Recensione Io, Dio e Bin Laden: Nicolas Cage in missione per conto di Dio

La recensione di Io, Dio e Bin Laden: Larry Charles racconta una storia vera, quella di Gary Faulkner, l'uomo che nel 2004 cercò di catturare Bin Laden armato solo di una spada.

Io, Dio e Bin Laden: Nicolas Cage in una scena del film
Io, Dio e Bin Laden: Nicolas Cage in una scena del film

L'irriverenza di Larry Charles, spregiudicato regista di Borat, incontra la storia vera di Gary Faulkner, uno squattrinato ex detenuto del Colorado convinto di avere la missione divina di catturare Osama Bin Laden, e al cinema diventa un mix di follia e risate, merito soprattutto dell'interprete principale: Nicolas Cage.
Io, Dio e Bin Laden unisce la sregolatezza di una regia avvezza al politicamente scorretto con i tratti surreali di una vicenda in cui la realtà finisce per essere molto più assurda e comica della fantasia. Per arrivare al film bisogna risalire ad un articolo del 2010 pubblicato su GQ e finito nella mani del produttore Jeremy Steckler: parlava di Faulkner e della sua ossessione di dover stanare e uccidere il leader di Al-Qaeda. Un'impresa da portare a termine per conto di Dio, che gli sarebbe apparso durante la notte: "Gary, non capisco perché Bin Laden sia ancora lì fuori libero di andarsene in giro. Nessuno è riuscito a catturarlo".

Fu così che nel 2004 il piccolo patriota del Colorado con problemi ai reni, un passato turbolento e qualche rotella fuori posto, partì alla volta del Pakistan sulle tracce di Bin Laden, armato solamente di una spada Samurai, acquistata su un canale televisivo. Ci provò per ben undici volte con ostinazione donchisciottesca, prima a bordo di una barcarola poi con un deltaplano e alla fine cedendo all'idea di imbarcarsi su un aereo di linea, ma non riuscì mai a portare a termine l'impresa ai limiti dell'inverosimile, conquistandosi però l'onore delle cronache quando le sue disavventure divennero note occupando le prime pagine dei giornali e regalandogli il classico quarto d'oro di celebrità.

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Io, Dio e Bin Laden: Nicolas Cage, Denis O'Hare e Rainn Wilson in una scena del film
Io, Dio e Bin Laden: Nicolas Cage, Denis O'Hare e Rainn Wilson in una scena del film

Una sceneggiatura con poco coraggio

Io, Dio e Bin Laden: Nicolas Cage e Wendi McLendon-Covey in una scena del film
Io, Dio e Bin Laden: Nicolas Cage e Wendi McLendon-Covey in una scena del film

Io, Dio e Bin Laden, che racconta quegli innumerevoli quanto disastrosi tentativi, non è il capolavoro satirico che ci si aspetterebbe da un regista come Larry Charles, un maestro della parodia e dell'assurdo. Gli intenti folli e parodistici sfumano in una commedia rabberciata alla meglio, che non ha la forza incisiva della satira più coraggiosa e urticante e riesce a mala pena a strappare qualche risata. Così la psichedelica e rocambolesca caccia all'uomo di Faulkner, che in alcuni momenti sembrerebbe voler evocare il Drugo dei fratelli Coen non avendone la forza, perde qualsiasi connotato di originalità e si appiattisce sotto il ritmo di una regia anonima.

Io, Dio e Bin Laden: Russell Brand in un momento del film
Io, Dio e Bin Laden: Russell Brand in un momento del film

Complice una scrittura con poco coraggio e poca voglia di portare fino in fondo la parodia dell'America invasata e patriottica, provinciale e terra di ultimi, "il posto delle migliori ali di pollo", "il cazzo di miglior paese al mondo" per le auto, gli hamburger, la banana split e le ragazze della California. Gli autori affidano ad una manciata di battute stiracchiate e a pochi momenti illuminanti il compito derisorio della satira.

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Il riscatto di Nicolas Cage

Io, Dio e Bin Laden: Nicolas Cage in un'immagine del film
Io, Dio e Bin Laden: Nicolas Cage in un'immagine del film

Se il film fallisce su un fronte, dall'altro però è l'occasione di riscatto per un attore, Nicolas Cage, che negli ultimi anni non ha certo brillato per interpretazioni, collezionando una galleria di ruoli dimenticabili. Ingrassato, scombinato, allucinato e con una folta chioma di capelli bianchi raccolti in una coda, Cage è quasi irriconoscibile. La sua trasformazione in Faulkner (accompagnato da straordinari comprimari da Russell Brand nei panni di Dio al cameo di Matthew Modine) è uno degli aspetti più riusciti del film e una delle sue performance più insolite, uno strano connubio di mitezza e ribellione, una combinazione di indomita fiducia nelle proprie capacità e di ingenua creduloneria che ne fa un outsider dai tratti eroici. L'ultimo dei sognatori.

Movieplayer.it

2.0/5