Piove, la recensione del film: Paolo Strippoli passa all’horror metropolitano

La recensione di Piove, il nuovo film di Paolo Strippoli, il primo in solitaria, che dopo Alice nella Città arriva al cinema dal 10 novembre con Fandango.

Piove, la recensione del film: Paolo Strippoli passa all’horror metropolitano

È interessante notare come in poche settimane sul grande schermo italiano stiamo per passare da una Roma in cui c'è un problema di Siccità come quella di Paolo Virzì a una in cui non si fermano le precipitazioni come quella di Piove, il nuovo film di Paolo Strippoli dal 10 novembre al cinema con Fandango dopo la presentazione ad Alice nella Città. Dopo A Classic Horror Story, il giovane e promettente regista prova a viaggiare in solitaria costruendo un film di genere ibridato, proprio come piacciono a lui, e passando dagli stilemi classici rivisitati e ribaltati del film originale Netflix a qualcosa di più sporco e soprattutto metropolitano, in cui la capitale non è soltanto teatro degli eventi raccontati, ma personaggio che respira - anzi, fa respirare - i protagonisti. Proviamo a sviscerarne tutti gli aspetti e contenuti in questa recensione di Piove.

Orrore metropolitano

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Piove: un'immagine tratta dal film

Quello di Piove, come accennavamo, potremmo definirlo un orrore metropolitano. C'è il sottobosco romano che non è necessariamente quello delle borgate, ma quello dei quartieri meno abbienti, delle fogne e della cronaca nera quotidiana. Ai telegiornali continuano ad arrivare le news più drammatiche e dolorose di omicidi e aggressioni familiari: quanto sarebbe bello se ci fosse una spiegazione soprannaturale a questo orrore? È quello che sembra chiedersi Jacopo Del Giudice, sceneggiatore del film a cui Paolo Strippoli prova a dare volto e voce. Dipingono così Roma come una metropoli completamente allo sbando, che deve fare i conti sia con i problemi intestini quotidiani di gestione degli spazi e del malfunzionamento generale - chi ci ha vissuto un po', sa di cosa stiamo parlando - sia con ciò che sta vivendo all'esterno tutto il mondo, tra post-pandemia, guerra, cambiamento climatico, e così via.

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Piove: un momento del film

La speranza è l'ultima a morire o è già deceduta? Anche questa sembra essere una delle tante domande di questo horror d'inchiesta, al cui centro vi è una famiglia disfunzionale e distrutta, capitanata dal padre Thomas (Fabrizio Rongione), che fa un doppio lavoro per far quadrare i conti e soprattutto è sempre triste, cupo e chiuso su se stesso. Ci sono poi i figli Enrico (un sempre più lanciato Francesco Gheghi), adolescente disilluso che sembra aver perso ogni stimolo, compresa l'amicizia con Gianluca (Leon De La Vallée) e il piacere della scoperta del proprio corpo e dell'esperienza sessuale, e la piccola Barbara (Aurora Menenti), che non riesce più a camminare dopo un incidente. Incidente che a quanto pare è la causa della rottura del nucleo familiare, di cui non abbiamo dettagli ma che aleggia sui personaggi e sul loro vissuto come una nebbia velenosa che tutto tocca e tutto fa marcire. Proprio come la nebbia soprannaturale del film, che arriva dalle fogne e soprattutto dalla pioggia, che fa emergere quanto di marcio c'è già in noi come esseri umani, e quanto siamo facilmente propensi a fare del male piuttosto che del bene al prossimo.

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Il ciclo dell'horror

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Piove: una scena

L'acqua è l'elemento scelto per il film ed è costantemente presente. Non solo nella pioggia che dà il titolo e pervade tutta la vicenda, ma anche nella vasca, nel lavandino, nel bicchiere che Thomas stringe in mano, e così via. Il bagno diviene così un luogo possibilmente purificatore oltre che di diffusione del Male. Come esseri umani siamo fatti per il 60% di acqua, nasciamo nel liquido amniotico e potremmo tornarci in qualche forma in modo ciclico. A proposito di cicli, quello dell'acqua ha quattro fasi: evaporazione, condensazione, precipitazione, infiltrazione. Capitoli in cui è suddivisa la pellicola: l'orrore metropolitano che si fa strada con sempre maggiore libertà e incontrando sempre minore repulsione da parte delle persone.

