Ma non ce l'avete il coraggio di andarvene via da qua dentro? Ma che cosa vi credete di essere, vacca troia: pazzi? Davvero?
Il 1975 rappresenta l'ennesima annata straordinaria per il cinema americano, in un decennio, i Seventies, in cui l'esplosione e l'affermazione della New Hollywood rivoluzionano completamente i canoni della narrazione filmica e contribuiscono a introdurre il concetto di "autore" all'interno dell'industria cinematografica. Nell'arco di quest'anno, segnato a livello commerciale dall'impressionante successo de Lo squalo, negli Stati Uniti vengono realizzati almeno tre capolavori assoluti, diretti da tre fra i cineasti più acclamati dell'epoca: Nashville di Robert Altman, Quel pomeriggio di un giorno da cani di Sidney Lumet e, il 21 novembre, Qualcuno volò sul nido del cuculo.
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Prodotto dalla United Artists e diretto dal regista cecoslovacco Milos Forman, Qualcuno volò sul nido del cuculo è la trasposizione dell'omonimo romanzo di Ken Kesey: un libro considerato fin dalla sua pubblicazione, nel 1962, un'opera volgare e dai contenuti sovversivi. Del resto, nella società perbenista degli anni Sessanta, chi avrebbe mai voluto prendere come modello un personaggio come Randle McMurphy (soprannominato Mac), ex galeotto accusato di abusi sessuali su una minorenne, frequentatore di prostitute, contraddistinto da un linguaggio scurrile e da una sarcastica insofferenza a qualunque forma di autorità?
Eppure nel 1975, quando la cosiddetta "controcultura" è ormai stata sdoganata dalle nuove generazioni, mentre artisti e intellettuali abbracciano i valori del Sessantotto e del movimento hippie, il turpe e rozzo Randle McMurphy, fattosi internare in un manicomio per sfuggire alla prigione e ai lavori forzati, si impone agli occhi del pubblico come una sorta di atipico eroe, perfettamente in linea con i propri tempi: un uomo capace, con il suo schietto vitalismo, di sollevare la sua voce contro la morale comune e la mentalità conformista. Tanto più se, a prestare il volto all'inarrestabile Mac, è un attore magistrale quale Jack Nicholson, in quello che sarebbe rimasto il ruolo in assoluto più celebre all'interno di una filmografia straordinaria. A quarant'anni di distanza, dunque, proviamo a ripercorrere i motivi che hanno reso Qualcuno volò sul nido del cuculo un cult intramontabile, oltre che uno dei film più amati di sempre.
Un ceco a Hollywood: Milos Forman
Innanzitutto, facciamo un passo indietro: nel 1963, subito dopo la sua pubblicazione, il romanzo di Ken Kesey viene portato sul palcoscenico da Kirk Douglas, che si innamora del libro tanto da comprarne i diritti. In seguito Douglas ne spedisce una copia a Milos Forman, sperando che possa trarne un film, ma il pacco viene confiscato alla dogana proprio per il carattere controverso del romanzo. Dopo che il grande Kirk ha ormai perso ogni speranza di interpretare Qualcuno volò sul nido del cuculo sullo schermo, a ritentare l'impresa è suo figlio, l'allora sconosciuto Michael Douglas, il quale si presenta da Forman insieme al suo socio, il produttore Saul Zaentz. Nato nel 1932 a Cáslav, in Cecoslovacchia, al termine della guerra Milos Forman vede il suo paese oppresso dal giogo della dittatura filosovietica: un regime verso il quale, negli anni Sessanta, il regista dirige (seppure in maniera velata) l'aspra critica sociale che attraversa le sue prime pellicole, riscuotendo vastissimi consensi a livello internazionale e addirittura due nomination all'Oscar per il miglior film straniero: nel 1966 con Gli amori di una bionda e nel 1968 con Al fuoco, pompieri!.
