Cosimo (Massimiliano Gallo) e Rosaria (Luisa Ranieri) Cardano hanno una fattoria in cui coltivano ortaggi e allevano bufale, ma il loro terreno si trova in un'area che fa gola alla Camorra: quelle zolle trasudano scorie radioattive, smaltite illegalmente. Per convincerli a vendere, l'avvocato Rino Caradonna (Salvatore Esposito), che ha sposato la figlia di un boss locale, prima usa la tattica del denaro, poi passa a minacce più concrete, come incendiare la stalla con gli animali dentro. In attesa di un figlio, la coppia cerca di resistere, ma quando Cosimo si ammala gravemente il pensiero di lasciare la moglie senza niente fa vacillare la sua intenzione di resistere al ricatto.
Ispirato a una storia vera, Veleno, opera seconda di Diego Olivares, cerca di raccontare il dramma dell'avvelenamento dell'ambiente nella Terra dei Fuochi senza parlare mai di Camorra, ma mostrando la vita quotidiana di una coppia qualunque. Presentato alla 74esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia come chiusura della Settimana Internazionale della Critica, il film mette in luce l'abilità crescente di Esposito, che, dopo il Genny Savastano di Gomorra - La Serie, torna a interpretare un criminale, che però questa volta si presenta istruito, ben vestito e dal sorriso rassicurante.
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Abbiamo incontrato l'attore e Olivares proprio a Venezia, dove ci hanno parlato del dramma che affligge la loro terra, ma anche della speranza in un futuro migliore, sostenuta da tutte quelle persone oneste che cercano di pensare al futuro dei propri figli.
Salvare la terra per salvare il futuro delle generazioni a venire
Non rispettare l'ambiente è uno dei grandi drammi di questo secolo: avvelenare la terra non è un fatto che riguarda solo l'Italia, ma anche il resto del mondo, basti pensare alla politica del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Non capire che distruggere l'ambiente è distruggere noi stessi è folle, come pensa Salvatore Esposito: "Credo che noi, attraverso il nostro film, che ritengo sia tutta una grandissima metafora della vita, raccontiamo di quanto ci siamo presi poco cura della nostra terra. L'abbiamo avvelenata in tutti i sensi: fisicamente e metaforicamente. La terra è molto importante, perché rappresenta il nostro futuro, quello dei nostri figli e dei nostri nipoti: le generazioni future. Attraverso questo film Diego e tutti noi abbiamo voluto raccontare quella che è una verità semplice: se iniziamo a prenderci cura del nostro piccolo orticello, se ci curiamo di quello che ci circonda, forse i nostri figli e il nostro futuro avranno vita. Chi non se ne preoccupa credo sia solo un ennesimo stupido, un ennesimo folle che vuole distruggere noi e il nostro pianeta".
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In Veleno si parla anche di amore, come ci ha detto il regista: "Veleno è anche una storia d'amore: amore per la terra, di sentimenti forti all'interno di due famiglie, è una storia di contaminazione ma anche di reazione, dei protagonisti, alla devastazione della propria identità. Veleno è una storia di contaminazione: della terra, dei frutti, delle piante, ma anche dei corpi, attraverso la malattia, e delle anime, perché il denaro in qualche modo fa perdere l'identità ad alcuni dei nostri protagonisti. È una storia che non ha vincitori: uniamo le storie di due famiglie, quella delle vittime e quella dei carnefici, ma in fondo non ci sono vincitori in questo racconto, che è tratto da un fatto reale".
Tra religione e realismo magico
Un aspetto interessante del film è affrontare l'argomento attraverso una sorta di "realismo magico": Rosaria è molto religiosa, ma comincia a dare ascolto a una veggente locale che le preannuncia il ritorno delle bufale se riuscirà a resistere: "Mi interessava mettere in evidenza, soprattutto nel personaggio di Luisa Ranieri, Rosaria, un forte rapporto con la religiosità, con il mistico" ci ha detto Olivares, proseguendo: "In fondo il film si chiude con una preghiera e quella preghiera l'ho voluta immaginare come una richiesta di perdono collettivo: per tutti coloro, nessuno escluso, che in qualche modo violano la propria terra madre. In questo senso il rapporto con la religiosità della protagonista ha una sua forza e una sua precisa ragione: è in qualche modo la sintesi di un percorso di ribellione e di amore, ma c'è dentro, forse inconsapevolmente, una richiesta di perdono, a Dio, per il male che l'uomo fa a se stesso e alla vita stessa".
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Le diverse sfumature del male
Salvatore Esposito torna a interpretare un personaggio dall'animo oscuro, che però questa volta si presenta, anche nell'aspetto, come positivo: quanto è stato difficile far sembrare rassicurante il male? "Credo che Shakespeare e la tragedia greca siano stati il più grande dizionario sulle sfumature del male che ci possa mai essere" ci ha risposto, spiegando meglio: "Quando mi chiedono se farò ancora il cattivo dopo Gomorra credo sia una generalizzazione che spesso porta a sminuire il lavoro dell'attore: l'attore lavora sulle sfumature, sui mezzi toni. In Gomorra racconto un personaggio che è nero catrame, qui invece un uomo che inizia con l'essere un grigio scuro e man mano finisce per arrivare a una consapevolezza che lo porta a sacrificarsi per la sua famiglia, quindi sbiadisce un po'. Il male viaggia su sfumature diverse, così come ci sono varie sfumature di bene. Io cercherò di interpretare i miei personaggi sempre al meglio, cercando di far passare e trasparire una credibilità costante. Spero di esserci riuscito anche in Veleno. Poi spero di fare in futuro anche cose che raccontino il bene che c'è nella mia terra e nel mondo: non è sempre tutto tragico e tutto nero".