Pinocchio, piccolo personaggio di legno nato dalla fantasia del nostrano Carlo Collodi alla fine dell'Ottocento, è una figura che non ha età. Il protagonista de Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino, romanzo a puntate dello scrittore italiano, ha attraversato questi 140 anni che ci separano dalle sue origini con tante apparizioni nel mondo televisivo, cinematografico e cartoonesco e probabilmente è tra le invenzioni letterarie italiane più riconoscibili e replicate nel globo. Se è vero che uno dei passaggi fondamentali dell'evoluzione di Pinocchio nell'universo dell'intrattenimento è la versione disneyana del burattino che risale al 1940, molte altre sono state le sue incursioni nell'arte, basta pensare che in solo tre anni distanza, tra il 2019 e il 2022, abbiamo visto l'adattamento di Matteo Garrone e il remake del Classico Disney firmato da Robert Zemeckis. Anche un altro autore di punta di Hollywood, Guillermo del Toro, ci presenterà a dicembre 2022 la sua personale interpretazione del personaggio. Ma perché l'estetica alla base di questo progetto ha così tanto potenziale?
Oltre il Pinocchio disneyano
È lì, sulla bocca di tutti e sembra anche scontato ribadirlo: il Pinocchio di del Toro si scontra inevitabilmente con il remake del capolavoro Disney che, è opportuno sottolinearlo, non è riuscito a fare breccia nel cuore del pubblico e dei critici. Ciò, in realtà, è un problema in primis progettuale e immediatamente dopo estetico: la pellicola di Zemeckis, infatti, per quanto proponga dei cambiamenti rispetto all'originale, è sembrato agli occhi di tutti l'ennesima reinvenzione di una storia che oramai conosciamo fin troppo bene, a tal punto da sentirsi saturi dell'avventura di questo burattino bugiardo e imperfetto che sogna di diventare un bambino vero. Passando al piano puramente artistico, il risultato finale del recente film con Tom Hanks non è soddisfacente, perché, per quanto sia di buona qualità, non ha cercato la rivoluzione, ma ha trasformato la tradizione cambiando solo il filtro, da cartoonesco a realistico. Basta invece vedere il teaser trailer del nuovo Pinocchio per capire la direzione innovativa intrapresa da Netflix.
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Teaser trailer: novità, stupore e amore
Il filmato, pubblicato a fine luglio sul canale YouTube di Netflix Italia, introduce finalmente la storia del personaggio secondo la visione di uno dei più talentuosi cineasti del cinema moderno: del Toro, con le sue opere, fin dall'inizio è stato capace di reinventare l'immaginario filmico con la sua cura particolare per l'estetica e l'atmosfera. Ed è qui che si nasconde il primo elemento affascinante di questo Pinocchio: l'incipit di stampo quasi burtoniano, con un padre così tanto distrutto dal dolore da creare un burattino ad immagine del figlio scomparso, è un intenso snodo emotivo che rompe gli schemi e, seppur simile all'approccio recente di Zemeckis, sembra darne un peso più importante. In seconda battuta, il teaser ammalia grazie all'attenzione che è stata riservata all'ambientazione e ai personaggi, alcuni totalmente inediti, che forse saranno in grado di riscrivere il romanzo di Collodi dalle fondamenta. Anche se parliamo di una narrazione che già conosciamo, il video ci suggerisce novità, stupore e tanto tanto amore per la materia trattata.
Interpretare diversamente la materia
Spesso si dice che i migliori allievi sono quelli che superano il maestro e, in qualche modo, questo dettame può valere anche per il mondo dell'arte. Purtroppo però negli ultimi anni stiamo assistendo, con il cinema, ad una serie inesauribile di copie e titoli scarsamente originali che si fanno forza della familiarità, senza rischiare nulla. Questo nuovo adattamento di Pinocchio, invece, sembra superare la materia tradizionale, ma non nel senso qualitativo del termine (d'altronde è impossibile giudicare il film da un teaser trailer), quanto dal punto di vista stilistico. Come se fosse arrivato il momento, finalmente, di rinnovare l'immagine di Pinocchio che abbiamo maturato nel corso degli anni. Il cambiamento è sempre spaventoso, è vero, ma è da accogliere con entusiasmo il fatto che del Toro, partendo da una conoscenza approfondita del materiale originale, è pronto a mutarlo lasciando viva l'anima della marionetta di legno.
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L'estetica di Del Toro
Addentrandoci più specificamente nel progetto, parlando di estetica vera e propria di questo Pinocchio, si nota fin da subito l'eredità artistica che il lungometraggio raccoglie, recuperando elementi provenienti dal vasto immaginario del film-maker messicano. In primis i vari personaggi che abbiamo osservato nel teaser e nelle immagini sono trasformati totalmente rispetto all'originale, resi più vividi ed empatici grazie ad una commistione di verosimiglianza e fantasia. Riguardo alle ambientazioni, sembrano evocative e misteriose e anche se alcune di queste ricalcano il libro di Collodi, siamo certi che prenderanno delle strade inaspettate. Lo stile estetico di del Toro, a cavallo tra fantasy, mistero ed orrore, è riproposto ancora una volta in quest'opera e non sembra scendere a compromessi: l'effetto finale, da quel poco che è stato mostrato, non solo è una gioia per gli occhi, ma trasuda sentimenti e moltissimo studio alla base.
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Il segreto del punto di vista
Una piccola nota a margine riguarda il narratore della storia: sia nella versione disneyana classica che in quella recente, la figura che racconta l'avventura di Pinocchio è il grillo parlante e in questa pellicola ciò non è cambiato, ma anche quest'elemento sembra avere un valore profondamente intenso. Già l'estetica di Sebastian il grillo (che ricordiamo essere doppiato, in lingua originale, da Ewan McGregor) ha dei tratti più squisitamente fantasiosi ed originali ed è inoltre chiaro che viene dato così tanto peso al suo ruolo di narratore onnisciente da suggerire l'idea che possa attraversare la quarta parete e parlare direttamente allo spettatore. Mentre non abbiamo dubbi che avrà una grande importanza nella risoluzione della trama, la sua funzione di cantastorie e viaggiatore potrebbe essere approfondita suggerendo la possibilità che nel corso degli anni è stato uno spirito guida di diversi personaggi. Dalle poche scene che abbiamo visto, quello che stupisce è il profondo rispetto dell'autore nei suoi confronti, quasi fosse un alter ego del cineasta all'interno dell'opera.
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Stop motion: l'artigianalità al servizio della storia
Chiudiamo quest'analisi riflettendo sul mezzo usato da Guillermo del Toro per raccontare la vita di Pinocchio: la scelta dello stop motion, tecnica che imprime un fotogramma alla volta, è applicata all'animazione ed il risultato è perfettamente in linea con lo spirito del romanzo. Questo perché l'utilizzo di pupazzi, che spesso sono fondamentali per l'attuazione di questo sistema (almeno se sfruttato nel mondo dell'animazione), trasmettono artigianalità e corporeità. Se ci pensate bene, infatti, in questo caso la stop motion è contestuale ad una storia di un burattino di legno dove i sentimenti sono il motore principale della trama nonché l'aspirazione fondamentale del protagonista. Di conseguenza, tale tecnica non è solamente il mezzo espressivo che utilizza il cineasta per questa nuova versione del libro di Carlo Collodi, ma anche il linguaggio con il quale Pinocchio stesso ha familiarità, per certi versi anche il modo in cui la realtà esterna osserva questo timido e fragile personaggio, che appare goffo e meccanico, ma che nasconde un cuore umano.