Si parla tanto di Made in Italy ed eccellenze italiane negli ultimi tempi, ma nel farlo si sottovaluta un campo in cui il nostro paese si sta facendo notare: l'animazione. Lo fa grazie a Netflix che ha messo in cantiere un'altra serie firmata da Zerocalcare dopo l'accoglienza positiva di Strappare lungo i bordi. Lo fa soprattutto grazie a Movimenti Production che ha prodotto Questo mondo non mi renderà cattivo in collaborazione con Bao Publishing. Della nuova serie animata e del lavoro necessario a realizzarla abbiamo avuto modo di parlare con Giorgio Scorza, regista di questa nuova avventura animata di Zerocalcare così come lo era stato della prima, facendoci raccontare le difficoltà dell'operazione e le scelte fatte per tradurre su schermo le suggestioni così uniche dell'autore romano.
La difficoltà di Questo mondo non mi renderà cattivo
Zerocalcare ha dichiarato che questa serie è stata scritta prima della precedente. Tu ricordi cosa hai pensato quando hai letto entrambe? Avete scelto insieme di lavorare prima all'altra?
Non l'aveva scritta per intero in realtà, era più un soggetto, una traccia. Lavorare prima all'altra è stata una scelta sua, ma diciamo che tutti noi eravamo d'accordo che Strappare lungo i bordi, essendo fatta da microepisodi da cinque minuti, messi insieme il meglio possibile fino a un finale drammaticamente inclusivo, con un approccio da coming of age puro, aveva delle maggiori aree di sicurezza. Avevamo un piccolo sentiero di comfort zone che in questo secondo lavoro è stato meno necessario, avendo consolidato tante cose anche nel rapporto di collaborazione. Lui si è sentito molto più sicuro. Aveva già delegato tantissimo anche in Strappare lungo i bordi, ma ora sapeva con certezza che avremmo dato a questa storia e non tolto, che avremmo capito anche i momenti controversi. Avevamo già definito in precedenza come realizzare Roma e i personaggi, così ci siamo potuti concentrare su come farli muovere, come farli vivere ed evolvere, sul prenderci il tempo del racconto andando veloce quando il parlato di Michele lo richiedeva, ma rallentare quando la storia lo richiedeva. C'è stata anche un'assunzione di responsabilità da parte nostra nel suggerire e guidare momenti che potevano essere molto delicati. Si parla di tematiche importanti, di dipendenze, di tradimenti, di tematiche sociali profonde. Il produttore che abbiamo rappresentato nel modo più estremo che potevamo dice a Zerocalcare "tu devi unire, non devi dividere", ma noi abbiamo giocato proprio sul fatto di dividere. Michele è una voce unica in questo senso e siamo felici di averlo potuto seguire e dargli una mano. Si dicono cose non necessariamente comode ed è assurdo che debba farlo sempre l'animazione, come accade nelle produzioni Young Adult americane, che dicono cose che le altre produzioni seriali non potrebbero nemmeno sfiorare. Nel nostro piccolo, e nel suo grande, abbiamo fatto un lavoro più intenso di Stappare lungo i bordi che era "cresco e imparo la vita".
Hai parlato delle fiducia di Michele nei vostri confronti. Era già evidente in fase di sceneggiatura? Avete percepito da subito che si stava mettendo nelle vostre mani?
Sì, totalmente. Il primo motivo è che sa che rispettiamo la sua voce e il suo tono. In secondo luogo qualche medaglia ce la siamo guadagnata reciprocamente, nel rapporto sia umano che professionale, perché alcuni risultati di Strappare lungo i bordi sono stati figli di una serie di confronti costruttivi che abbiamo avuto. Il fatto che siamo stati d'accordo su cose che poi sono state molto notate vuol dire che questa sinergia funziona. Anche quando registrava le voci guida a casa, che lui accompagna a quelle che noi chiamiamo "le patate" perché sono delle forme abbozzate per darci un'idea anche degli ingombri, questa volta c'erano intere aree che ci arrivavano bianche perché sapeva che non c'era bisogno di input precisi da parte sua. In alcuni casi aveva le idee molto chiare e voleva un modo preciso anziché un altro e si premurava di mostrarcelo, in altri ci chiedeva di tirar fuori qualcosa. E ci siamo divertiti un mondo, a dire la verità.
La voce di Zerocalcare
Hai parlato di registrare le sue voci. I testi sono fedeli a quanto scritto o vi lasciate spazio per l'improvvisazione?
La base è molto fedele allo scritto, ma il fatto di andare in sala io e lui o io, lui e Valerio, fa sì che le cose possano cambiare lì. Noi realizziamo lo storyboard sulla registrazione dello script che lui fa a casa, con o senza patate, quindi già andiamo a fare le voci con una guida davanti. Lì magari abbiamo lo schermo grande, sentiamo le battute e ci diciamo che qualcosa la cambieremmo. Ma l'ossatura è sempre stata quella della sceneggiatura. L'animazione ha bisogno di solidità e non troppi tentennamenti.
