Scatola Nera: su Serially una serie che sembra uscita dalla Settimana Enigmistica

Ci siamo fatti raccontare dal regista Elia Castangia e dal co-autore e interprete Alessandro Betti Scatola Nera, la serie italiana disponibile su Serially in streaming gratuito. Tra Lost, La casa di carta e Rashomon.

Sul set di Scatola Nera

Serially è la piattaforma streaming gratuita italiana in cui si stanno aggiungendo man mano serie presenti precedentemente in altri cataloghi e che qui possono trovare una seconda vita. È il caso di Scatola Nera, comedy crime in due stagioni prodotta da Roberto Bosatra per ZEN Europe e diretta da Elia Castangia, già disponibile. La trama del serial intreccia i toni della commedia alle misteriose vicende private dei membri di una compagnia teatrale. Ogni personaggio raccontato in ognuno degli 8 episodi da 30 minuti, nasconde un segreto o una ferita profonda che influenza le loro azioni, mescolando la finzione teatrale con la cruda realtà.

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Il cast di Scatola Nera

La seconda stagione, intitolata Nella scatola nera, è un esperimento di storytelling: riparte dai tragici eventi accaduti nel finale del primo ciclo e, pur restando narrativamente indipendente, narra i 18 giorni successivi al crimine attraverso otto punti di vista differenti, quelli dei singoli personaggi che danno il titolo agli episodi. Tra le guest star Ale e Franz. Per l'occasione abbiamo incontrato virtualmente il regista e l'attore protagonista, anche co-sceneggiatori della serie, per raccontarci la genesi di quest'unicum seriale italiano.

Scatola nera: intervista ad Elia Castangia e Alessandro Betti

La nostra intervista parte dal titolo. Perché Scatola Nera? Perché è la custode dei segreti come quelli dei passeggeri di un aereo? Lo svela Elia Castangia: "Da un lato la scatola nera è la custode dei segreti - e i personaggi della serie vivono di segreti (ride), tutta la trama si sviluppa intorno a questo - dall'altro la scatola nera in gergo è il teatro consegnato nudo, quando fai uno spettacolo ti chiedono ti do la scenografia oppure una scatola nera? Soprattutto nella prima stagione c'è questo rapporto tra realtà e rappresentazione, attori che interpretano attori che fanno gli attori dentro la serie (ride), quindi i livelli di scatole nere sono tanti. I segreti sono sicuramente il cuore di tutte e due le stagioni".

Una serie... Crimedy

La serie verrebbe definita una crimedy. Forse bisogna ibridare le comedy per poterne ancora produrre? Alessandro Betti non è d'accordo: "Mi viene da dire che forse non abbiamo fatto un ragionamento di questo tipo. Siamo partiti dall'idea di raccontare una storia che per piacere avesse questa doppia anima e natura. Forse mettendo anche insieme quelli che sono gli attori più anziani, io, Antonio, Marta ed Enzo, che veniamo dal teatro ma abbiamo anche vissuto delle stagioni legate alla comicità. Questo unito ad una passione di Elia per le serie crime, è nata la sfida di poter raccontare questa storia così sfaccettata. Anche per il fatto che nella prima stagione gli attori devono mettere in piedi uno spettacolo comico, per propria natura hanno una doppia lettura e hanno delle parti drammatiche nascoste e delle parti comiche esposte per così dire, e si racconteranno in maniera ancora più approfondita nella seconda stagione".

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Uno dei personaggi della compagnia teatrale al centro della storia

Gli fa eco Elia Castangia: "Scatola Nera si è scritta da sola (ride). Noi avevamo in mente di creare due stagioni che fossero anche interscambiabili con in mezzo un omicidio. Da un lato quindi raccontiamo come si arriva a quell'omicidio. Dall'altro cosa determina un omicidio in un gruppo di persone che hanno avuto a che fare con la genesi di quell'omicidio stesso. Se la prima stagione è una crimedy, la seconda è più thriller perché ci siamo detti che non c'era poi più così tanto da ridere se era morto uno degli otto personaggi. Per quanto un tasso di comicità rimanga ma in modo più cinico dato il contesto".

Poi continua: "Sarebbe improprio dire che si tratta di una serie antologica, ma si può vedere tranquillamente prima Nella Scatola Nera e ci si trova di fronte un omicidio di cui non si sa nulla e insieme a Matilde Di Malta che è l'ispettore ci si affaccia su questi sette personaggi sopravvissuti per cercare di capire chi ha commesso il delitto e perché. Tra l'altro adoro il cattivo che si aggiunge nella seconda stagione. Poi si passa a Scatola Nera che diventa una sorta di origin story: cosa ha generato ciò che ha portato al crimine?"

Ispirazioni (e cospirazioni)

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Alessandro Betti è il capocomico Tobia

Episodi monografici. Flashback. Misteri. Impossibile non pensare a Lost guardando Scatola Nera. Come scherza Alessandro: "Avevamo sicuramente lo stesso budget (ride)" Spetta ad Elia raccontarci i principali titoli che hanno generato il serial: "Mi cancellerei la memoria solo per poter rivedere Lost da capo per la prima volta. Non solo per l'uso dei flashback che hanno fatto ma anche dei flashforward. Noi invece volevamo creare una serie che fosse una sfida per lo spettatore, dandogli degli strumenti perché quando si arriva alla fine si riconnettono i vari puntini. Entrambe le stagioni richiedono una certa attenzione, non si possono vedere così distrattamente proprio a causa dell'intreccio di questi personaggi, a cui abbiamo voluto molto bene, mi riportano alla mente tanti momenti di backstage. In quel periodo forse ci ispirò anche La casa di carta che avevamo un po' quel meccanismo con la rapina alternata alla costruzione di quella rapina".

