A volte ritornano. Lo fa anche il mitico John Woo a sei anni di distanza da Manhunt, remake di un noto poliziesco giapponese degli anni '70 diretto con l'obiettivo di ricalcare lo stile che più di altri lo aveva reso famoso. Non ha però fatto scalpore, Manhunt, nonostante l'anteprima al Festival di Venezia 2017 e l'uscita worldwide su Netflix, senza troppo passaparola. A ben guardare, invece, quel Woo di sei anni fa era forse il più desiderabile in questa seconda fase della sua carriera, padre di un cinema action-thriller che non c'è più, almeno per come era stato immaginato e diretto dall'autore.
E questo lo sa perfettamente anche Woo, che infatti con Silent Night - Il silenzio della vendetta sembra cambiare passo e tentare di adeguarsi agli standard di genere più moderni, a un cinema commerciale molto più spietato e qualunquista di vent'anni fa, figlio evoluto del nuovo millennio. Confeziona così un revenge movie concettualmente intrigante e venduto come un more of the same del filone che va per la maggiore, che è quello di John Wick, salvo poi rivelarsi tutt'altro in profondità, visceralmente differente e attaccato con vorace fame parassitaria a regole del passato che non funzionano più nel cinema mainstream contemporaneo, perlomeno non bene come un tempo.
Nel nome del padre
Una rocambolesca corsa al rallenty (in pieno stile Woo) apre il racconto di Silent Night - Il silenzio della vendetta. Brian Godluck (Joel Kinnaman) è vestito a tema natalizio, con uno sgargiante maglione rosso fantasia e persino un sonaglio dorato al collo. Corre per inseguire quelli che scopriremo essere gli assassini del figlio. Corre senza fiato, ricoperto di sangue, tenuto in piedi dalla furia di un padre che ha appena visto morire la propria ragione di vita davanti agli occhi, senza alcun motivo. Vuole uccidere i membri di quelle bande rivali che hanno sparato all'impazzata colpendo per sbaglio il suo bambino, togliendoglielo per sempre. Viene invece colpito alla gola da uno di questi criminali e spedito in ospedale. Quando si risveglia, la sua voce non c'è più, così come il suo spirito, morto insieme al figlio.
I tentativi della moglie di ritrovare l'uomo che era sono inutili: Brian non c'è più, al suo posto solo un guscio vuoto pieno di rabbia, dolore e rimpianti, finché non decide di vendicarsi e fare anche un favore a Los Angeles. L'obiettivo è quello di eliminare le gang che terrorizzano i quartieri periferici della città, scovarli tutti e ucciderli. Il giorno predestinato è quello del 24 dicembre, quella stessa vigilia di Natale che lo ha privato per sempre della sua vita. Ma Brian non è John Wick e neanche Mr. Nessuno: i personaggi addestrati, professionisti e pensionati di Dereck Kostald sono lontani, appannaggio di un mondo che non appartiene minimamente al protagonista di Silent Night che, anzi, rappresenta tutto l'opposto, l'uomo normale. È un'elettricista, Brian, non un assassino o una spia in ritiro. Per questo la sua vendetta necessità di una preparazione attenta e ragionata, di un allenamento sfiancante, di ricerca e intelligenza, anche se nonostante tutto la sua fallibilità sarà sempre e comunque la sola cosa certa della sua strategia.
Silent Night - Il silenzio della Vendetta, Joel Kinnaman parla di John Woo in un video esclusivo
John Who?
Il grande e insormontabile problema di Silent Night è il suo prendersi dannatamente sul serio. È così convinto della sua linea drammatica e introspettiva da sfruttarla molto più del suo audace concept, su cui ripiega concretamente negli ultimi 40 minuti. Il clou del progetto ci mette un'intera ora a manifestarsi, sessanta minuti in cui veniamo completamente travolti dalla sofferenza fisica e psicologica di un Joel Kinnaman credibile ma non entusiasmante (ci sono inquadrature che immortalano il suo overacting), da questo non richiesto bisogno della sceneggiatura di addentrarsi così a fondo nei frantumi emotivi di Brian, in un film sostanzialmente privo di dialoghi dedicato a una sanguinosa vendetta di un uomo con le corde vocali recise che vuole ammazzare dei criminali durante la vigilia di Natale.
C'è un chiaro problema di tono e di gestione dei tempi, ma anche di destinazione dell'attenzione del grande pubblico, a cui viene peraltro promesso un massacro entusiasmante che in realtà - e questo è invece il dramma - non arriva mai. In questo senso, è più interessante l'ora di preparazione che i quaranta minuti d'azione, dove peraltro c'è l'unica scena di combattimento corpo a corpo diretta con grinta e criterio da un irriconoscibile John Woo. Sì, ci sono i rallenty, il montaggio serrato, le sparatoria, ma in realtà è tutto troppo generico, tutto così poco ispirato. Siamo più dalle parti del Giustiziere della Notte con Charles Bronson (e quell'ideale di cinema) che da quelle di John Wick o Atomica Bionda. L'interesse è quello di mostrare a cosa può condurre il dolore di un uomo comune con un chiaro obiettivo e nessuna paura.
L'azione è secondaria, non così importante da immortalare attraverso stile e virtuosismi ricercati. Non c'è neanche uno stallo alla messicana, nessuna esagerazione pulp o estetica durante i conflitti a fuoco, nessuna allusione al wuxia o ai tanto amati western. È un Woo che veste una modernità che non gli calza più, pure quando prova a strutturare un ottimo piano sequenza sulla tromba delle scale (perché già fatto meglio da molti altri). Il regista è al pieno servizio della sceneggiatura, insomma, e scompare dietro la stessa con poco margine di movimento, dovendo assecondare persino delle scelte puramente cinematografiche davvero opinabili. Fosse rimasto tutto come quella corsa iniziale, a quest'ora ne staremmo parlando diversamente.
Conclusioni
Il ritorno di John Woo non è tra i più convincenti della sua carriera. Le promesse di Silent Night - Il silenzio della vendetta vengono meno rispetto alla qualità e alla quantità d'azione lungo tutta la durata del film, dove peraltro il mitico autore cult non è del tutto pervenuto, lontano dai suoi stilemi più classici e amati e invece asservito a una sceneggiatura che dà troppa importanza al dramma, in un revenge movie natalizio che avrebbe dovuto giocare molto di più con il suo audace concept e la grammatica cinematografica di Woo.
Perché ci piace
- Concettualmente il film è molto interessante.
- L'idea di un protagonista comune è molto valida.
- John Woo in regia "drammatica" funziona bene...
Cosa non va
- ... curiosamente meno in quella d'azione, priva di virtuosismi e poco ispirata.
- Non aspettatevi un "more of the same" di John Wick.
- Alcune scelte cinematografiche sono fuori tempo massimo.