Recensione Prince Avalanche (2013)

Prince Avalanche si distingue per l'eccezionale intensità emotiva ottenuta attraverso l'alternanza di momenti prettamente comici e scene liriche.

Men at work

Dopo alcune incursioni non troppo felici nella commedia action-demenzial-hollywoodiana, David Gordon Green recupera la sua anima indipendente con un'operazione rigenerante. Alla base di tutto c'è una piccola deliziosa commedia islandese, Either Way, che vede protagonisti due operai addetti alla manutenzione delle strade nel profondo Nord. Venuto a conoscenza dell'opera, Green ha percepito assonanze con la propria sensibilità tali da decidere di far proprio il progetto trasferendolo dalla tundra finlandese alle lussureggianti foreste texane, vicino a dove risiede. A inaugurare Prince Avalanche sono, infatti, le immagini del violentissimo incendio che, nel 1987, divorò 750.000 acri di bosco nel Texas Centrale. Le scene, potenti e violente, contribuiscono a instaurare fin da subito quel tono ambiguo, sospeso tra realtà e sogno, che caratterizzerà l'intera pellicola. Nell'estate successiva all'incendio Alvin (Paul Rudd) e Lance (Emile Hirsch) accettano un lavoro per conto della società addetta alla manutenzione del manto stradale che li terrà lontani dalla città e completamente immersi nella natura per due mesi. Tra i due uomini, 'quasi' cognati, si instaurerà un rapporto complicato e a tratti conflittuale.

Prince Avalanche è una pellicola sorprendente sotto numerosi punti di vista. Il film, in concorso alla 63° Berlinale, si distingue prima di tutto per l'eccezionale intensità emotiva ottenuta attraverso l'alternanza di momenti prettamente comici e scene liriche. Nel film emerge lo sguardo poetico e struggente di Green che, a tratti, sembra voler bucare l'anima. Coraggiosamente il regista affida il ruolo chiave del film, quello del solitario Alvin - figura distante, eccentrica, sognatrice, amante della lingua e cultura tedesca - a un attore 'condannato' a personaggi comico-romantici come Paul Rudd. Il suo sguardo limpido e malinconico ben si presta a interpretare un uomo in fuga che ama profondamente, nonostante il suo comportamento risulti sfuggente e incomprensibile. L'amore di Alvin per la sorella di Lance (questa la vera ragione per cui Alvin ha ingaggiato il cognato pigro e scapestrato) è fuori dal tempo. In ogni minuto libero l'operaio si diletta a scrivere lettere, pensieri e poesie rivolte alla sua bella di cui ha con sé la foto, ma non ha problemi a rifugiarsi nella foresta senza farsi sentire da lei per settimane. L'unico momento in cui farà una telefonata, cercando il contatto diretto, sarà quello della crisi. Il compito di far da contraltare a questo personaggio, buffo e profondo al tempo stesso, è affidato a Emile Hirsch che qui sfodera il meglio del suo repertorio comico somigliando sempre di più a un giovane Jack Black. Il contrasto tra i due caratteri crea un'alchimia magica sia nella parte più 'parlata' del film, costellata da frequenti battibecchi, sia nelle scene di pura interazione fisica.
Uno degli elementi più potenti della pellicola di David Gordon Green è proprio la fisicità. Nei momenti di solitudine la macchina da presa si incolla al corpo dei suoi interpreti rubandone movenze, tic comportamentali, mettendone a nudo i difetti. Il risultato sono scene di grandissima libertà visiva (si pensi all'entrata nel fiume di Lance con gli stivali addosso) valorizzate da una fotografia suggestiva, studiata apposta per far emergere l'elemento naturalistico in cui gli attori sono immersi, e da un montaggio a tratti sperimentale. Quanto alle scaramucce e ai duetti comici, sembrano presi di peso da un'ideale antologia della slapstick comedy. A intensificare l'effetto comico degli inseguimenti e delle lotte tra i due contribuiscono, inoltre, i loro abiti da lavoro e i buffi attrezzi retrò di cui sono dotati. Lavorando per sottrazione (a cominciare dal numero degli interpreti), David Gordon Green raggiunge una forma artistica quasi perfetta. Nell'isolamente naturalistico, lontano dalla civiltà, due uomini si mettono a nudo l'uno di fronte l'altro lasciando trapelare frammenti del proprio animo. Senza filtri, senza barriere. Risata e commozione si mescolano continuamente in un mix in cui trovano spazio momenti di grande lirismo, favoriti da uso sapiente della soundtrack - composta dagli Explosions in the Sky e da David Wingo - e dall'ottima sceneggiatura. Nel percorso on the road (mai come in questo caso definizione fu più azzeccata) che li porta a ritracciare le lingue d'asfalto texane, i nostri due (anti)eroi troveranno anche il tempo per imbattersi in un anziano camionista con la passione per l'alcool e in una misteriosa donna tedesca la cui casa è andata distrutta nell'incendio che costituiranno le sole fonti di distrazione per il duo Alvin-Lance. Figure reali, presenze fantasmatiche o proiezioni mentali dei due protagonisti? Ma è davvero importante saperlo per godere appieno della bellezza di Prince Avalanche?

Movieplayer.it

4.0/5