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Piove: una scena tratta dal film

In Piove è però è assente il quarto stadio, forse perché esiste la possibilità che questo Male dilagante venga fermato in tempo. Il compito potrebbe spettare proprio alla famiglia protagonista. Perché è al nucleo più semplice e ancestrale che riportano le suggestioni e i colpi di scena di questa storia - non quelli di A Classic Horror Story, da cui arriva anche un piccolo cameo a sorpresa, ma comunque interessanti. La pioggia è un elemento tanto purificatore - lava via i peccati, e l'elemento religioso torna dal precedente film ma più sotteso - quanto detentore di tristezza e mestizia. La messa in scena del film è impreziosita da una fotografia che accentua la sporcizia della città raccontata, che dalle strade arriva alle abitazioni, dal pubblico al privato, fino al cuore e all'anima dei cittadini. L'iconografia del film è molto suggestiva, a cominciare dai palloncini, come It insegna, presenti già nel poster e che nel film avranno un significato inaspettato; rappresentano qualcosa di fanciullesco che diventa qualcosa di orrifico.

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Uomini, donne, siamo tutti allo sbando

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Piove: una sequenza del film

Quando Cristina, il personaggio interpretato da Cristiana Dell'Anna nel film, appare sullo schermo, impreziosisce l'inquadratura così come il racconto, dando un significato a quanto visto fino a quel momento e spiegando almeno in parte le azioni degli altri personaggi. I tre atti del film raccontano un'escalation di dolore e morte, di azioni orribili da cui sembra non riusciamo a liberarci come esseri umani, non vuole necessariamente dare risposte ma soprattutto porre domande. Un atteggiamento molto in linea con i tempi che viviamo e con le generazioni che dovrebbero rappresentare il futuro, rappresentate nel film da Francesco Gheghi e Autora Menenti. Uomini, donne, personaggi maschili e femminili sono due facce della stessa medaglia nel film, ugualmente allo sbando.

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Piove: una foto

Piove vuole donare al pubblico un sentimento infine positivo, di provare a comprendersi l'un l'altro, di provare a venirsi incontro, di provare ad accettare piuttosto che a colpire. Proponendo una Roma che assomiglia a quella di Stefano Sollima in Suburra, ma che si fa più sporca e piovosa, Paolo Strippoli si diverte ancora una volta a mescolare e ribaltare i generi, giocarci, per creare qualcosa di nuovo. Offre un film che permette molte chiavi e spunti di lettura, che genera suggestioni più che scene iconiche come faceva A Classic Horror Story. Ancora una volta l'orrore ultraterreno diventa reale, tangibile per poi fare il giro e tornare ad essere soprannaturale. La diffusione del Male della pellicola lavora insomma per immagini più che per dialoghi, per non detto e di sottrazione piuttosto che di esasperazione. Per ricordarci che per assistere al Male basta aprire la finestra di casa o, ancor più semplicemente, accendere la tv o aprire i social media ed ascoltare le notizie. E che forse una spiegazione soprannaturale non ci costringerebbe a guardarci allo specchio e ammettere cosa siamo diventati.

Conclusioni

Chiudiamo la recensione di Piove, il secondo film di Paolo Strippoli e il primo in solitaria, suggestionati dai tanti sentimenti che è riuscito a smuovere durante la visione. In una Roma allo sbando e in cui non smette di piovere, l’acqua diviene elemento di contagio e purificatore allo stesso tempo, guardando alla cronaca nera dei giorni nostri. Cronaca che i tempi difficili che stiamo vivendo ha acuito, per restituire la scrittura altalenante di Jacopo Del Giudice in qualcosa di sporco ma ancora recuperabile. Basta volerlo.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.3/5

Perché ci piace

  • Le suggestioni visive che la regia di Paolo Strippoli restituisce allo spettatore.
  • L’idea della metafora non troppo velata della cronaca nera quotidiana che sempre di più riempie i nostri giornali, tv e social media.
  • L’orrore metropolitano che racconta attraverso un nucleo familiare che sta perdendo la bussola.
  • Un cast impreziosito da alcuni interpreti come Cristiana Dell’Anna e un promettente Francesco Gheghi.

Cosa non va

  • Proprio perché vive di immagini e non completamente di trama, potrebbe non soddisfare tutti.
  • Il film è altalenante e poco fluido in alcuni punti.