Dopo la parentesi del thriller convenzionale Mare nero, Roberta Torre torna a raccontare la "sua" Sicilia con lo stile che le è più congeniale, cioè quello grottesco e barocco, preso in prestito direttamente dalla pop art e contaminato dalla tavolozza cromatica sicula. Ne I baci mai dati, presentato a Venezia nella sezione "Controcampo italiano", il suo stile "iconico" si adatta alla perfezione per affrontare il tema della religiosità popolare, e le mistificazioni che possono derivare da un uso distorto della fede. Il film è infatti incentrato su una ragazza, Manuela, che crede di aver ricevuto in sogno un messaggio dalla Madonna. Questo presunto evento miracoloso trasformerà del tutto la vita della quattordicenne, che comincerà a essere venerata quasi come una santa. Tutto ciò con il benestare della sua famiglia, ma anche delle istituzioni religiose e politiche, che coglieranno l'occasione per speculare sopra la credulità popolare. Interpretato tra gli altri dalla giovane esordiente Carla Marchese, da Donatella Finocchiaro (scoperta proprio dalla Torre in Angela), da Beppe Fiorello e con un cammeo di Piera degli Esposti, I baci mai dati sfrutta la favolistica scenografia del quartiere catanese di Librino (progettato da Kenzo Tange) per mettere in scena una sorta di fiaba surreale, ma al tempo stesso radicata nella realtà del territorio siciliano. La regista e il cast incontrano i giornalisti in conferenza stampa, parlando anche del rapporto nato sul set con la comunità locale, che ha finito per partecipare attivamente alla realizzazione del film.
Il film è incentrato su un presunto miracolo. Si tratta di un evento non poi così distante da fatti di cronaca che affollano la stampa locale. Come le è venuta l'idea di realizzare una storia del genere?Roberta Torre: Per la prima volta un mio film non è stato ispirato da una storia vera, ma è nato in maniera del tutto autonoma dalla mia immaginazione. Del resto avevo intenzione di realizzare una specie di favola, anche se in seguito mi sono resa conto che la sceneggiatura assumeva dei toni sempre più cupi e oscuri e che cominciava a legarsi sempre di più con i fatti della realtà quotidiana locale.
I baci mai dati è stato girato nel quartiere Librino di Catania, anche se mi pare di capire che per lei è un po' il luogo simbolo che descrive molte realtà del sud, in cui vi sono molte persone in attesa di un miracolo per tentare di risollevarsi dal degrado cui sono abbandonati.
Roberta Torre: Ho scelto Librino perché il quartiere, progettato da Kenzo Tange negli anni Settanta come esperimento avveniristico, ma finito rapidamente per trasformarsi in un luogo di marginalità, aveva un fascino surreale e quasi metafisico. Mi piaceva l'idea di ambientare il film in uno scenario tutto colorato, in modo da non connotare il luogo in cui si svolge la storia in maniera negativa.
La lavorazione del film ha influenzato il popolo di Librino, al punto che alcuni mesi dopo la popolazione ha creduto che nel quartiere si fosse verificato per davvero un miracolo...
Roberta Torre: Sì, durante l'abbattimento di un albero è zampillata dell'acqua di colore verde. Nonostante i botanici avessero spiegato scientificamente il fenomeno, la popolazione si è convinta che si trattasse di una fonte miracolosa, e ha eretto perfino un altarino. Questo evento dimostra come le persone abbiano a volte disperatamente bisogno di un miracolo, al punto da crederci a ogni costo.
Donatella Finocchiaro: Roberta mi ha detto di ispirarmi a showgirl come Simona Ventura e Lori del Santo, oltre che a una sua amica cassiera! In realtà si tratta di un personaggio non poi così distante da molte donne della vita reale. Mi sono semplicemente guardata un po' in giro e da questo punto di vista Roberta mi ha aiutato molto perché in realtà c'è anche un po' di lei in Rita...
Giuseppe Fiorello, come è andata sul set, circondato da donne? Come ha lavorato sul personaggio?
Beppe Fiorello: Ho provato a immaginare il mio futuro da marito e da padre... Il mio personaggio è quello di un uomo un po' marginalizzato dalla sua famiglia, un povero illuso con un sogno mancato. Non è lontano da quello che rappresenta il maschio medio italiano oggi, ormai schiacciato da ingombranti presenze femminili. Al tempo stesso, secondo me si tratta anche di un personaggio abbastanza tenero e affettuoso nei confronti della figlia.
