Sherlock: la soluzione del problema

Terzo e ultimo episodio della seconda stagione della serie targata BBC: è scoccata l'ora della resa dei conti tra Sherlock Holmes e l'arcinemico Moriarty. Chi avrà la meglio?

La seconda stagione di Sherlock si conclude con un finale pirotecnico, confezionato ad hoc per colpire al cuore il pubblico. Il terzo e ultimo episodio, The Reichenbach Fall, attinge all'opera più problematica di Arthur Conan Doyle, il racconto L'ultima avventura (The Final Problem) che sigilla la raccolta Le memorie di Sherlock Holmes e, nell'intenzione dell'autore, pone fine all'esistenza della sua creatura. Difficile analizzare un episodio dalla qualità così elevata, talmente denso di riferimenti, omaggi, sorprese e colpi di scena, capace di fondere con sapienza un intricato plot_ mistery_ e un sguardo nell'anima dei protagonisti.

The Reichenbach Fall combina alla perfezione azione e dialogo. L'episodio è costellato da confronti fondamentali per lo sviluppo degli eventi, momenti chiarificatori che ci permettono di comprendere fino in fondo la vera natura di Sherlock Holmes, la fragilità celata dietro l'immagine dell'investigatore geniale, sprezzante ed egocentrico. Steve Thompson, collaboratore di Mark Gatiss e Steven Moffat, stavolta supera sé stesso nel firmare alcune delle scene più belle dell'intera serie: un dialogo intimo tra Sherlock e Molly, personaggio che in questa stagione è cresciuto tantissimo abbandonando il ruolo stereotipato della corteggiatrice impacciata per offrirci alcuni dei momenti di maggior sincerità dello show che la porteranno ad assumere una funzione salvifica per il detective, un lungo e sconvolgente confronto tra Sherlock e Moriarty che si consuma sul tetto del St.Bartholomew's Hospital, e che avrà conseguenze devastanti per entrambi, e una toccante telefonata tra Holmes e Watson da seguire con una scorta di fazzoletti a portata di mano.

La struttura di The Reichenbach Fall lo rende un unicum nella serie. L'episodio si presenta come un lungo flashback racchiuso in una cornice - l'incontro di John Watson con la sua psicanalista - che lo rende un capitolo a sé stante e allo stesso tempo lo riallaccia a Uno studio in rosa, che si apriva proprio con una seduta di terapia del traumatizzato reduce, ponendosi a chiosa della maxistruttura perfetta ideata da Moffat e Gatiss. Stavolta un trauma ancor più pesante attende Watson, la perdita del migliore amico, coinquilino, complice, colui che gli ridato una ragione di vita. Martin Freeman è chiamato alla prova più difficile e dimostra ancora una volta il suo enorme talento esprimendo un dolore trattenuto e composto, ma profondo nel momento in cui il consultant detective scompare. Il futuro Bilbo si conferma spalla perfetta di Benedict Cumberbatch sia nei momenti comici che in quelli drammatici. L'alchimia tra le due star è innegabile. D'altronde, senza la presenza di Watson, Sherlock Holmes non sarebbe costretto a tirar fuori la propria umanità, a guardare dentro sé stesso. Se ne L'ultima avventura ciò che spinge Holmes al confronto col temibile arcinemico è una motivazione egoistica dettata dall'ambizione, dalla brama di raggiungere l'apice della carriera, lo Sherlock magistralmente interpretato da Cumberbatch viene trascinato da Moriarty in un gioco mortale senza via di uscita e decide di sacrificare la propria vita per salvare le persone che ama: John Watson, Mrs. Hudson e Lestrade.
La sfida intellettuale lanciata dalla nemesi si rivela meno arguta e cervellotica del previsto. Moriarty apostrofa il nemico specificando "E' la tua debolezza. Tu vuoi sempre che tutto sia intelligente" e sottraendo a Sherlock non solo l'identità e la credibilità, ma anche l'unica certezza rimasta, quella di misurarsi con un nemico alla sua altezza. Colui che rifiuta l'etichetta di eroe si ritrova solo e disperato, vulnerabile come mai prima d'ora. Andrew Scott dà prova di eccezionale trasformismo dando vita a un criminale capace di grandi imprese - la sequenza della violazione dei sistemi di sicurezza della Torre di Londra e dell'accesso ai gioielli della corona è da antologia - e di altrettante bassezze, psicopatico all'ultimo stadio, ma abile al punto da ingannare una sprovveduta giornalista costruendosi una falsa identità di attore timido e male in arnese (Richard Brook, ancora un arguto gioco di parole visto che in tedesco il nome si trasforma in Reichenbach). Le cascate di Reichenbach, topos della mitologia generata dalla fervida mente di Doyle, con un geniale rovesciamento non rappresentano più il luogo in cui tutto ha termine. Apparentemente il ritrovamento del capolavoro di William Turner The Great Falls of the Reichenbach segna l'ascesa della fama di Holmes, mentre il duello finale si sposta sul tetto dell'Ospedale di St. Bartholomew, ma il fil rouge che lega questo episodio al precedente (ancora richiami alla pittura romantica ottocentesca, dopo Friedrich è la volta di Turner) difficilmente può essere ritenuto casuale. Che sia la spia dei tormenti che si celano nell'animo del detective sempre meno razionale e compassato?
In una tal ricchezza di eventi, twist, omicidi e fughe precipitose non mancano gli omaggi alla tradizione tanto amati dai fan più esperti. Il cappello alla Sherlock Holmes, brillantemente introdotto da Moffat in A Scandal in Belgravia, trova una sua canonizzazione grazie a Scotland Yard e diviene oggetto di uno degli scambi di battute più gustosi dell'episodio. Mycroft appare a tratti avvolto in una luce fosca, ma la scelta di collocarlo nel Diogenes Club, circolo esclusivo per gentiluomini frequentato dai potenti di Londra dove non è permesso rivolgere la parola agli altri membri, è un ulteriore colpo di genio. La scena in cui il povero Watson, ignaro delle regole del club, fa irruzione in cerca di Mycroft, contiene, inoltre, il cameo della leggenda Douglas Wilmer, interprete di Sherlock Holmes in alcune pellicole prodotte dalla BBC negli anni '60. Il drammatico finale della puntata rispetta il canone, lasciando il povero Watson da solo a sopportare il peso del dolore per la perdita dell'amico, ma per il detective più abile di Londra è scoccata realmente l'ora X? Gli ultimi fotogrammi dell'episodio e la conferma della messa in produzione della terza serie di Sherlock lascerebbero intendere il contrario.

Movieplayer.it

5.0/5