Black Mirror: Riflessi in uno specchio scuro

Dal 10 ottobre su Skycinema 1 la distopica miniserie Black Mirror, parabola satirica dell'alienazione dei media e dell'abuso della tecnologia

Charlie Brooker, giornalista del Guardian in Italia noto come autore dell'ironica miniserie zombiesca Dead Set si mantiene sulla stessa linea e realizza Black Mirror, miniserie già rinnovata per una seconda stagione che affronta con taglio altrettanto satirico i mali dell'onnipresenza dei media e gli abusi della tecnologia. Prodotta dall'inglese Channel 4 - sue, tra le altre, Devil's Whore e This is England - e creata da Brooker che firma la sceneggiatura di due episodi su tre, Black Mirror si compone di tre storie slegate tra loro come ambientazione e personaggi ma accomunate dal tema. SkyCinema 1 trasmette le tre puntate della prima serie dal 10 ottobre: Messaggio al Primo Ministro costringe sotto l'occhio impietoso della macchina da presa l'inquilino di Downing Street costretto a unirsi sessualmente con un maiale; 15 milioni di celebrità ritrae un futuro possibile in cui la popolazione pedala in cyclette tutto il giorno per fornire energia a denigranti programmi televisivi; Ricordi pericolosi dimostra che aver un chip in testa in grado di ritrasmettere memorie all'infinito non può portare che guai.


Messaggio al Primo Ministro costituisce il capitolo più inquietante perché non si svolge in un futuro possibile, bensì in un presente dai risvolti plausibili. La principessa reale britannica Susannah (lei, si, fittizia) viene rapita da un individuo che per rilasciarla chiede la ripresa in diretta di un rapporto sessuale tra il Primo ministro Callow e un (innocente) maiale. Senza trucchi, effetti speciali o controfigure, oppure niente principessa. Ogni tentativo per sventare il rapimento fallisce e il povero politico e la disgraziata scrofa sono costretti a immolarsi davanti a un miliardo e trecento milioni di spettatori che non si sottraggono allo spettacolo, ma anzi si riuniscono per guardare insieme la performance. Ci sono chiari riferimenti all'Inghilterra contemporanea - viene citata un'attrice di Downton Abbey (e un'interprete della serie in costume di Itv sarà protagonista della puntata successiva) -, c'è un'analisi del fenomeno che trasforma la folla in una massa oscena di guardoni, c'è il brivido che attraversa la mente colta dall'eventualità di una situazione paradossale quanto concepibile: "Possiamo avere un altro Primo ministro, ma non un'altra principessa", è la laconica osservazione che autorizza il riscatto.

15 milioni di celebrità si svolge in un futuro alienante dove i grassi sono paria e i magri sudano tutto il giorno su cyclette come criceti nella ruota per fornire energia elettrica a una civiltà basata sull'intrattenimento coatto: pubblicità, reality, talent e filmetti porno softcore sono propinati 24/7. La società di questa puntata scritta da Brooker si basa sul sistema dei crediti - acquisiti pedalando - che consentono di far decadere la coercizione alla visione della pubblicità e che consentono la partecipazione ai reality, unica alternativa alla sfacchinata perenne. Bing (Daniel Kaluuya, Skins, The Fades) sgambetta come un matto tutto il giorno: è in forma e si è guadagnato più di 15milioni di crediti con cui può permettersi il lusso di scegliere cosa guardare sulla televisione proiettata su tutte e quattro le pareti del loculo dove alloggia. Per amore devolve alla bellissima e intonata Abi (Jessica Brown Findlay, Downton Abbey) il suo patrimonio. Lei guadagna l'opportunità di esibirsi a Hot Shot, sorta di X Factor - un po' più spietato - ma non riesce a guadagnarsi una carriera da cantante bensì da pornostar nel triste e patinato Wraith Babes.
15 milioni di celebrità è il racconto più amaro e distopico del trittico, dove il pubblico (più assetato di prevaricazione di quello di Capua in Spartacus: sangue e sabbia) in sala è rappresentato da ridicoli avatar a mo' di lego bramosi dell'umiliazione e della derisione dei concorrenti, dove gli spettatori non possono sottrarsi a show da gioco a lmassacro pena la tortura con insopportabili sibili. Episodio palesemente orwelliano che oggi regala più di un brivido per verosimiglianza con la realtà.
Ricordi pericolosi, la storia più debole del ciclo, potrebbe svolgersi in epoca contemporanea, unica differenza l'opportunità per i cittadini abbienti di registrare ogni ricordo in un chip sottocutaneo e rivederlo, moviola compresa, in qualsiasi momento. È anche possibile condividerlo in televisione come passatempo con gli amici, ed è pure possibile che si trasformi in un boomerang portando all'assuefazione da passato e alla paranoia. Liam si persuade che l'amico della moglie Fi, il presuntuoso Jonas, abbia o abbia avuto una tresca con la moglie. Rivede ogni singolo fotogramma della loro interazione a una cena tra amici analizzando ogni sguardo e ogni inflessione della voce in cerca dell'ovvio. Nel grigiore dell'ambiente sociale borghese che lo circonda Liam si discosta indossando calzini rossi, ma la sua rivoluzione finisce lì. Velocemente si lascia dominare dall'ossessione fino a rendersi conto che la realtà in cui vive è il remake di un'altra vita. Il suo presente si differenzia dal nostro solo per la presenza dei chip, quasi l'indugiare nelle memorie digitali abbia paralizzato lo sviluppo di qualsiasi altra tecnologia. La società dei fruitori della memoria in backup è immobile, involuta e bloccata nel circolo vizioso del piacere passato. Esiste solo un modo, ovvio, per vivere nel presente: strapparsi via ogni ricordo vissuto e rivissuto. Per fortuna, a noi basta togliere il filmino del matrimonio dal lettore.