Come sono state scelte le musiche del film?
Roberta Torre: La colonna sonora è frutto di un percorso lungo, e il risultato finale è costituito da un mix di varie influenze. Voglio citare soprattutto la canzone finale, cantata dalla giovane e bravissima Erica Mou, scoperta grazie a Caterina Caselli. Anche l'incontro con i compositori è stato influenzato dal caso. Gran parte delle musiche sono state realizzate da Studio Forward, un giovane studio siciliano, ma già molto valido. Il brano che si sente durante la scena dei miracolati è stato composto da giovanissimi artisti palermitani.
Piera degli Esposti: Io vorrei da sempre interpretare il ruolo di un commissario di polizia. Non possiedo il viso aristocratico della Signora in giallo Angela Lansbury, ma potrei almeno essere un Colombo, anzi una Colomba... Magari potrei cominciare col fare l'assassina... Pur essendo una persona naturalmente mite, ho però un viso un po' spigoloso, che mi fa spesso associare a i ruoli da cattiva. Però sono ben contenta di impersonare la cattiva nei film!
Ne I baci mai dati c'è un doppio finale, poco scontato, e decisamente imprevisto. Come va interpretato?
Roberta Torre: È difficile rispondere, bisognerebbe scrivere forse un seguito del film. II miracolo più grande, secondo me, è rappresentato dalla (ri)nascita di un rapporto tra madre e figlia. Per me è difficile dare una spiegazione in termini razionali del finale, lascio piuttosto che sia il pubblico a interpretarlo come meglio crede.
Carla Marchese, per te questo si è trattato del debutto al cinema, con un ruolo da protagonista abbastanza complesso. Come ti sei rapportata al tuo personaggio?
Carla Marchese: È stato tutto totalmente nuovo per me. A parte le recite a scuola non avevo mai fatto l'attrice! Roberta Torre, ma anche tutto il cast sono stati molto pazienti e mi hanno subito messo a mio agio. Naturalmente prima di iniziare a girare le scene mi sono preparata per alcuni mesi facendo un corso di dizione e imparando come muovermi e come recitare senza guardare la macchina da presa.
Roberta Torre: Mi piace molto agire sull'improvvisazione, che per me è diventata con gli anni uno dei punti cardine del mio modo di lavorare. Con Carla abbiamo integrato lo studio preparatorio con l'istintività del momento durante le riprese. Per esempio durante la scena dei miracolati Carla si è commossa sul serio, e dai suoi occhi sono sgorgate lacrime autentiche.
Pino Micol: Oggi ho visto il film per la prima volta da spettatore e devo dire che mi è piaciuto molto, cosa non scontata. Guardando il film con questi nuovi occhi mi sono reso conto che il tema della religione appare quasi in secondo piano. Il miracolo vero, per me, si verifica all'incontro tra Carla e la ragazza cieca: per la prima volta due persone riescono a comunicare con lo stesso linguaggio. Il sacerdote, invece, pur tentando di dialogare con Carla non riesce mai comprenderla veramente.
Il film tratta di argomenti controversi, come lo sfruttamento della fede popolare, che coinvolge anche le istituzioni religiose. Come si è convinto a produrre questo film?
Amedeo Bacigalupo: Avendo studiato dai gesuiti, le vicende che hanno a che fare con la religione e con il cattolicesimo in particolare esercitano sempre verso di me una forte curiosità. Ho letto il soggetto e ho pensato che fosse nelle corde del cinema di Roberta, così abbiamo deciso insieme di avviare il progetto e di svilupparlo in tutte le sue fasi.
Che rapporto si è sviluppato tra la troupe è il territorio in cui è ambientato il film? La comunità locale ha influenzato la realizzazione?
Roberta Torre: Librino è un quartiere molto vivo e la gente ha contribuito attivamente alle riprese. All'inizio il rapporto è stato un po' burrascoso, tanto è vero che gli abitanti ci tiravano addosso la frutta mentre giravamo. Ma dopo le persone hanno incominciato a fidarsi di noi e si sono sentire coinvolte direttamente nel progetto. Alla fine ci hanno adottato e ci hanno sostenuto per tutta la lavorazione. Molte delle facce del I baci mai dati appartengono agli abitanti di Librino, che alla fine hanno sentito il film un po' come fosse una "cosa loro".