Recensione Mademoiselle C. (2013)

Il documentario di Fabien Constant racconta la figura di Carine Roitfeld, regina del giornalismo d'alta moda, già direttrice di Vogue e poi animatrice di un suo progetto editoriale. Molti hanno provato a descrivere quest'universo rutilante e luccicante, in bilico tra arte, sogni e vorticosi giri economici; nessuno, però, aveva finora narrato una delle sue protagoniste assolute degli ultimi decenni, l'"inaccessibile" Mademoiselle C.

Raccontare per immagini l'alta moda è un compito in cui in tanti, al cinema come in televisione, si sono cimentati e si cimentano. Sono molti i documentari che hanno provato a descrivere quest'universo rutilante e luccicante, in bilico tra arte, sogni e vorticosi giri economici: nessuno, però, aveva finora narrato una delle sue protagoniste assolute degli ultimi decenni, l'"inaccessibile" Carine Roitfeld: giornalista ed ex modella, tra le firme più prestigiose dell'ambiente, già direttrice dell'edizione francese di Vogue e in seguito animatrice di una propria pubblicazione, che chiamerà (dalla sua "firma") CR Fashion Book.

A colmare la lacuna, certo seria per chiunque si interessi di questo universo, ci pensa ora questo documentario di Fabien Constant: non esattamente una biografia filmata della Roitfeld, ma piuttosto la fotografia di una precisa fase della sua carriera, quella in cui la giornalista lascia la direzione di Vogue Paris (in cui aveva lavorato per dieci anni) per avviare il progetto della nuova rivista. Nello stesso periodo, la figlia di Carine, Julia, è incinta di quella che scherzosamente la stessa giornalista definirà l'erede della sua dinastia: lo status di nonna non sembra cambiare di una virgola l'attitudine di Carine verso la famiglia e il lavoro, rappresentata all'insegna di un indifferenziato attivismo, senza soluzione di continuità. Intorno a lei, familiari e collaboratori: suo marito Christian e suo figlio Vladimir, e poi gli stilisti Karl Lagerfeld e Riccardo Tisci, oltre a quel Tom Ford di cui la stessa Roitfeld fu musa ispiratrice. Tra servizi fotografici, sfilate, aste di beneficenza e incontri con personalità di moda, cinema e musica (anche James Franco e Beyoncé Knowles fanno capolino nelle immagini del documentario) seguiamo così la lunga gestazione del primo numero della nuova "creatura" di Carine.

Pubblico e privato

Si diceva che una delle caratteristiche di questo Mademoiselle C è la rappresentazione senza soluzione di continuità dei due aspetti della vita della protagonista, quello pubblico e quello familiare, più intimo. Questa compenetrazione è, almeno, ciò che la stessa Roitfeld ha sempre tenuto a rimarcare parlando del suo lavoro, e ciò che evidentemente lo stesso Constant si è sforzato di restituire in questo documentario. Le piccole schermaglie familiari coprono il lasso di tempo che intercorre tra la scelta di una foto e la preparazione di una sfilata, mentre la carrozzina con la nipote della giornalista è allegramente spinta avanti e indietro da un Karl Lagerfeld in evidente vena di facezie. Eppure, a uno sguardo appena più attento, ci si accorge che il privato del personaggio resta in realtà completamente fuori dal racconto cinematografico. Mostrare i familiari, e il loro superficiale coinvolgimento nel lavoro della giornalista, non basta certo a delineare (e neanche ad abbozzare) un ritratto della sua personalità: malgrado i 90 minuti di visione, possiamo tranquillamente dire che, al termine del film, della donna che risponde al nome di Carine Roitfeld sappiamo esattamente quanto prima. Certo, il film non vuole essere un biopic, e questo è evidente sin dalla sua confezione. Ma, per suscitare un qualche interesse in chi non sia addentro all'argomento, un prodotto del genere deve sforzarsi di offrire, del personaggio centrale, un ritratto che vada oltre la mera figurina. La Carine Roitfeld mostrata qui, invece, presa nel vortice della sua attitudine creativa, resta a un livello inevitabilmente superficiale.

Intenti agiografici?

Mademoiselle C: Carine Roitfeld con Karl Lagerfeld e Sarah Jessica Parker in una scena del film
Mademoiselle C: Carine Roitfeld con Karl Lagerfeld e Sarah Jessica Parker in una scena del film

Il sospetto che dietro a Mademoiselle C ci sia un deliberato tentativo di rilanciare l'immagine pubblica del personaggio, minata dagli eventi (qui neanche accennati) che portarono al suo allontanamento dalla direzione di Vogue, è più che legittimo. La Roitfeld, nel 2010, fu infatti costretta alle dimissioni dal noto magazine, in seguito alle polemiche derivate da un servizio fotografico in cui venivano mostrate bambine in pose considerate provocanti. Non a caso, la prima copertina della nuova pubblicazione mostrerà un neonato in braccio a una bambina, in una foto che trasuda la massima innocenza possibile. A tale polemica non viene riservato, ovviamente, neanche il minimo cenno; mentre solo un rapido passaggio è dedicato alla "guerra" mossa contro la nuova pubblicazione dagli ex capi della Condé Nast, che fecero in modo di sottrarre a Carine collaboratori e professionalità. Anche tale evento, nella rappresentazione del film, finisce comunque per giovare alla Roitfeld, spingendola alla ricerca di collaboratori poi rivelatisi migliori: sembra, qui, di essere di fronte a una donna perennemente baciata dalla fortuna. Nell'apparente tentativo di smontare i cliché, e di mostrare l'instancabile "artigiana" che si cela dietro l'altera eleganza della sua figura, sembra di assistere in realtà a qualcosa che somiglia molto a una celebrazione. Celebrazione ribadita dagli incontri con colleghi e amici (ai nomi citati, vanno aggiunti quelli di Donatella Versace e del regista Luca Guadagnino), tutti funzionali, direttamente o indirettamente, a metterne in luce le doti creative e artistiche. Persino la sequenza degli esercizi di danza, in cui la vediamo stoicamente sopportare il dolore, appare fin troppo smaccata nei suoi intenti. Un piccolo sussulto, il documentario lo ha quando mostra (come una sorta di "film nel film") la sessione fotografica in cui Tom Ford rilegge, a modo suo e con occhio destabilizzante, le favole di Biancaneve e La bella addormentata nel bosco. Un po' poco, tuttavia, per controbilanciare la noia che inevitabilmente attanaglia chi non sia strettamente interessato al tema del film.

Conclusione

Mademoiselle C: Carine Roitfeld con Giorgio Armani in una scena del film
Mademoiselle C: Carine Roitfeld con Giorgio Armani in una scena del film

Certamente, chi sia addentro al mondo della moda, e magari abbia interesse per le sue logiche artistiche e produttive, può trovare qualche motivo di interesse anche in questo Mademoiselle C. Per gli altri, il film di Fabien Constant resta in definitiva una visione superflua: ciò, anche al netto della sua già evidenziata, in certi punti davvero troppo palese, componente agiografica.

Movieplayer.it

2.0/5