Recensione Van Helsing (2004)

Il regista Sommers delude nel tentativo di coniugare in una sola pellicola i famigerati mostri della Universal Pictures.

Quando lo spettacolo non presenta una trama

Possibile riunire in un unico film le tre più celebri creature della Universal degli anni Quaranta quali Dracula, il mostro di Frankenstein e l'uomo lupo? Sembra che sia stata questa la domanda che il regista e sceneggiatore Stephen Sommers (La mummia, La mummia - Il ritorno) abbia fatto a se stesso prima di accettare l'incarico di girare Van Helsing con tutto ciò che una mega produzione del genere comporta. Sulla carta una bellissima sfida e un obiettivo cinematografico ambizioso da conseguire in nome di una ricercata originalità se non dei contenuti e dei personaggi almeno dell'intreccio narrativo.

Per Sommers il film sul noto cacciatore di mostri partorito dalla geniale mente di Bram Stoker poteva quindi rappresentare l'occasione di adattare lo stile spettacolare e avventuroso di La mummia ad un immaginario ottocentesco dalle tinte gotiche e fantasiose. La straordinaria bravura degli effettisti dell'Industrial Light & Magic avrebbe fatto il resto. Inutile quindi nascondersi dietro finte palizzate. Gli amanti dell'horror classico, delle emozioni forti, del filone fantasy e dei movie action di aspettative ne avevano davvero tante. Ahimè, tutte destinate a restare miseramente disattese. La realtà è che, dopo i dieci promettenti minuti iniziali, girati in un bianco e nero che avrebbe fatto gioire i fondatori della Hammer e che avrebbe dovuto costituire l'antefatto della storia, la crescente consapevolezza di star ad assistere ad un confuso melting pot di idee prive di sostegno logico si è andata a diffondere via via col passar del tempo in tutta la sala. Insomma, quale sia la storia è un inquietante dubbio che ancora adesso attanaglia la mente di scrive.

Beninteso, bella la trovata di ambientare a Praga l'intera vicenda che vede Van Helsing (Hugh Jackman) trovare nella bella Anna Valerious (Kate Beckinsale) una preziosa alleata nella lotta contro Nosferatu (Richard Roxburgh). Assolutamente stratosferici gli effetti speciali e l'opera di make up che ci propongono in modo insolito e raccapricciante una delle trasformazioni in licantropo più convincenti della storia del cinema (a mio avviso seconda solo a quella ben più artigianale e memorabile di Un lupo mannaro americano a Londra). Vada anche la caratterizzazione dei personaggi. Un Dracula seducente, enigmatico e mortale interpretato dal buon Richard Roxburgh (il Duca di Moulin Rouge) ben si affianca alle tre incantevoli e diaboliche mogli quali Aleera (l'attrice spagnola Elena Anaya già conosciuta in Lucia y el Sexo), Verona (la debuttante ed intelligente attrice italiana Silvia Colloca) e Marishka (la modella Josie Maran); il ballerino Will Kemp riesce a conferire la giusta ambivalenza (bene/male) al nobile Velkan/Uomo lupo; e se, infine apprezzabilissime sono ormai le qualità recitative di uno Shuler Hensley (Oklahoma) decisamente a suo agio nei panni del mostro di Frankenstein e di una quanto mai attraente Beckinsale, peraltro già in passato alle prese con copioni simili (si veda Underworld), a deludere è proprio il nostro beniamino, uno sbiadito Hugh Jackman (X-Men, X-Men 2, Codice: Swordfish), forse anche lui tormentato dalla scelta di aver partecipato ad un simile film. Quanto alla "trovata" del frate aiutante Carl, preferiamo stendere un velo pietoso e non per causa del pur capace David Wenham (Il signore degli anelli - Le due torri e Il signore degli anelli - Il ritorno del re ) ma per la fastidiosa ed inutile rievocazione dell'aiutante di 007, sempre dedito a fornire al padrone le più avanzate tecnologie da guerra.

Volendo guardare il bicchiere mezzo pieno (ma potremmo obiettare anche sulla quantità del suo contenuto), possiamo sicuramente indicare nella scena del ballo, la sequenza corale più riuscita del film (grazie anche al contributo decisivo della costumista Gabriella Pescucci e del compositore Alan Silvestri) ma, tutto sommato, non ci rimangono molte argomentazioni a disposizione per tirar su una pellicola che inevitabilmente entrerà presto nel dimenticatoio.

Insomma, per chi desiderasse vedere degli adattamenti cinematografici all'altezza dei romanzi di Mary Shelley e Bram Stoker, continuiamo a consigliare il Frankenstein di Mary Shelley diretto da Kenneth Branagh e il Dracula di Francis Ford Coppola mentre per chi, appassionato quale è, intendesse trascorrere due ore in sala per assistere ad uno spettacolo un po' fine a se stesso allora timidamente potremmo indicargli anche l'ultimo lavoro di Sommers. Purché, beninteso, sia consapevole dei rischi (il costo del biglietto) e dei pericoli (dall'irritazione alla sonnolenza) della sua scelta.