Recensione La kryptonite nella borsa (2011)

Alla ricerca delle bizzarre tonalità di Tutti pazzi per amore e della coralità di Mine vaganti, Cotroneo porta sullo schermo con tanti personaggi cui è facile affezionarsi, tante piccole gustose storie che si affiancano, si sfiorano e si sovrappongono senza però mai fondersi l'una con l'altra in un'unica ben definita entità libera dalla morsa della nostalgia.

Paura di crescere

"Questa è una storia che parla di un supereroe, di una famiglia e di un bambino con gli occhiali, ma non è una storia sull'infanzia. E' una storia sull'amore".
Basterebbe questa frase, quella che apre il film, a descrivere bene La kryptonite nella borsa, film d'esordio di Ivan Cotroneo che porta sul grande schermo il suo stesso omonimo romanzo scritto nel 2007.
Un film divertente, costruito benissimo a livello scenografico e musicale, talvolta crudele nella sua ingenuità e con diversi geniali intarsi di surrealismo che non riesce a lasciarsi alle spalle la struttura letteraria in capitoli del romanzo risultando un po' disarticolato quando si tratta di amalgamare tanti personaggi e tante idee intorno al cuore della storia. Già, ma qual è il cuore della storia? Non di certo l'amore. Forse la maturazione di Peppino in una famiglia sgarrupata? La crisi matrimoniale dei suoi genitori? La rivendicazione del diritto alla libertà di scelta dei giovani negli anni del 'flower-power'? La difesa e l'elogio dell'essere diversi?


La kryptonite nella borsa racconta, con gli occhi di un bambino di nove anni, la storia di una numerosissima e variegata famiglia sullo sfondo della Napoli del 1973, una città in pieno subbuglio, sospesa tra strane suggestioni, musiche e mode provenienti dall'estero e la rassicurante vita di quartiere. Proprio la famiglia, in quel periodo, aveva spesso un potere condizionante, quasi bloccante, nei confronti di questo inarrestabile processo di cambiamento, specialmente per le donne, intrappolate tra utopia e tradizione casalinga. E' questo il calderone in cui vive gli anni della sua infanzia il piccolo Peppino, respirando gioie, lacune e turbamenti dello scontro generazionale tra genitori che si tradiscono a vicenda, nonni tradizionalisti e giovani zii hippy. Fortuna che ad aiutarlo nei momenti di bisogno c'è Gennaro, il cugino un po' matto che crede di essere Superman e che ogni tanto torna a fargli visita nonostante tutti si ostinino ad affermare che è morto.

E' proprio questo miscuglio di sentimenti, di semplicità, di colori e di emozioni la cosa più riuscita del film di Ivan Cotroneo, bravissimo nel restituire il lato sognante e un po' psichedelico di quegli anni si mostra però un po' incerto sulla direzione narrativa da intraprendere, forse per timore di tradire il romanzo o forse per paura di sbagliare il suo primo film da regista.
Il fulcro di tutto questo turbinio di emozioni è un superbambino intelligentissimo che tutti, familiari in primis, considerano un po' un brutto anatroccolo, un bambino problematico, un alienato che sembra aver preso le distanze dal mondo che lo circonda per andare a rifugiarsi in un mondo fantastico in cui nessun altro può entrare. In realtà è semplicemente un bambino che fa il bambino, mentre sono loro, gli adulti, a non avere i mezzi per guardare oltre, per guidarlo e rassicurarlo, per amarlo.
Alla ricerca delle bizzarre tonalità di Tutti pazzi per amore e della coralità di Mine vaganti, Cotroneo porta sullo schermo con La kryptonite nella borsa tanti personaggi cui è facile affezionarsi, tante piccole gustose storie che si affiancano, si sfiorano e si sovrappongono senza però mai fondersi l'una con l'altra in un'unica ben definita entità libera dalla morsa della nostalgia. Anche la figura di Gennaro, il cugino 'diverso' che si crede Superman e che torna a far visita a Peppino e ad incoraggiarlo nei momenti di sconforto, è tuffato nella storia in modo quasi accidentale. Personaggio chiave del film, quello che rappresenta il lato surreale della storia e incarna l'accesso di Peppino al mondo fantastico, è anch'esso relegato a sporadiche seppur divertentissime apparizioni al fianco del cuginetto, quasi degli sketch, tra cui spicca quello 'risolutivo' del finale, poetico e tenero, ma anche un po' furbetto nella sua incapacità di spogliarsi di metafore.

Movieplayer.it

3.0/5