Dopo la Primavera di Praga e l'occupazione sovietica, Milos Forman decide di trasferirsi negli Stati Uniti, in modo da poter lavorare senza restrizioni di matrice ideologica. Qui nel 1971, ai margini di Hollywood, firma una pellicola particolarissima per i canoni dell'epoca, Taking Off, corrosiva black comedy ricompensata con il Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes, in cui Forman mette alla berlina le ipocrisie della classe borghese e descrive i rapporti intergenerazionali con acuto umorismo. E la proposta di dirigere Qualcuno volò sul nido del cuculo suscita immediatamente il suo interesse: "È un film cecoslovacco. È un film sulla società in cui ho vissuto per vent'anni della mia vita. Parla di tutto ciò che conosco, e so come si sentono queste persone". E nelle mani di Forman, Qualcuno volò sul nido del cuculo assume le sembianze di una spaventosa metafora sulla soppressione delle libertà personali, sul conflitto fra la dignità individuale e un rigido conformismo imposto dall'alto, da istituzioni pronte a mostrare un profilo autoritaristico e perfino violento.
Nel nido del cuculo: Mac e i suoi compagni
Personaggio centrale del film, colui che metterà in moto l'azione, è Randle McMurphy, che come alternativa alla prigione per aver avuto rapporti sessuali con una ragazza quindicenne riesce a farsi internare in un istituto di igiene mentale nell'Oregon. È un protagonista in apparenza sgradevole, McMurphy, ma dotato anche di un profondo carisma, al punto da far assumere agli altri pazienti dell'istituto una nuova consapevolezza di se stessi. All'inizio il ruolo viene offerto a Gene Hackman e Marlon Brando, ma poi l'attenzione dei produttori è attirata da uno degli attori simbolo della New Hollywood: Jack Nicholson, già magnifico protagonista di cult quali Cinque pezzi facili, L'ultima corvè e, appena un anno prima, il capolavoro noir Chinatown. Irruento, imprevedibile, con quel ghigno sardonico e un'energia esplosiva, il Mac di Jack Nicholson diventa uno dei personaggi più rappresentativi del cinema americano degli anni Settanta.
Nicholson, tuttavia, è l'unico volto noto all'interno di un cast di attori perlopiù sconosciuti, e questo non è un caso, come rilevato anche da Forman: "Era assolutamente opportuno avere una star, avere Jack, perché lui rappresenta noi, il nostro mondo, nel momento in cui entriamo in un mondo sconosciuto: un istituto psichiatrico". Accanto a Mac, dunque, si distinguono talenti non ancora riconosciuti come gli stralunati Christopher Lloyd e Danny DeVito; Sydney Lassick, che nei panni dell'impacciato Charlie Cheswick dà vita a una delle sequenze più intense del film, quando il suo personaggio recupera il proprio orgoglio e pretende a gran voce le sue sigarette; e il venticinquenne Brad Dourif, al suo esordio al cinema nella parte di Billy Bibbit, un ragazzo dalla psiche estremamente fragile e figura chiave della storia. Senza dimenticare, ovviamente, un personaggio memorabile come "Grande Capo" Bromden (un altro debuttante, Will Sampson): un 'gigante' nativoamericano sordomuto, che stringerà con McMurphy un'insospettabile amicizia.
La maschera gentile della violenza: l'infermiera Ratched
Se Randle McMurphy è il paladino dell'anticonformismo, di un'anarchia vista, in chiave metaforica, come diritto all'autodeterminazione, come simbolica rivalsa dell'essere umano contro i dettami di una società ferocemente repressiva, la sua nemesi è costituita dalla capo-infermiera Mildred Ratched, la quale gestisce con pugno di ferro l'istituto psichiatrico. All'inizio Forman concepisce l'infermiera Ratched come una sorta di incarnazione del Male, e pertanto va alla ricerca di un'attrice che possa trasformarsi in una villainess a tutti gli effetti: il ruolo viene proposto ad Anne Bancroft, Geraldine Page e Angela Lansbury, ma tutte rifiutano la parte. Poi, il regista ha un'intuizione fondamentale: "Mi resi lentamente conto che avrebbe avuto un effetto molto più potente se non fosse stata visibilmente malvagia; se fosse stata solo uno strumento del male, ma senza sapere di essere malvagia". Forman accetta quindi la candidatura di Louise Fletcher, un'interprete che aveva lavorato soprattutto in TV e al cinema aveva esordito solo l'anno prima in Gang di Robert Altman.
