L'estate sta finendo risulta a conti fatti piuttosto fuorviante come titolo per questo secondo lavoro dello scrittore e regista Stefano Tummolini, visto che la celebre canzone dei Righeira del 1985 richiama suggestioni e leggerezze da Festivalbar e da commedia vanziniana, piuttosto che i toni cupi e i risvolti drammatici della nuova pellicola dello sceneggiatore de Il bagno turco di Ferzan Ozpetek.
Tummolini racconta infatti che il titolo non è nato insieme al film ma è stato preso in prestito successivamente, poiché in effetti il pop malinconico del testo descrive bene il passaggio tra una stagione e l'altra, la spensieratezza dell'estate che finisce, metafora del passaggio cruciale che attraversano le vite dei protagonisti del film. Oltre che regista e scrittore, Tummolini è anche traduttore di numerosi autori classici contemporanei sempre per Fazi Editore, la casa editrice che pubblica il suo libro Un'estate fa, che esce in libreria in contemporanea con il film al cinema e ne racconta il seguito.
Hitchcock nel cassetto
Ancora un'ambientazione balneare dopo l'interessante debutto di Un altro pianeta presentato alle Giornate degli autori a Venezia 2008: dalle dune di Capocotta al Circeo di San Felice e Sperlonga, per una storia che potrebbe essere ispirata ad un fatto di cronaca vera (soprattutto per il taglio del romanzo di cui il film come detto costituisce l'antefatto), ma che in realtà è di pura finzione, anzi per stessa ammissione del regista nasce "dal cinema" e come omaggio al cinema di Alfred Hitchcock, da un soggetto rimasto nel cassetto per lungo tempo e dichiaratamente ispirato a Nodo alla gola del maestro del brivido (la villa stessa di Punta Rossa dove è stato girato il film è stata curiosamente realizzata a partire da un progetto di Frank Lloyd Wright ed è molto simile a quella ricostruita in studio per Intrigo internazionale), soggetto che poi è stato sviluppato dal regista in modo diverso ed inaspettato insieme a Michele Alberico e allo scomparso Mattia Betti al quale è dedicato il film.
Siamo ragazzi di oggi
Qui si racconta la storia di otto ragazzi alle soglie della laurea che partono per passare un weekend settembrino al mare nella villa dei genitori di uno di loro. Domenico (Andrea Miglio Risi) e Fabrizio (Marco Rossetti), studenti di giurisprudenza e amici inseparabili, entrambi attratti da Flavia (Nina Torresi), candida studentessa di filosofia che accompagna la sorella Giulia (Nathalie Rapti Gomez), una "miss" bella e superficiale arrivata insieme al suo nuovo ragazzo, il musicista alternativo Davide (Fabio Ghidoni). Ci sono anche il ballerino Manuel (Stefano Fardelli), vincitore di un talent show che sogna di recitare, e Katia (Ilaria Giachi), la ragazza coattella di Fabrizio che un po' si vergogna delle sue origini in mezzo a tanti figli di papà. Subito diverso da tutti appare Guido (Giuseppe Tantillo), il cugino di Davide, goffo ed imbranato, che da tutti viene immediatamente percepito come un peso. Sotto lo sguardo inquietante ed enigmatico di Vittorio (Antonello Fassari) il custode della villa, il fine settimana comincia in maniera allegra e spensierata, ma presto tensioni, gelosie e frustrazioni iniziano ad affiorare nel gruppo, destabilizzato dalla presenza imbarazzante di Guido, fino ad un tragico quanto fatale incidente che trasformerà il divertimento in un dramma e metterà i ragazzi di fronte ad un scelta che potrebbe cambiare per sempre le loro vite.
Giovani, carini ed indifferenti
Mentre la generazione di Un altro pianeta era quella dei fortysomething, i protagonisti questa volta sono ragazzi più giovani, universitari venticinquenni, alto borghesi provenienti da famiglie per lo più agiate, sostanzialmente non cattivi, caratterizzati però da un egoismo e un'indifferenza preoccupanti: una generazione di edonisti tratteggiata invece dal nostro cinema recente con sguardo forse troppo superficiale, un universo giovanile ritratto sempre all'insegna della spensieratezza e del romanticismo che qui invece si sgretolano quasi subito. Tummolini, per sua stessa ammissione, vuole mostrare una generazione soprattutto ossessionata dal proprio ego, dove la felicità e la soddisfazione dei propri desideri vengono prima di tutto: questo porta inevitabilmente in secondo piano qualsiasi assunzione di responsabilità, quella su cui si costruisce la base delle relazioni con gli altri, molto difficili in una generazione dove l'affermazione del proprio io rappresenta la priorità assoluta e in nome del quale si sacrifica qualsiasi etica o morale. Ma attenzione perché i sogni da perseguire sono privi di qualsiasi tipo di poesia o di ideale: le vacanze in barca, lo studio in centro, al di là del materialismo di facciata sono soprattutto riflessi dell'esigenza primaria di essere socialmente riconosciuti e accettati, soprattutto di non essere etichettati come loser, ed è questo il vero desiderio primario in nome del quale si è disposti a sacrificare qualunque cosa. Meglio rimanere nel gruppo, soffocando le proprie fragilità, represse dalla vergogna e dalla più grande paura dalla quale si nascondono i giovani di oggi, la paura della solitudine, esorcizzata tra sesso, droghe e social media.
I sogni da perseguire sono privi di qualsiasi tipo di poesia o di ideale
Pastiche di generi
Al di là della dichiarata ispirazione hitchcokiana di partenza, il film richiama alla memoria nostalgie dolciamare di un certo cinema corale, siamo dalle parti di About Elly di Asghar Farhadi o Piccole bugie tra amici di Guillaume Canet, soprattutto del non ancora distribuito Sheep's Clothing di Paulo Morelli, una sorta di Il grande freddo alla brasiliana con risvolti noir, dove anche lì i sogni infranti di una generazione ruotano intorno ad un mistero e ad un tragico incidente. Il film ha sicuramente il pregio di voler proporre un universo giovanile attuale e drammaticamente reale, emancipandosi dallo stucchevole romanticismo dei ritratti proposti dal cinema italiano degli ultimi anni: parte piuttosto bene, impreziosito da musica e fotografia molto curate, nonostante i luoghi comuni dei "figli di papà e stronzetti di destra" e qualche lacuna di recitazione che sconfina nella macchietta, complici dialoghi e battute meno riusciti, riesce in parte a centrare l'obiettivo di fornire un'indagine generazionale credibile e creare una certa tensione costruita sull'attesa della tragedia imminente. Purtroppo il film non riesce a tenere il passo dei numerosi cambi di tono e registro al quale il regista lo sottopone, i passaggi repentini da un genere all'altro ne rappresentano il vero limite: comincia come una commedia, poi vira nel drammatico e infine nel thriller, per poi tornare sui suoi passi in modo inopportuno con situazioni che generano a volte umorismo involontario quanto straniante. Indeciso sulla strada da percorrere il regista sembra perdere il controllo finendo con lo stritolare, insieme alle anime perse dei protagonisti, anche la storia che progressivamente si sfalda e si scioglie insieme alla tensione della narrazione che perde pian piano mordente ed efficacia.
Conclusione
Un ritratto dell'universo giovanile controcorrente rispetto al cinema italiano degli ultimi anni, un'indagine generazionale oltre il romanticismo e la nostalgia: tutti colpevoli all'insegna dell'egoismo e dell'indifferenza. La tensione ben costruita sull'attesa della tragedia imminente, è in parte vanificata dall'incapacità di regista e attori di gestire al meglio i cambi di genere e registro.
Movieplayer.it
2.5/5