Quanto è stato importante mantenere la fedeltà con quanto fatto nella prima serie? La stanza col divano, le vie di Roma...
C'è stata una continuità maniacale da parte nostra, dell'art direction e nei disegnatori, prima di tutto, perché sono ambienti veri. Abbiamo avuto feedback da chi ha visto la serie che ha riconosciuto le sue zone, gente che ci ha detto "quella è la via in cui ho dato il primo bacio!" oppure "è proprio così, c'è proprio quel graffito", abbiamo capito che aveva un suo valore ed era un sottolivello interessante da mantenere.
Siete stati sul posto?
Google Maps e Street View sono un grande aiuto. Siamo stati anche in alcuni posti, ma per quanto riguarda gli ambienti domestici sono tutte rielaborazioni degli ambienti reali basati sui disegnetti, come li chiama lui, e la mappa che ci fa in tempo reale. "Aspè che sono a casa, ti faccio la mappa!"
C'è tanto di Michele, ma c'è anche qualcosa di vostro?
Inevitabilmente sì. Perché il team creativo è fatto di persone e la stessa idea può essere fatta in maniera diversa a seconda delle persone che ci lavorano. Se parlo per me nello specifico, ci sono sensazioni in cui riesco a riconoscermi, venendo anche io dalla provincia, e penso che sia così per tanti che ci hanno lavorato e che hanno messo un pezzettino. La forza di collaborazione è nata dal fatto che c'era un clima di serenità, non ho mai avuto paura nel corso di questa produzione. Al limite è stata una sfida.
Questo mondo non mi renderà cattivo: perché è il manifesto politico di una generazione
Tanti dettagli e tanta musica
Dal punto di vista visivo la serie è bellissima e ricchissima. Tutti, come abbiamo fatto con la prima, riguarderemo Questo mondo non mi renderà cattivo per cogliere i vari dettagli. Ci sono cose che avete inserito che puoi guidarci a trovare?
C'è una citazione alta con la storia del ratto che viene mangiato, da cui abbiamo creato una sottostoria che prosegue per vari episodi tipo "La fiera dell'est" con il piccione mangiato dal topo, il topo dal gabbiano, fino a un'inquadratura finale con il gabbiamo impallato dalla cometa. E poi ci sono tutto l'universo della cartellonistica, poster. Don Matteo nella stazione di polizia. Molto divertenti nello studio degli autori televisivi ci sono manifesti delle trasmissioni che hanno curato e alcuni sono veramente al limite. Stessa cosa nello studio del produttore, con una serie di film, alcuni dei quali sono citazioni interne come il documentario sul koala dalle doti particolarmente visibili. Anche sulle musiche abbiamo fatto un lavoro diverso, perché amplificano il significato di alcune scene. Abbiamo imparato da Strappare lungo i bordi e la musica ha un livello di citazione importante, con alcune chicche di cui siamo particolarmente fieri.
La componente musicale è una delle cose che volevo approfondire, perché l'approccio è simile alla serie precedente, ma si è andati su canzoni più universalmente conosciute. L'avreste fatto anche con la precedente, se ci fosse stata la possibilità?
No, perché Strappare lungo i bordi era Love it or Leave it: era Zerocalcare al 100%, la sua vita, la sua musica e riferimenti pop inevitabili e nobilitanti, per far capire delle cose. Qui, al netto del brano che dà il titolo alla serie e la collaborazione con Giancane rinnovata, è stato fatto un lavoro più adulto sulla musica. Al di là dei brani tra i '90 e il '95, necessari per dire determinate cose, c'è una maturità diversa, c'è libertà di pensiero musicale diversa. La selezione è ovviamente di Michele, ma abbiamo potuto dare dei suggerimenti importanti. Non solo sui brani in sé, ma sul respiro che potevano avere. A un certo punto la scelta non è stata se metterlo o meno, ma nel metterlo e dedicargli una sequenza, dargli un valore anche narrativo: se lo mettiamo, deve avere un impatto sulla storia. Penso a Lou Reed o i The Cure, messi in una scena che deve dare la sensazione che finisca l'episodio, per poi ripartire con una scena importante. Hanno avuto maggior respiro rispetto a Strappare lungo i bordi, in cui si correva a cento all'ora.
Negli ultimi dieci anni Zerocalcare ha fatto molto per il fumetto italiano. Dall'ultimo anno e mezzo pensi che possa fare molto anche per l'animazione italiana?
Secondo me ha fatto molto anche per le serie in generale, al di là dell'animazione. È un autore che ha parlato a uno spettro molto ampio, parlando di realtà, di quotidianità, di politica, facendo discutere le persone su delle tematiche. Le persone hanno empatizzato con quello che ha fatto ed è potentissimo. Per l'animazione ha fatto tantissimo. Noi eravamo pronti a fare questo salto ed è stata quella voce in grado di dire qualcosa che per noi era chiara da tantissimo tempo: che una volta che il prodotto è buono, ha una lucidità di scrittura e una qualità realizzativa, ha un suo pubblico.