Caratterizzata dalla cuffia e dal grembiule bianchi da infermiera (ma nella sua prima apparizione indossa un lungo cappotto nero, come il mantello di una strega delle fiabe), l'infermiera Ratched è la maschera gentile ma implacabile di un autoritarismo dai tratti disumani: la donna che, dietro il sorriso e la gelida cortesia, è pronta a stringere il suo pugno di ferro sui pazienti del manicomio, fino a soggiogarli. Le sequenze delle sedute quotidiane di terapia di gruppo sono sempre innervate da una sottile ma palpabile tensione: la tensione derivante dal silenzioso braccio di ferro fra McMurphy e la Ratched per aggiudicarsi l'egemonia sui "matti" rinchiusi nell'istituto. Louise Fletcher, con un'interpretazione fredda e sotto le righe (l'opposto rispetto a quella di Nicholson), disegna così un'antieroina da antologia, al punto che nel 2003 l'American Film Institute ha eletto l'infermiera Ratched al quinto posto nella classifica dei cinquanta grandi villain cinematografici di tutti i tempi.
L'elogio della follia
Una lettura metaforica semplice ma dall'effetto poderoso; l'abile amalgama fra il dramma, la tragedia e numerosi spunti brillanti, costituiti dalle divertenti interazioni e dalle piccole baruffe fra i vari internati del manicomio; l'immediata efficacia e la capacità di coinvolgimento di sequenze decisamente emozionanti: dalla partita di football simulata davanti a un televisore spento alla gita sulla barca da pesca, dalla folle notte di bagordi in manicomio allo struggente epilogo... privo di retorica e di moralismi, Qualcuno volò sul nido del cuculo può vantare al contrario numerosi ingredienti che permettono di costruire un classico. E in un'America ancora traumatizzata dagli orrori del conflitto in Vietnam (ma pure dalla "perdita dell'innocenza" della più grande democrazia del mondo con il Watergate), il pubblico accorre in massa in questo manicomio in cui si celebra il valore della spontaneità e della libertà: con centodieci milioni di dollari e oltre cinquanta milioni di spettatori, la pellicola di Forman si afferma come il secondo maggior incasso dell'intero anno negli USA (seconda soltanto al fenomeno Lo squalo).
La consacrazione di Qualcuno volò sul nido del cuculo viene sancita, all'inizio del 1976, da una valanga di trofei, fra cui sei Golden Globe (un record imbattuto), sei BAFTA Award e cinque premi Oscar su nove candidature: miglior film, miglior regia, miglior attore per Jack Nicholson, miglior attrice per Louise Fletcher e miglior sceneggiatura per Laurence Hauben e Bo Goldman. Il capolavoro di Milos Forman è il secondo film a conquistare i cinque Oscar principali dopo Accadde una notte nel 1934 (in seguito, a ripetere l'impresa sarà solo Il silenzio degli innocenti, nel 1991), e nel 1998 viene inserito dall'American Film Institute nella classifica dei cento migliori film americani della storia. Raro esempio di una raffinata pellicola d'autore entrata nell'immaginario collettivo pure come evento di massa, Qualcuno volò sul nido del cuculo non si limita ad offrirci una preziosa testimonianza dell'impatto popolare e culturale della New Hollywood, ma anche quarant'anni dopo conserva il pathos e la forza dirompente di un racconto senza tempo e dalla portata universale.