Recensione Femen - Ukraine is not a Brothel (2013)

Che il processo di emancipazione sia arrivato realmente a compimento non possiamo saperlo, ma la prima opera dedicata a Femen ci lascia con parecchi dubbi a causa della scelta volontaria della sua autrice di rimescolare più volte le carte in tavola.

What is Femen?

Solo poche settimane fa fa i giornali di tutto il mondo hanno riportato le dichiarazioni di Amina Sboui, giovane tunisina salita alle cronache per la sua adesione alle Femen e per la successiva detenzione, in cui la donna annuncia l'abbandono del movimento accusandolo di islamofobia e sollevando dubbi sull'origine dei finanziamenti che lo sostengono. In questo clima di sospetto la 70° Mostra di Venezia ospita Fuori Concorso un documentario dedicato al fenomeno Femen: Ukraine is not a Brothel, diretto dall'australiana Kitty Green. La regista, di lontane origini ucraine, ha trascorso quattordici mesi in un bilocale di Kiev insieme a quattro attiviste per indagare a fondo il fenomeno che da quattro anni imperversa sui giornali. Con l'aiuto di un direttore della fotografia la Green ha in seguito realizzato, in quattro mesi, le interviste che vanno a costituire l'ossatura del film. Il risultato è un documentario accattivante e ambiguo che alterna le interviste alle attiviste e alle loro famiglie alle immagini delle provocatorie azioni di protesta. Il tutto accompagnato da un montaggio rapidissimo e vivaci musiche pop.

Lo spettatore che si accosta a Ukraine is not a Brothel per chiarirsi le idee su Femen resterà deluso. Il film, di natura piuttosto ambigua, fornisce informazioni contrastanti sull'origine, sulla natura politica e sugli scopi del movimento. Da una parte abbiamo le testimonianze di un gruppo giovani donne che rischiano quotidianamente il carcere e le percosse della polizia per denunciare la società ucraina, pesantemente maschilista. Sono loro stesse a confessare che, per questioni di marketing, le frontwomen impegnate nelle proteste in topless sono soprattutto ragazze avvenenti. D'altronde, come spiegano, in Ucraina nessuno vuole ascoltare le donne, ma tutti amano guardare una ragazza bella e sexy. Così molte giovani si sono avvicinate a Femen sfidando l'autorità delle famiglie e il giudizio della società. Alcune si sono unite al movimento senza alcuna preparazione, altre sono laureate in economia politica o giurisprudenza, tutte mettono corpo e cervello al servizio della causa. All'interno del gruppo hanno trovato sostegno, hanno maturato una coscienza politica, ma soprattutto hanno ottenuto visibilità collettiva e personale.
Dietro le biondissime e aggressive bellezze ucraine si cela, però, la vera mente del gruppo: Victor. E' lui a inaugurare il documentario celato dietro una maschiera da coniglio per poi rivelare il suo vero volto. Victor si definisce candidamente un un paradosso storico, un patriarca in guerra con il patriarcato, si paragona ai borghesi Marx e Lenin che lottavano contro la borghesia. L'eminenza grigia che fino a poco tempo fa ideava ogni singola protesta dettando per filo e per segno i comportamenti che le ragazze devono tenere - il tutto senza mai comparire in pubblico - confessa che, tra gli scopi della nascita di Femen vi era il desiderio di far colpo sulle donne. Difficile credergli quando afferma di aver dato vita a un'organizzazione celebre in tutto il mondo per circondarsi di belle ragazze. La disambiguazione della figura di Victor, nel docufilm, non avviene mai, anzi la pellicola confonde ulteriormente le acque attraverso un montaggio furbo in cui alcune ragazze lasciano intendere che l'uomo da cui dipendono nasconda segreti da non rivelare allo spettatore. Il lungometraggio di Kitty Green si ferma nel momento in cui le Femen comunicano orgogliosamente l'intenzione di affrancarsi dal loro mentore prendendo in mano la gestione del movimento ed estromettendo ogni figura maschile di primo piano. Che il processo di emancipazione sia arrivato realmente a compimento non possiamo saperlo, ma la prima opera dedicata a Femen ci lascia con parecchi dubbi a causa della scelta volontaria della sua autrice di rimescolare più volte le carte in tavola. Dove sta la verità? Per scoprirlo non ci resta che attendere la prossima riflessione sul gruppo ucraino, se mai ci sarà.

Movieplayer.it

3.0/5