Scatola nera, la recensione: imperfetti sconosciuti

Meta-teatro

La serie è anche accostabile al plot e al format di Perfetti Sconosciuti. Data la matrice teatrale, perché non realizzare anche una versione in palcoscenico? Entrambi sono entusiasti all'idea e Betti ci racconta di aver visto a teatro proprio Dobbiamo parlare, il film di Sergio Rubini divenuto spettacolo proprio per la sua matrice. Dice Castangia: "La prima stagione è figlia del teatro, perché lo spettacolo che loro rappresentano dentro il caveau della banca è uno spettacolo che aveva realmente messo in scena Alessandro nel 2005, Iena Ridens, vampirizzato e riadattato all'interno della serie".

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Enzo Paci pensieroso in una sequenza

Dato l'aspetto così meta-narrativo del racconto, viene da chiedersi se sia la vita che imita l'arte o l'arte che imita la vita? Per Castangia: "Abbiamo cercato paradossalmente di raccontare un po' di realismo e andare contro le canoniche leggi di sceneggiatura. Io giro molti spot pubblicitari e anche alcune fiction più classiche e quindi lì abbiamo voluto sfruttare la libertà e l'indipendenza che avevamo per raccontare dei personaggi che fossero veri. Tutti egocentrici e che pensano di avere sempre ragione. Se qualcuno si mette contro di loro, non hanno torto ma è il mondo ad avercela con loro. Dovremmo chiederci piuttosto cos'è che muove l'arte o la vita. C'è della consapevolezza nei nostri personaggi, in alcuni di loro c'è anche una volontà molto forte, soprattutto nella seconda stagione, ma c'è anche tanto determinismo. Una persona fa quello che inconsapevolmente gli capita di fare e l'intreccio di queste inconsapevolezze genera l'omicidio e tutto il flusso di reazioni conseguente ad esso. Una struttura simile a Rashomon se vogliamo nel secondo ciclo, che racconta tutti i sette punti di vista dei 18 giorni antecedenti la morte, magari anche disprezzando di più i personaggi col passare delle puntate. Non esiste una verità unica raccontata su un evento che coinvolge più persone, ma tante verità quante sono coloro che l'hanno vissuto, come in The Affair". In fondo, come ricorda Betti: "Come dice Amleto ad Orazio ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne possa sognare la tua vita quindi forse siamo entrati in un loop tra arte e vita (ride). Forse è un gioco di specchi, o di scatole per restare in tema".

Un set come una gita

Betti interpreta Tobia che è il capocomico della compagnia. Lui e Castangia lo sono stati un po' anche sul set, o forse no: "Venendo dal teatro e conoscendo perfettamente quali sono le dinamiche di quando si lavora su un palcoscenico oppure su un set, ci sono dei ruoli come in una squadra. Tutto è partito dalla follia totale di Roberto Bosatra che ha voluto realizzare questa serie insieme a noi e ha voluto produrla in modo da non avere ingerenze dall'alto ma dare totale libertà creativa. Ha aiutato l'aver già lavorato insieme in precedenza per creare una sinergia. Abbiamo coinvolto amici che stimavamo nelle varie parti e abbiamo vissuto per 40 giorni in quel casale durante le riprese. Non c'era la convocazione giornaliera. Mentre si girava una scena sul prato in alto, gli altri erano dentro a ripassare la parte (o a giocare alla PlayStation, come fa notare scherzosamente Castangia). Questo ha contribuito a creare un clima "da gita" anche con il cast tecnico, operatori, macchinisti, truccatori e così via. Ognuno aveva il proprio ruolo e il capocomico era più il mio personaggio dentro la storia".

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Una scena con il cast... in scena!

Continua Castangia: "Il low budget ha implicato qualcuno direbbe una parte di sacrificio, ma noi diremmo invece di investimento da parte di tutti, troupe compresa. Ho un po' di magone nel ripensarci. Ad esempio, il coniglio del personaggio di Enzo Paci in realtà era di una delle ragazze del catering che non poteva lasciarlo a casa ed è diventato un attore anche lui (Gianni che nella realtà è femmina e si chiama Gianna ma forse faceva più ridere così)!"

La serie in una parola, o poco più

Alessandro Betti scherza anche sul fatto che, se fossero più noti e avessero un budget maggiore, bisognerebbe girare un documentario sul backstage. Come chiudere la nostra intervista? Con una parola che descriva e convinca i lettori a vedere la serie. Betti non ha dubbi: "Onesta. È un progetto che ha dei limiti indubbiamente ma che nelle sue dimensioni artigianale ma onesto, pensando di realizzare qualcosa che avremmo voluto vedere noi da spettatori". Castangia ne usa qualcuna in più: "Da vedere... se ti piace unire i puntini della Settimana Enigmistica!" Lo rimbecca in chiusura Betti: "...Che è l'unica cosa che so fare della rivista! (ride)"