Sam - Una vita da Sassone, la recensione: la (vera) storia del primo poliziotto nero tedesco

La recensione di Sam - Una vita da Sassone: la storia (vera) del primo poliziotto nero della Germania dell'Est rivive nella prima produzione tedesca originale Disney+, interamente disponibile dal 26 aprile sulla piattaforma.

Sam - Una vita da Sassone, la recensione: la (vera) storia del primo poliziotto nero tedesco

Se c'è una cosa che ha dimostrato la produzione seriale tedesca negli ultimi anni, prima con Babylon Berlin e poi con Dark, è di sapere maledettamente il fatto suo. Ora ci riprova con una storia drammaticamente vera, volutamente romanzata, fortemente enfatizzata, ovvero quella che emergerà dalla recensione di Sam - Una vita da Sassone, la prima serie tedesca di Disney+ dal 26 aprile sulla piattaforma, tutta disponibile con i sette episodi che la compongono. D'altronde è altrettanto incredibile la storia su cui si basa, quella di Samuel Meffire, il primo poliziotto nero della Germania dell'Est. Un uomo alla disperata ricerca della propria identità, che ha combattuto per tutta la vita contro il sistema passando dalle stalle alle stelle e viceversa, con inimmaginabile velocità.

Una vita da Sam

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Sam - Una vita da sassone: una scena

La voglia di mettere in scena la storia di Sam nasce dallo showrunner Jörg Winger, che viene da un'altra apprezzata produzione tedesca, Deutschland '83/'86/'89) e da lì si è portato Soleen Yusef tra i registi delle sette puntate. L'autore, insieme agli altri due creatori Tyron Ricketts e Christoph Silber, ha scelto come interprete principale il nerboruto Malick Bauer, capace di trasportare sullo schermo tutta la rabbia costante e incontrollabile che prova il protagonista fin da piccolo, bullizzato e ostracizzato solamente per il colore della sua pelle, in un luogo e in un periodo storico già poco inclini all'accettazione del "diverso". Eppure sta tutto lì il problema d'identità per Sam: essere misto. Non è abbastanza bianco per i biondissimi tedeschi dagli occhi azzurri che lo guardano di traverso per strada, quando non arrivano a mettergli le mani addosso senza apparente motivo se non pura discriminazione razziale. Ma non è nemmeno abbastanza nero per i suoi connazionali e parenti in Congo, che lo vedono troppo germanizzato. Per contro, lui decide di provare ad arruolarsi nell'esercito tedesco, incontrando non poche difficoltà e divenendo col tempo il volto di una campagna antirazzista e il simbolo di una nuova Germania. Eppure anche quella "fama" mai veramente digerita non è destinata a durare: sarà anzi seguita da una brusca caduta nell'abisso, arrestato come "Nemico Pubblico Numero 1" per un omicidio che non ha commesso.

Una vita da mediano

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Sam - Una vita da sassone: un momento della serie

"Una vita da mediano" cantava Ligabue ed è un po' come deve essersi sentito sempre Samuel, mai veramente appartenente a un'etnia, a una scatola in cui potersi rinchiudere quando il mondo fuori era troppo. A cercare di valorizzare il lavoro del protagonista ci pensano gli altri interpreti, non sempre riuscendoci ma sicuramente provandoci: Svenja Jung, Luise von Finckh, Ivy Quainoo, Thorsten Merten, Martin Brambach, Carina Wiese. Da un lato le donne che hanno caratterizzato e determinato alcune sue azioni, dall'altro una figura che è un amico, un mentore, una guida per un ragazzo che non era cresciuto con una figura genitoriale maschile di riferimento. Tyron Ricketts è Alex, con cui condivide l'esperienza di essere un tedesco nero, quasi un ossimoro per quei tempi (ma a ben guardare anche per oggi, purtroppo). Forse è questo l'aspetto più interessante di Sam - Una vita da sassone, che fin dal titolo richiama la crisi d'identità del protagonista: parlare del passato per raccontare in realtà tra le righe un periodo storico (il nostro) che sta pericolosamente tornando indietro piuttosto che procedere avanti.

Una vita da tedesco

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Sam - Una vita da sassone: il protagonista in una foto di scena

Basato sulla biografia di Samuel "Sam" Njankouo Meffire, il serial si incentra sul disperato tentativo di un uomo di far pace con se stesso. Di venire a patti con quel furore che gli brucia dentro e che non riesce proprio a far calmare, diviso tra l'orgoglio patriottico che vorrebbe provare con tutto se stesso e il disgusto per i propri connazionali e per il regime, che non lo trattano come concittadino a tutti gli effetti. Soprattutto perché la serie inizia con una nascita, quella del figlio di Sam, quindi qualcuno a cui lasciare una sorta di eredità morale e culturale. Ma come si fa quando non si conosce nemmeno la propria? I discorsi con la terapeuta voluta dal carcere saranno rivelatori di molti suoi demoni interiori. La messa in scena, a volte eccessiva, vuole provare a enfatizzare la lotta senza fine che sembra destinato ad avere dentro di sé Sam, senza trovare mai qualcosa che somigli vagamente alla pace. Non ci riesce purtroppo a tutti gli effetti, proprio come il suo protagonista, che ha provato sempre a non abbassare mai la testa, farsi sempre sentire, alzare la voce, ma gli è sempre costato molto. Peccato che lo show non abbia saputo prendere e continuare l'ottima eredità creata negli ultimi anni dagli esempi seriali tedeschi che abbiamo citato.

Conclusioni

Concludiamo la recensione di Sam - Una vita da sassone confermando come, a dispetto degli illustri predecessori, non colga totalmente nel segno, forse perché abbandona il mystery e la serialità di genere per concentrarsi su una storia vera, per quanto legata anche alla parte storica e a quella "spionistica" del protagonista. È come se Sam avesse vissuto tante vita in una, ma il risultato complessivo non è coeso e totalmente coinvolgente come autori e registi avrebbero voluto.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
4.0/5

Perché ci piace

  • L'idea di raccontare una storia vera del passato che parli della nostra contemporaneità.

Cosa non va

  • La scrittura e la regia non sono totalmente coinvolgenti.
  • Malick Bauer è a tratti respingente come protagonista.