Recensione The Bay (2012)

The bay è un film che oltre ad intrattenere in maniera piuttosto convincente e priva di demagogia, regala anche qualche momento da brivido e, perché no, importanti spunti di riflessione sulla responsabilità individuale e sul concetto di comunità.

Terrore nella baia

Claridge è la piccola cittadina turistica del Maryland affacciata sulla Chesapeake Bay che il 4 luglio del 2009 si è trasformata da paradiso della villeggiatura in un vero e proprio inferno. Un minuscolo parassita presente nelle preziose acque della baia subì infatti una modificazione genetica divenendo carnivoro a causa dei pesticidi e degli scarichi di escrementi pieni di anabolizzanti riversati in mare dai gestori di un allevamento di polli. Ignorando completamente l'allarme di due oceanografi lanciato un paio di mesi prima, il sindaco continuò a rassicurare la popolazione promuovendo l'efficacia dell'impianto di dissalazione nel tentativo di evitare il panico tra la gente. Ma proprio nel giorno dei festeggiamenti per l'Indipendence Day l'incubo divenne realtà: arrivati ad una dimensione sessanta volte più grande della norma, gli isopodi crostacei denominati 'mangialingua' iniziarono a divorare tutto quello che c'era in acqua uccidendo centinaia di migliaia di pesci e centinaia di persone che quell'acqua, regolarmente depurata, la bevevano. Il contagio fu velocissimo si manifestò dapprima con un'eruzione cutanea per poi interessare gli organi interni della vittima fino alla bocca ed infine corrodendo gli arti fino all'osso. A tre anni di distanza la sopravvissuta Donna Thompson, che all'epoca dei fatti era una stagista-blogger improvvisata reporter e inviata per seguire le celebrazioni, decide di raccontare tutto per tentare di superare il trauma. Le autorità insabbiarono i tragici eventi ma, ora che tutte le registrazioni audio/video sequestrate dalle autorità sono state rese pubbliche su un sito internet, Donna è decisa a raccontare e a mostrare al mondo l'orrore vissuto a Claridge durante quelle dodici ore da incubo.


Il talentuoso regista Barry Levinson, premio Oscar per Rain Man - L'uomo della pioggia ed autore di importanti classici quali Good Morning, Vietnam, Bugsy e Sleepers, torna sul grande schermo a quattro anni dall'uscita del suo Disastro a Hollywood lanciandosi in un genere insolito come l'horror con l'ipertecnologico mockumentary The bay, un prodotto assai diverso da tutti i suoi precedenti lavori di cui è anche co-sceneggiatore e co-produttore insieme ad Oren Peli, il regista (non a caso) del primo Paranormal Activity. Ennesimo figlio del fenomeno Blair Witch Project - Il mistero della strega di Blair, dei survival/monster flicks più celebri (partendo da Lo Squalo per arrivare ai più moderni Piranha, Anaconda e via dicendo...), The Bay è pensato sicuramente per un pubblico più adulto ed è incentrato su temi di estrema importanza ed attualità come i disastri ecologici, la regolamentazione e la gestione delle acque, le responsabilità delle Istituzioni in questioni di pubblica sicurezza e la manipolazione dei media; ammonimenti che, soprattutto in riferimento alla scelta del 4 luglio come giorno del disastro, hanno riportato alla mente i capolavori di satira e di critica sociale del maestro George R. Romero.

The bay vuole essere sì una fiaba ammonitrice, come l'ha definita il suo autore, ma è anche un'opera che nel caso specifico è pesantemente ancorata alla realtà e che rende omaggio alla fascinazione di Levinson nei confronti dei documentari. Contattato tempo qualche tempo prima per girare un documentario nelle acque della vera baia di Chesapeake, nel 'suo' Maryland, il regista fece delle ricerche e scoprì che già il serial-tv Frontline aveva già affrontato l'argomento senza che mai venisse presa in considerazione l'ipotesi di ripulire la baia dalla massiccia presenza di rifiuti tossici che hanno ucciso il 40% della vita presente sui fondali. A quel punto gli venne l'idea di fondere la realtà con la finzione e dar vita ad un film di genere low-budget girato con più di venti piattaforme digitali diverse (videocamere private, quelle dei sub, telecamere di sorveglianza degli ospedali, telecamere di bordo delle auto della polizia e chi ne ha più ne metta) e che avesse un format narrativo ibrido che mischia fiction e documentario con cui spingersi un po' in là con la fantasia.
Ansiogeno nelle dinamiche, spasmodico negli split screen e nei cambi di scenario e di prospettiva visuale, The Bay è un film che non rimarrà di certo negli annali ma che intrattiene lo spettatore trascinandolo nel racconto del terrore della giornalista che in diretta Skype mostra a tutto il mondo le prove tangibili della veridicità della sua testimonianza. Efficace nel trasmettere la suspense e nel seguire andando avanti e indietro nel tempo la lotta per la sopravvivenza dei tanti personaggi, il film di Levinson si sofferma forse troppo poco sulle dinamiche più interessanti (la morte dei due oceanografi, la fuga finale della madre col bambino, il motivo per cui molta gente non sia stata infettata, la risoluzione dell'emergenza) puntando di più sull'esasperazione dell'estetica e sull'iperrealismo della storia che, nel finale, scorre via in maniera un po' troppo sbrigativa. Tirando le somme The Bay è un film che oltre ad intrattenere in maniera piuttosto convincente e priva di demagogia regala anche qualche momento da brivido e, perché no, importanti spunti di riflessione sulla responsabilità individuale e sul concetto di comunità.

Movieplayer.it

3.0/5