caratteristica nelle vie, nei luoghi di ritrovo, nei pub, nelle semi detached house tipicamente inglesi.
La prima stagione è strutturata in nove episodi: ognuno di essi presenta di volta in volta uno dei protagonisti, focalizzando perciò l'attenzione sulla sua famiglia, le sue emozioni, il ruolo all'interno del gruppo. In questo modo conosciamo da vicino i personaggi, ci vengono mostrati i loro segreti e le loro paure di diciassettenni e non diventa difficile ritrovarsi nel loro mondo. Ciò che, infatti, risulta sorprendente, è la facilità con cui vengono affrontate tematiche che generalmente l'opinione pubblica considera tabù, ad esempio il sesso esplicito o l'incontrollato uso di droghe (il termine Skins fa riferimento all'espressione gergale inglese che indica le cartine degli spinelli); il tutto è accompagnato da un linguaggio triviale, da comportamenti in apparenza scorretti e amorali. L'intero insieme serve semplicemente a mostrare, nella reale ed amara autenticità, come sono gli adolescenti, il perché si atteggiano in una certa maniera, cosa li spinge ad essere così e, inevitabilmente, il dito viene puntato contro la società, gl'insegnanti, la famiglia che, anziché mostrarsi come modello e guida, diventa la causa di tutti i mali. Non è difficile notare il ribaltamento dei ruoli: gli adulti sono ragazzini ancora più immaturi ed incapaci di costruire relazioni forti e, di conseguenza, i giovani sono costretti ad imparare a badare a sé stessi come meglio possono, rischiando di commettere grossi errori. I sentimenti hanno un peso notevole perché si presentano come ciò che fa muovere tutto, dalla rabbia, alla passione, all'amore, all'amicizia, vista quest'ultima soprattutto come forza in grado di vincere sulle insicurezze e sui problemi.
Il gruppo dei protagonisti comprende Tony, il ragazzo popolare e sicuro di sé ma che nasconde un animo estremamente fragile e la sua ragazza Michelle, provocante e in apparenza superficiale, ma continuamente alle prese con i problemi sentimentali suoi e della madre; Anwar, il musulmano credente ma confuso riguardo allo stile di vita che un giusto fedele dovrebbe seguire; Maxxie, il ballerino di tip- tap gay dichiarato; Cassie, la ragazzina anoressica con la "testa tra le nuvole" che però mostra un lato di sé terribilmente profondo ed intenso; Sid, il tipico nerd, innamorato della ragazza del suo migliore amico, timido ed impacciato; Jal, la clarinettista matura, in grado sempre di dare consigli e di aiutare gli amici; Chris, il più ribelle, innamorato della professoressa di psicologia; Effy, la sorella minore di Tony che, dietro all'immagine di ragazza per bene, nasconde una personalità plagiata dalle droghe. Gli attori, nonostante non siano dei professionisti (l'unico già visto è Tony, al secolo Nicholas Hoult, il bambino di About a Boy - Un ragazzo), si dimostrano molto capaci nell'interpretare la parte, esprimendosi con gran competenza e naturalezza.
Si passa con facilità dalle gag comiche alle situazioni più esasperate, raggiungendo toni drammatici, stemperati però da un alone di leggerezza, come per dimostrare che, nonostante tutto, le difficoltà dell'adolescenza sono superabili; ciò è reso possibile, ad esempio, dalla splendida colonna sonora che accompagna ogni episodio, offrendo un repertorio che va dal genere indie rock all'hip- hop, fino a giungere alla chiusura di questa prima stagione sulle note di Wild World di Cat Stevens, cantata per l'occasione dai nostri protagonisti, che trasforma la sequenza in una sorta di musical.
Oltre ad una sagace sceneggiatura, Skins si distingue anche per un'attenta regia, che sa esibire svariati movimenti di macchina e particolari scelte di montaggio (ne è un esempio il trip di Chris davanti alla vasca dei pesci rossi). Non solo, la promozione su Internet è ben sfruttata: è possibile scaricare alcuni brevi spezzoni della premiere della seconda stagione, in arrivo a metà febbraio su E4, sul MySpace della serie, oppure guardare gli unseen episodes, extra resi noti online, assieme alla puntata speciale Secret Party (nella quale, grazie ad un concorso, hanno partecipato come comparse alcuni fans).
Skins ha tutte le carte in regola per essere considerata un nuovo fenomeno di successo, con la speranza che riesca a scatenare lo stesso interesse anche in Italia, nonostante la programmazione in seconda serata e il doppiaggio che, inevitabilmente, fa sì che si perda la brillante autenticità dello slang inglese.